M5S, assalto a Conte: tutto pronto per la scissione di luglio, anche dai vertici gelo su Palazzo Chigi

Lunedì 15 Giugno 2020 di Mario Ajello
M5S, assalto a Conte: tutto pronto per la scissione di luglio, anche dai vertici gelo su Palazzo Chigi

E' cominciata nei 5 stelle, prima ancora della scissione, prevista per luglio, la gara a chi scarica prima Giuseppe Conte. Lo farà più velocemente Di Maio in tandem con Franceschini o il Dibba riapparso più guerrigliero che mai e che vede il premier traditore in piena sbornia monarchica e sudditanza al Pd e vuole farlo fuori il più presto possibile agli Stati Generali?
E' questione di tempo, appunto. E la sortita del Dibba in tivvù versione Conte (quello di Dumas) di Montecristo che torna spietatamente per fare vendetta anti-Giuseppi riapre i giochi e prepara la grande mattanza dentro il movimento e tra il movimento e il capo del governo che piaceva tanto (ma mai troppo) e ora non piace più. Perché a Di Maio come a Dibba, divisi in tutto ma non su questo, gli Stati Generali sono apparsi la sua estrema prova di forza che non può permettersi.

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Lo spargimento di sangue avrà la prima tappa nel voto in Parlamento sul Mes il mese prossimo e la seconda in ottobre agli Stati Generali (o congresso o assemblea costituente) del movimento. Sempre rinviati con ogni scusa per non arrivare impreparati alla resa dei conti ma adesso diventati l'arma di battaglia da usare subito da parte dell'ala Dibba, il quale insieme a Casaleggio userà quell'appuntamento «urgente» per togliere di mezzo Di Maio e tutto il gruppo dirigente alla Crimi e compagnia, al grido: nessuna revoca del divieto al secondo mandato parlamentare. Che loro vorrebbero far saltare per tenersi il proprio ruolo e il proprio comando. Non è ancora deciso se a sfidare Dibba sarà proprio Di Maio (probabilmente no, ma resta lui il padrone del movimento) ma quel che è certo è che Ale e Casaleggio vogliono fare terra pulita e sostituirsi ai manovratori.
Un intreccio di guerre insomma. Un tutti contro tutti. Con Conte stritolato tra il Dibba alla riscossa e gli attuali vertici del movimento che non ne possono più di lui, temono la nascita del suo partito (addirittura quotato al 15 per cento in certe stime) ma soprattutto non sopportano la manovra in corso targata Grillo-Pd: farne il capo di M5S ed eternare così lo schema rossogiallo. «Fa ridere ma fa anche rabbia - dicono ai piani alti M5S - leggere sui giornali il sondaggio che dice che Conte alla guida del movimento ci riporterebbe al 30 per cento. Sono dati pilotati». E il pilota, assicurano i pentastellati, sarebbe lo stesso premier ormai diventato ai loro occhi un furbastro che vuole prendersi tutto il piatto.

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Gli Stati Generali voluti da Conte per l'apoteosi di Conte hanno così rimesso in moto la guerra interna. Se però torna in campo Beppe Grillo, non solo via tweet ma riprendendosi materialmente il movimento e l'opzione è assolutamente possibile, non ce ne sarà per nessuno. E Conte risulterà blindato, anche da chi pur osteggiando il Dibba osteggia pure il premier. Che guazzabuglio!
LO SPARTIACQUE
Il voto in Parlamento sul Mes, a cui Dibba dice no e che Conte e Di Maio hanno di fatto sbloccato con un sì anche se il premier non lo dice, potrà diventare il detonatore della scissione dei descamiciados del subcomandante Ale. Che può contare su svariate truppe fuori dalle Camere, in tutto quel modo social, internettista, un po' terrapiattista e un po' terzomondista, ribellista, identitario, tutto acqua pubblica (e infatti per contrastare l'esercito dibattistiano Grillo ha rilanciato sui questo tema, cercando di toglierlo agli avversari) e fedeltà alle origini del movimento racchiuse in quei meet up ormai in sonno o disgregati che si vorrebbe resuscitare contro il quartier generale dei Di Maio, dei Crimi e dell'ala ministeriale.

Di Maio, grandi manovre (guardando a destra). M5S, torna lo spettro scissione

Quando si voterà per il Mes, potrebbe staccarsi quella parte combat e ancora anti-europeista che in Parlamento, mentre Ale sta fuori e dirige, si riconosce nelle due ex ministre pasdaran, la Grillo e la Lezzi, la deputata Dalila Nesci che guida la corrente Parole Guerriere e via così. Pochi, e timorosi che la caduta eventuale del governo li rimandi a casa (lo stesso Dibba giura di non voler far dimissionare l'ex avvocato del popolo), eppur ci sono i potenziali scissionisti. A quel punto, se lo strappo ci sarà, un nuovo gruppo parlamentare si formerà a cui si aggiungeranno alcuni ex M5S ora parcheggiati al Gruppo Misto e la navigazione di Conte - ora ti do la fiducia, ora invece no, e se la vuoi vieni a trattare con noi - si farà ancora più complicata e acrobatica di quanto non lo sia adesso.

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I DUE AVVOCATI
Intanto le chat del movimento pullulano di messaggi contro Dibba e l'intervento di Grillo incassa l'apprezzamento pubblico di deputati come Maria Pallini, Niccolò Invidia, Guia Termini (tace Fico ma è il più filo-Pd di tutti), mentre Sergio Battelli, presidente della Commissione Politiche Ue della Camera, twitta soddisfatto: «Beppe is back». Con il subcomandante Ale però c'è Casaleggio, irritatissimo per la rivolta di quasi tutti i parlamentari che non vogliono più pagare l'obolo alla Casaleggio Associati per Rousseau. Chi vincerà questa guerra?
Di sicuro chi ha più da perdere è Conte. Nonostante il sostegno di Grillo. Perché se deve guardarsi dai descamiciados deve anche guardarsi da tutti quelli che non gli vogliono far mettere piede al comando di M5S. E sono quelli che tra i due avvocati - l'altro è Dario Franceschini - potrebbero optare per quest'ultimo. Continuando a sorridere e ad abbracciarsi con Grillo, ma facendo di fatto un altro gioco rispetto all'Elevato.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 04:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA