«Stando in questo governo rischiamo di affossarci». È la prima volta che Salvini prende in considerazione con i suoi l’ipotesi di staccarsi dall’esecutivo Draghi.
LA DOMANDA
«Che ci stiamo al governo se non possiamo incidere?», l’interrogativo di Matteo. Una parte della Lega la pensa come lui. Non l’ala governista, però. Giorgetti aveva previsto in largo anticipo la sconfitta, ne aveva elencato i motivi. Ma se la tesi “pro sostegno a Draghi” è quella per cui occorrerebbe cavalcare l’operato del governo, piuttosto che mettersi contro, il Capitano ora non fa mistero che non paga sedersi in Consiglio dei ministri e avallare decisioni che vengono prese senza ascoltare le sirene leghiste. E secondo lui non giova neanche a chi – come Giorgetti e Zaia – ha perso in casa propria. Il Doge, per esempio, deve registrare il ko a Conegliano, il ministro dello Sviluppo a Varese dove erano stati celebrati gli Stati generali del partito di via Bellerio.
«Non otteniamo risultati», la consapevolezza dell’ex ministro dell’Interno che da domani attaccherà a testa bassa su reddito di cittadinanza, pensioni e taglio delle tasse.
Per non parlare dell’argomento green pass. Ieri - dopo aver chiesto nuovamente un incontro con il ministro Lamorgese - non ha certo usato parole al miele per un governo che - questa la sua tesi - mostra i muscoli con i deboli (i portuali di Trieste) e i guanti con i violenti (i manifestanti che hanno attaccato la Cgil). Ma il partito su questa linea rischia di spaccarsi. Al netto del «decido io» che Matteo pronuncerà in segreteria, con l’intenzione di puntare al congresso e di silenziare le voci di dissenso, il fronte di chi ritiene sbagliato contrapporsi a Draghi gli chiede di cambiare strada. Di dire basta con gli slogan da facebook, di acquattarsi quando si deve e combattere poche ma significative battaglie, di non creare confusione nell’elettorato, di difendere le Partite Iva, di radicarsi meglio sul territorio. Il segretario comunque già guarda oltre le amministrative. «Lo zero virgola in più o in meno in questo momento non mi preoccupa, il nostro obiettivo - ha spiegato - è vincere le elezioni politiche tra un anno». Se anche la Lega - e il problema grosso come una casa eventualmente è capire come - si dovesse staccare dal governo, la convinzione degli ex lumbard è che non si andrà a votare. Ma alle Politiche Salvini ci vuole arrivare compattando la Lega su una strategia più di lotta che di governo, cercando di portarsi dietro gli alleati. La prima vera prova per il centrodestra sarà l’elezione del capo dello Stato, Salvini è d’accordo con la Meloni che adesso occorre compattarsi e «respingere l’assalto della sinistra».
SUL TITANIC
In ogni caso l’ala governista pur non mettendo in discussione la leadership del capitano, non ha intenzione di farsi mettere all’angolo. «Salvini – spiega un esponente di primo piano – non può scaricare colpe. La direzione giusta è quella di assecondare la ripresa economica e di venire incontro alle esigenze delle categorie da sempre nostro punto di riferimento». E se nelle chat c’è chi esulta per le vittorie dei piccoli comuni, il timore di tanti è un altro. «Siamo come sul Titanic – dice un deputato -. Matteo ci deve tirare fuori dalla tempesta».