Roma, poteri speciali. Morassut (Pd): «Riforma essenziale». Barelli (FI): «Alleanza bipartisan»

Il parlamentare dem: «Bisogna fare presto». Il capogruppo di Forza Italia: «In commissione un testo condiviso da tutti i partiti»

Venerdì 5 Novembre 2021 di Francesco Pacifico
Roma, poteri speciali. Morassut (Pd): «Riforma essenziale». Barelli (FI): «Alleanza bipartisan»

L’audizione con cui la ministra Gelmini martedì ha presentato ai parlamentari le conclusioni della Commissione Marini, ha rilanciato l’iter per l’approvazione di una legge costituzionale per dotare Roma degli imprescindibili poteri speciali che la Capitale attende da 40 anni. La palla ora passa al Parlamento che dovrà trovare una sintesi tra la proposta Marini e i progetti di legge già in cantiere. Quale che sarà la soluzione, la certezza è che si tratta di una partita determinante per Roma verso il Giubileo 2025 e la candidatura a Expo 2030.

Onorevole Roberto Morassut (Pd), la ministra Gelmini chiede al Parlamento di accelerare sulla riforma per i poteri di Roma Capitale. In primo luogo con una legge costituzionale. Ma non c’è neppure un testo da portare in Aula.

«Si, lo so anch’io che la legislatura scade nel 2023 e che non abbiamo molto tempo.

E concordo anch’io con il richiamo della ministra degli Affari regionali, perché non se so avremo in futuro le stesse condizioni attuali».

E allora?

«Quindi ce la faremo. Anzi dobbiamo farcela. Ma per riuscirci in commissione Affari Costituzionali dobbiamo assolutamente produrre entro la fine dell’anno un testo condiviso da portare alle Camere. Eppoi chiedere ai presidenti dei due rami del Parlamento di avviare la discussione. In quest’ottica, per non avere intoppi, ha ragione il vicepresidente Fabio Rampelli, quando dice che dobbiamo separare la riforma della Capitale da quella dell’autonomia differenziata».

Di tempo però ce n’è pochissimo. Gelmini avverte che potrebbe esserci un intervento del governo, in caso di ulteriori ritardi da parte del Parlamento. Volete sottovalutare questo monito?

«Nell’intervento in commissione Affari Costituzionali la ministra si è mossa rispettando le Camere. Non solo, con la commissione ministeriale guidata dal professor Francesco Saverio Marini ha dato al Parlamento un importante aiuto, suggerendo uno strumento come la modifica dell’articolo 114 della Costituzione, sul quale avevamo anche discusso anche in commissione. Aggiungo che il governo potrebbe anche presentare un disegno di legge, ma stiamo parlando di una materia prettamente parlamentare e un intervento simile creerebbe solo più tensioni. Ma ripeto, non mi sembra l’atteggiamento della ministra. Anzi, aggiungo un elemento».
 

Prego.

«Prima di venire in Parlamento Gelmini ha sentito il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri per avviare un confronto, per aprire un tavolo sul trasferimento delle competenze che già oggi si possono realizzare tra i due enti. E loro hanno dato la disponibilità a nominare una figura che lavori con il governo e le Camere. Detto questo, la ministra ha ragione quando ci chiede di accelerare i tempi, anche perché una riforma di natura costituzionale necessità di una doppia lettura e la legislatura termina nel 2023».

Ma lei è ottimista?

«Direi fiducioso, perché ci sono condizioni forse irripetibili. La ministra Gelmini sta facendo uno sforzo importante e sta collaborando con il Parlamento. Alle Camere c’è una maggioranza amplissima che facilita le convergenze. E, infine, c’è una condivisione quasi generale della necessità di muoversi con una legge costituzionale».

Ci sono partiti che però guardano ancora a un intervento con una norma ordinaria.

«Nel Pd, prima io e poi Stefano Ceccanti, abbiamo presentato una proposta di riforma costituzionale. Lo stesso ha fatto Forza Italia. Sulla stessa posizione ci sono Fratelli d’Italia e i Cinquestelle. Soltanto la Lega e parte della sinistra guardano al percorso ordinario. Ma credo che si possa discutere, anche perché si possono seguire parallelamente queste due strade».

Non si perderebbe del tempo?

«Il problema della politica è che sa aprire i tavoli, ma non chiuderli. Ma non è il doppio binario il rischio. Con la modifica dell’articolo 114 dobbiamo creare un’entità nuova, un’autorità metropolitana forte per dare i poteri d’indirizzo al futuro sindaco per le grandi politiche. Parallelamente, anche con una legge ordinaria, si devono trasformare i Municipi in Comuni». 

In sostanza che cosa cambierà?

«Permetteremo alla politica, al sindaco e ai suoi assessori, di tornare a decidere sui grandi temi e di attrarre persone competenti nella macchina amministrativa. E sempre il sindaco trasferirà ai Municipi le potestà amministrative per garantire servizi migliori ai cittadini».

Servono però strumenti, anche finanziari, veri.

«Non credo si potranno sottrarre alla Regione i poteri sulla sanità. Ma nella necessità di dare strumenti d’indirizzo forti, è giusto che il sindaco possa decidere anche sui trasporti, sui beni culturali, sul governo del territorio, sull’ambiente iniziando dal paesaggio o dai rifiuti. Dobbiamo discutere di turismo, promozione, potestà finanziarie per recuperare le risorse per queste nuove mansioni, un fondo per pagare gli extracosti o un rapporto diretto con la Ue sui fondi comunitari. A maggior ragione ora che c’è un primo cittadino che è di casa a Bruxelles».

Onorevole Paolo Barelli, capogruppo alla Camera di Forza Italia, il governo, stando alle dichiarazioni del ministero Gelmini, non vuole ulteriori ritardi del Parlamento sull’approvazione della riforma sui poteri di Roma Capitale. Non temete di essere scavalcati dell’esecutivo?

«Intanto il ministro per gli Affari regionali è del mio stesso partito e sa bene che Forza Italia, con il sottoscritto, è stata la prima a presentare in Parlamento una riforma per attribuire con iter costituzionale maggiori poteri e risorse a Roma».

Gelmini ha detto che, se i partiti si accorderanno sul testo della riforma, allora «non servirà sostituirsi al Parlamento». 

«Quello della ministra è stato un approccio appropriato verso le Camere e i partiti. Ripeto, non mi sembra che abbia fatto minacce, e neppure pressioni, Anche perché è la prima a sapere che il Parlamento sarà il protagonista di questa riforma con una legge costituzionale. Ed è anche chiaro che gli altri tasselli, come quelli riguardanti i Municipi, si potranno comporre con un procedimento ordinario». 

Allora quando approverete la legge?

«Tassativamente entro la fine di questa legislatura. Punto. Ma per realizzare la svolta che davvero è necessaria per rilanciare Roma serve una legge costituzionale: unico e solo strumento per inserire nella Costituzione il ruolo di Roma Capitale e riconoscere i nuovi poteri». 

Al momento non c’è neppure una proposta.

«È vero, ma già da lunedì dobbiamo tornare in commissione Affari costituzionali e accelerare il lavoro già iniziato per definire tra tutti i partiti un testo condiviso. Dobbiamo concludere questo passaggio entro un mese e siamo a buon punto. Poi, bisognerà calendarizzare la discussione alle Camere. In quest’ottica sarà necessario chiedere alle massime autorità di Montecitorio e di Palazzo Madama un percorso velocizzato». 

Il tema è in discussione in Parlamento da almeno tre anni. Perché dovremmo credere a una svolta?

«Intanto perché c’è un asse politico coeso per la riforma. Soprattutto negli ultimi tempi si sono via via spuntati tutti i dubbi tra i partiti per approvarla con un provvedimento di natura costituzionale. E c’è un consenso generale sul porre rimedio al fatto che Roma Capitale oggi debba amministrarsi con norme e strumenti simili a quelli di un piccolo Comune». 

Non tutti i partiti sono favorevoli a una legge costituzionale.

«Le differenze tra le forze che siedono in commissione sono minori di quelle che appaiono all’esterno. Certo, ci sono idee diverse sui ruoli dei Municipi o sui confini della nuova realtà politica e amministrativa che stiamo creando. Ma sono aspetti tecnici sui quali, se c’è la volontà, si può trovare una soluzione. Poi nessuno esclude che accanto al passaggio costituzionale ce ne sarà uno con legge ordinaria per chiudere le questioni meramente amministrative».

Ma c’è la volontà?

«Certo che c’è. Nessuno lo sa, ma noi membri della commissione ci siamo visti spesso nei bar di Montecitorio, lontano dalle telecamere, proprio per discutere di come appianare la differenza. E parlo di anni nei quali le distanze, soprattutto sul percorso da seguire, erano ampie. Personalmente, solo nell’ultimo anno, ho lavorato a livello trasversale per fare in modo che ci fosse una sensibilità comune sulla questione, che è interesse di tutti. E anche per evitare che scattasse la corsa a mettere la bandierina del proprio partito». 

I risultati?

«Adesso prendo atto che dopo l’onorevole Roberto Morassut anche il vicepresidente della Commissione, Stefano Ceccanti, che è un costituzionalista molto preparato, ha presentato un testo in linea con quello di Forza Italia. E prendo pure atto che Fratelli d’Italia, favorevole in passato alla legge ordinaria, abbia fatto lo stesso. Detto questo, però, una questione aperta c’è». 

Quale?

«Stando a quanto prevede la legge 42 del 2009, quella sulla Devolution, si sarebbero già potute trasferire competenze tra Regione Lazio e Campidoglio. Ma tra Zingaretti che non voleva perdere poteri e la Raggi che non li voleva, non si è fatto nulla. Con una riforma costituzionale si esce dagli interessi specifici dei singoli amministratori». 

E la vittoria di Gualtieri come cambia lo scenario?

«Se non altro, vista la vicinanza politica, facilita l’interlocuzione con la Regione, anche per comprendersi meglio sul trasferimento delle prime funzioni».

 

Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 03:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA