Siri, Salvini ha perso il round, governo paralizzato. La Lega: «finiamola qui»

Giovedì 9 Maggio 2019 di Marco Conti
Siri, Salvini ha perso il round, governo paralizzato. La Lega: «finiamola qui»

Nervoso Matteo Salvini è apparso subito ai suoi ministri che ieri mattina lo hanno incontrato a palazzo Chigi, nella stanza del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, poco prima dell'inizio del Consiglio dei ministri. Da decidere c'era poco o nulla perché la linea «il Capitano», come i suoi chiamano il leader della Lega, l'ha data da giorni: «Difendiamo Siri ma niente crisi». In una giornata da salto del pasto, il boccone amaro della cacciata del sottosegretario dal governo Salvini lo deglutisce all'ora di pranzo, mentre la comunicazione leghista inonda le agenzie di altro: dal decreto spazza-clan alla castrazione chimica, dalla crociata contro la cannabis alla telefonata con Netanyahu. Sino alla foto postata dal ministro dell'Interno con la figlia.

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L'USCITA
Le polemiche con il M5S sono «cose piccole, piccole, piccole» e «un sottosegretario in più o in meno l'Italia va avanti». Minimizzare, contenere, ridimensionare uno schiaffone che brucia mentre si rimanda lo scontro e si cerca una sorta di rivincita. Sulla droga o la tav, sulle autonomie o la flat-tax. Tutti temi sui quali, a giorni alterni, Salvini sostiene di essere pronto a «litigare» e a «far cadere il governo». La caccia ad un tema, diverso dalla giustizia, sul quale ingaggiare una nuova sfida con il M5S, sul quale vincere o rompere, dà la misura di un leader in cerca di una via d'uscita e che sempre con maggiore frequenza deve rispondere alla domanda che gli rivolgono ministri e colonnelli: «Perché stiamo ancora al governo con questi grillini?».
Un quesito oggetto di una cena di due settimane tra Giorgetti, e i governatori Fontana e Zaia e che è divenuto negli ultimi giorni sempre più pressante dopo lo scontro con i pentastellati, a seguito dell'inchiesta su Siri, e ravvivato ieri dopo un nuovo affondo M5S contro il governatore della Lombardia Attilio Fontana indagato in un'inchiesta che sfiora anche il sottosegretario Giorgetti. Per alcuni leghisti solo il prologo di ciò che presto potrebbe rovesciarsi sullo stesso Salvini e che potrebbe costringere la Lega ad un rovinoso abbandono della maggioranza. Malumori e insofferenze che si sommano a quelle legate alle composizione delle liste per le elezioni europee pensate - sostengono alcuni - «fuori dai criteri» a cui la Lega avrebbe sempre tenuto conto, «della militanza e della competenza».

Poi c'è il Nord che protesta per il decreto crescita che «non esiste», lo sblocca cantieri «inutile», un Paese fermo mentre il debito pubblico cresce e l'autonomia che non arriva. Fatto sta che il tentativo leghista di spostare la contesa sui temi del contratto non prende di sorpresa nè il premier Conte nè il vicepremier Di Maio. Il primo, annusata da giorni l'aria, aveva già in agenda un incontro per ieri sera con la ministra Stefani sull'autonomia, mentre il vicepremier grillino annuncia, dopo il consiglio dei ministri, l'avvio di un tavolo su flat-tax e reddito minimo. Svuotare i prossimi consigli dei ministri e rinviare al dopo 26 maggio qualunque tema e argomento. Tutto per contenere l'alleato in cerca di immediata riscossa e che vorrebbe portare al prossimo consiglio un altro decreto sicurezza se non l'assunzione di 800 civili nei tribunali. Una strategia, quella del rinvio, contemplata nel metodo-Conte, ma che può reggere - a fatica - sino a fine mese mentre il post-voto - con tanti di equlibri cambiati - renderà complicato trovare intese. Soprattutto se da Bruxelles e dagli investitori arriveranno nuovi inviti e moniti tali da costringere il Paese ad interventi urgenti.

LE PAURE
Timori, dubbi e preoccupazioni, quelle che si respirano nella Lega, ai quali le inchieste della magistratura hanno messo il turbo e che invece per Di Maio e il M5S si trasformano in cartucce buone per il resto della campagna elettorale e per contenere l'alleato dopo le Europee. Salvini però non sembra intenzionato a mollare e, mentre incalza l'alleato sul programma, mette le mani avanti quando dice al M5S, parafrasando il magistrato Piercamillo Davigo, che «in Italia ci sono 60 milioni di presunti non colpevoli».
Pensare come, dopo il voto, i due vicepremier possano recuperare un rapporto umano e politico in frantumi, è molto difficile. Soprattutto perché ieri in frantumi è la fiducia tra i due alleati e di uno nei confronti del premier «che si è schierato con il M5S». Costruire - dopo mesi di campagna elettorale - un rilancio per una seconda fase della legislatura risulta difficile anche perché nel frattempo la guerriglia di allarga e l'allarme si è spostato in Parlamento. Alla Camera presto si inizierà con il decreto crescita che il M5S vorrebbe ampliare con le norme su Roma. Tensione altissima a palazzo Madama dove si discute di sblocca-cantieri con i senatori grillini in allerta per possibili emendamenti pro-tav dell'opposizione che la Lega potrebbe votare. Paure e fantasmi, in attesa del 27 maggio.
 

Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 12:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA