Elezioni comunali 2022, la crisi delle due coalizioni: per il 2023 avanza il centro. Cresce il terzo polo

Calenda e Renzi provano a guidare la sfida del post-Draghi. I flop di Conte e Salvini ora espongono l’esecutivo a un crescendo di fibrillazioni

Lunedì 13 Giugno 2022 di Francesco Malfetano
Elezioni comunali 2022, la crisi delle due coalizioni per il 2023 avanza il centro. Cresce il terzo polo

E adesso vai col valzer. Il day after delle elezioni comunali e del voto per i 5 referendum sulla giustizia non solo consegna il governo guidato da Mario Draghi ad una nuova ondata instabilità, quanto dà ufficialmente il via alla campagna elettorale. Così se da un lato l’esecutivo si ritrova con due leader di maggioranza screditati dal voto (Giuseppe Conte e Matteo Salvini) e un’opposizione sempre più in forze, dall’altro i delicati rapporti nelle coalizioni inevitabilmente subiranno forti scossoni.

Tradotto: mentre le due opposte coalizioni (Pd-M5S e Lega-FdI-FI) si danno battaglia o vanno disgregandosi, cresce la voglia di un terzo polo.

Comunali 2022, i risultati di tutte le città

La crisi delle due coalizioni


Alla corsa a ostacoli per il 2023 infatti si iscrive, forte di una nuova credibilità, il fronte centrista a trazione dei “gemelli diversi” Carlo Calenda e Matteo Renzi. L’idea di ambire a un “modello Roma” in tutta la Penisola, ha portato il leader di Azione a raccogliere un tesoretto di voti notevole. All’Aquila il candidato Americo Di Benedetto (ex candidato del Pd nel 2017) ha tampinato il Partito democratico arrivando oltre il 20%, in un feudo di FdI. Idem per i candidati solitari: Ferrandelli a Palermo (in corsa da solo è arrivato al 15%) e Costi a Parma (attorno al 13%).  Italia Viva invece, ha confermato sia la sua capacità di scegliere il candidato vincente sia di risultare decisiva. A Genova con il sostegno al sindaco uscente leghista Bucci, o quello ai candidati di centrosinistra di Padova e Parma, Sergio Giordani e Michele Guerra.

 


Pallottoliere alla mano al centro c’è spazio. E con ogni probabilità - nonostante l’impatto relativo sul governo di Calenda e Renzi - ce ne sarà sempre di più. Per portare a fine legislatura il governo, le intemperanze di qualcuno dovranno essere bilanciate dagli altri. Magari attraverso una prima e abbozzatissima versione del cosiddetto “partito di Draghi dopo Draghi”. O anche dai “responsabili” che, al netto del ruolo rivestito da Enrico Letta, piano piano andranno affinandosi attorno alle posizioni moderate dei governatori leghisti, dei dimaiani pentastellati, dei draghiani di Forza Italia e, appunto, dei centristi. 


L’AGENDA
In ogni caso la rottura balneare in stile Papeete per ora resta un miraggio, ma nelle 8 settimane di lavori restanti prima della chiusura estiva le occasioni che potrebbe portare a un’escalation sono tante. Gli occhi sono puntati soprattutto sulla Lega. Il Salvini braccato dalle insinuazioni sul viaggio a Mosca e dalla corrente crescente dei governatori è imprevedibile e potrebbe dare battaglia su qualunque dossier. Ha già iniziato sull’incremento dei tassi della Bce, ma i fronti sono tanti. Il decreto Aiuti 2 ad esempio. L’esecutivo vuole rilanciare la crescita senza ricorrere ad uno scostamento di bilancio, che invece è proprio ciò che chiedono i partiti. In più al suo interno c’è la norma sul termovalorizzatore di Roma che il Movimento 5 Stelle - in aperta opposizione con l’alleato Pd - vuole stralciare o impantanare ad ogni costo. 


Dietro l’angolo c’è poi l’atteso appuntamento del 21 giugno a Palazzo Madama, quando Mario Draghi farà le sue comunicazioni in vista del Consiglio Ue del 23 e 24 giugno e si sottoporrà al voto dell’Aula. L’idea è ovviamente evitare una rottura, ma il confine rischia di diventare molto labile. Si sta lavorando ad una bozza condivisa dall’intero governo che però difficilmente guarirà tutti i mal di pancia di Conte e Salvini sull’invio delle armi. Ma nell’agenda, fatta sempre più di temi potenzialmente identitari e quindi divisivi, ci sono anche il taglio del cuneo fiscale, le pensioni e il salario minimo. Un pacchetto di misure che già la scorsa settimana ha mostrato la netta distanza che allontana gli alleati di governo. Per di più il tutto mentre si proverà a procedere anche con la riforma dell’ordinamento giudiziario (oggi torna al Senato).

Un testo che, specie dopo l’insuccesso del referendum voluto da Lega e Radicali, dovrà fare i conti con le perplessità di Lega e Italia Viva. Sempre oggi nella commissione Attività produttive della Camera riprende l’iter del ddl concorrenza. Dopo il necessario intervento di Draghi per sbrogliare la matassa dei balneari, sul provvedimento oggi si rischia un Vietnam parlamentare grazie all’opposizione del Carroccio e degli azzurri di Forza Italia. Ma non finisce qui perché tra Palazzo Madama e Montecitorio si voteranno anche fine vita, ius scholae e delega fiscale. Infine, a pesare come macigni, ci sono non solo da portare a casa le scadenze del Pnrr ma anche l’avvio del cantiere per la legge di bilancio che l’esecutivo deve varare entro la metà di ottobre.

Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 00:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA