Elly Schlein sotto tiro cancella la trasferta a Bruxelles: l'opposizione punta al logoramento fino alle Europee

Il viaggio nella capitale belga doveva servire a ricompattare le truppe dem su Pnrr e armi da inviare in Ucraina. Ma c'è un'altra guerra che per il momento agita le acque al Nazareno.

Martedì 30 Maggio 2023 di Andrea Bulleri
Elly Schlein, segretaria del Pd

Indietro tutta. Il day after della batosta elettorale alle Comunali, per Elly Schlein, comincia con una retromarcia: missione a Bruxelles rinviata, si resta a Roma.

Il viaggio nella capitale belga, in programma da settimane, nelle intenzioni della segretaria del Pd doveva servire a ricompattare le truppe dem su un capitolo delicato, la possibilità di utilizzare i fondi del Pnrr per produrre armi da inviare in Ucraina. Ma c'è un'altra guerra che, per il momento, agita le acque al Nazareno. 

È lo scontro - sotterraneo, ma neanche troppo - tra i fedelissimi della leader e tra chi in questi mesi non ha smesso di ripetere che «così si va a sbattere», che «se si vira tutto a sinistra si lascia scoperto il centro». Un avvertimento, quello delle minoranze interne, che Elly ha provato a ignorare, convinta che «il Pd ha bisogno di una identità chiara». I voti, era la teoria della segretaria, seguiranno. Per ora, la strategia non ha funzionato. E le correnti, fiutata l'aria, hanno già rialzato la testa. Coi rispettivi leader e «cacicchi» (per usare un termine caro a Schlein) convinti che dopo la sconfitta a valanga nelle città (tranne a Vicenza), silenziare il dissenso ora non sarà più possibile. Anzi: c'è chi già invoca un qualche segnale di «discontinuità». Magari con una revisione della segreteria nazionale, presidiata da quello che in molti definiscono il "tortellino magico" (la cerchia degli emiliani).  

La grana Europee 2024

Dunque meglio restare a Roma, ha pensato Schlein. Se non altro per controllare da vicino la situazione. E pure - qualcuno maligna - per sottrarsi a un nuovo round di domande con la stampa, che sarebbero state inevitabili in caso di trasferta europea. La riunione con le truppe dem a Bruxelles ci sarà lo stesso, in videoconferenza questo pomeriggio. E servirà tra le altre cose per confermare Brando Benifei in veste di capodelegazione Pd all'Europarlamento, unico dirigente in una posizione di spicco dell'era Letta a non essere sostituito dal nuovo corso. 

Ma proprio l'Europa, ora, rischia di rappresentare una grossa grana per Elly. O meglio: le elezioni europee della prossima primavera. Era quello, nei piani del nuovo gruppo dirigente, il trampolino di lancio che doveva consacrare a tutti gli effetti la nuova leadership, mostrando che il Pd poteva tornare attrattivo. Il piano, naturalmente, non è ancora sfumato. Ma arrivare salda in sella a quell'appuntamento, per Schlein, ora sarà molto più difficile. Qualcuno, ieri sera, già prevedeva: «Adesso la segretaria "ballerà" per un anno». Le correnti reclamano spazio. E se non verrà loro concesso, sono pronte a tornare all'occupazione che pare lo sport preferito, in casa Pd: il logoramento del comandante in capo. 

Il nodo alleanze

A cominciare da un tema delicato come quello delle alleanze. Fondamentale, in vista della tornata di comunali che accompagnerà il voto per Bruxelles di qui a meno di un anno: si voterà in città medie e grandi, molte delle quali (come Firenze e Bari) amministrate dal centrosinistra. Schlein, ieri, ha già provato a tendere la mano ai Cinquestelle: «Non si batte la destra da soli». E Giuseppe Conte, questa mattina, ha risposto con la consueta ambiguità: «Siamo disposti a dialogare col Pd, con Schlein, su temi e progetti, misurandoci su delle risposte concrete ai bisogni delle comunità territoriali e nazionali, senza compromettere o annacquare le nostre battaglie». Ma - è la stoccata dell'avvocato - «sono convinto che la Meloni non si batte con i campi larghi, ma con una idea diversa di Paese».

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