Salvini e Open Arms: niente ripercussioni sul governo, ora però cominciamo a farci sentire

Domenica 18 Aprile 2021 di Emilio Pucci
Salvini e Open Arms: niente ripercussioni sul governo, ora però cominciamo a farci sentire

Ai suoi confida di sentirsi come un leone in gabbia convinto, però, che il rinvio a giudizio sul caso Open arms possa dare maggior slancio alla Lega, non vede l'ora di arringare le piazze. Matteo Salvini giocherà la partita non solo nelle aule giudiziarie ma anche in campagna elettorale in vista delle amministrative, indosserà i panni della vittima in stile berlusconiano, promette che niente e nessuno gli sbarrerà la strada per palazzo Chigi.
Ma il timore dei lumbard è che il Capitano alle prese con i processi possa finire per essere depotenziato, accerchiato in Parlamento e fuori dai palazzi. «Faranno di tutto per buttarlo fuori dal governo, ci saranno tranelli dovunque», il refrain nel partito di via Bellerio. «Noi restiamo con Draghi, non dobbiamo cadere nelle provocazioni ma neanche accettarle», dice Salvini ai fedelissimi. Era consapevole che a Palermo sarebbe andata a finire così ma è andato su tutte le furie quando ha visto Letta indossare la felpa di una Ong, ha vissuto quel gesto come un assist a chi vuole dargli una spallata. «La vecchia maggioranza ha costruito un cordone sanitario contro di noi, tentano di impedirci di portare a casa i risultati ma noi terremo duro», la promessa fatta ai dirigenti di partito.
E allora ora si balla in Parlamento: «Difenderemo le nostre battaglie identitarie. Cominceremo con il rilanciare la riforma della giustizia e la necessità di una commissione d'inchiesta».
Sarà ancor più una Lega di lotta e di governo insomma, anche se c'è chi tra i lumbard vorrebbe una linea più morbida.

Uno dei primi passi sarà quello di ricompattare il centrodestra, con Meloni e Tajani che ieri hanno manifestato solidarietà. In settimana dovrebbe tenersi il vertice sulle amministrative, a Milano si scalda Albertini, a Napoli il magistrato Maresca ma c'è da risolvere soprattutto il nodo della candidatura a Roma, anche se la presidente di FdI chiede che si affronti prima il dossier Copasir.

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TENSIONI TRA ALLEATI
Con Fratelli d'Italia i rapporti sono tesi. «Dicevano che le mozioni ad personam sono controproducenti, ora hanno cambiato linea», ironizza un big salviniano riferendosi alla mossa contro Speranza portata avanti da FdI che la denuncia dei leghisti sta facendo opposizione anche nelle giunte governate dal partito di via Bellerio, «vogliono far passare la tesi di un Salvini governista a tutti i costi». E il Capitano la scelta di appoggiare l'ex numero uno della Bce la rivendica. Ritiene che la rabbia delle categorie ancora non sia svanita, combatterà per anticipare le riaperture per i ristoranti al chiuso e per cancellare il coprifuoco «ma dobbiamo questo l'input affilare gli artigli e fare la guerra all'interno dell'esecutivo». Ecco il motivo per cui ha elogiato Giorgetti per aver alzato la voce in Cdm, dopo gli screzi delle scorse settimane perché avrebbe voluto una posizione più netta sull'ultimo decreto anti-Covid.


I leghisti sono comunque preoccupati perché ci si incammina lungo un percorso non agevole. Le fibrillazioni sono destinate ad aumentare sulla riforma del processo penale, il termine degli emendamenti in commissione alla Camera scade a fine mese, la convinzione è che il centrodestra unito con Italia viva possa spuntarla sul Pd e su M5S. «Non è possibile utilizzare la giustizia come un'arma politica. Qui sentenzia il leghista Rixi la colpa è di chi concesse l'autorizzazione a procedere. I 5Stelle hanno prima condiviso le scelte di Salvini, poi lo hanno rinnegato. Di Maio e gli altri non dovrebbero più fare politica».

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Il clima dunque non è dei migliori nella maggioranza, anche se il segretario della Lega ripete che non «ci saranno conseguenze sul governo». Fino alla legge di bilancio si andrà avanti con il governo di unità nazionale, poi potrebbe essere la partita sul prossimo Capo dello Stato a cambiare gli equilibri. Chi considera Salvini «una mina vagante» viene per il momento sconfessato: «Grazie a noi Draghi ha cambiato passo e ha alzato l'asticella anche sullo scostamento di bilancio. Gli italiani hanno capito che siamo un partito serio». Restano in ogni caso delle incognite sul futuro. Difficile che questo esecutivo affronti temi divisivi ma le tensioni si scaricheranno per esempio sul Recovery plan. Draghi ai leghisti ha fatto capire che non c'è tempo per un confronto ampio in Parlamento, la paura di Salvini è quella di disattendere le alte aspettative degli imprenditori. «Sul voto sul Recovery ci potranno essere dei problemi», mette a verbale un altro dirigente del Carroccio.

Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 00:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA