Giustizia, la riforma del Csm: limiti alle porte girevoli tra magistrati e politica

La posizione di Draghi: chi si candida dovrebbe poi ricoprire ruoli amministrativi

Sabato 5 Febbraio 2022 di Marco Conti
Giustizia, la riforma del Csm: limiti alle porte girevoli tra magistrati e politica

Il rischio di una proroga del Consiglio Superiore della Magistratura, di cui si vocifera da qualche tempo a Palazzo dei Marescialli, è un’eventualità che il governo vorrebbe scongiurare, soprattutto dopo le parole pronunciate da Sergio Mattarella nel giorno del suo secondo insediamento, ma non è facile. Il plenum dell’organo di autogoverno scade a luglio e il tempo stringe se si vuole evitare che si torni a votare con le attuali regole o che si giunga ad una proroga. Dopo settimane di surplace la ministra Marta Cartabia e il presidente del Consiglio hanno ripreso in mano il pacchetto di riforme che prevedono interventi nei meccanismi di elezione e un robusto freno alle “porte girevoli”, ovvero a quella libertà che attualmente hanno i magistrati di tornare ad esercitare il mestiere nel distretto di appartenenza dopo aver assunto cariche politiche.

La maggioranza è però spaccata e, allo stato delle trattative, è complicato che il consiglio dei ministri possa “licenziare” all’unanimità un testo condiviso.

I TEMPI

Il confronto a Palazzo Chigi di Draghi con la Cartabia, avvenuto nel giorno del giuramento di Mattarella, ha posto le basi per un nuovo giro di orizzonte che la ministra avrà con le forze politiche la prossima settimana prima di presentare il testo in Consiglio dei ministri. Nel frattempo il timing è partito con la Commissione Giustizia della Camera che ha fissato per il 16 la ripresa dei lavori sul testo di riforma a suo tempo presentato dal ministro Bonafede, e i capigruppo di maggioranza che hanno calendarizzato per il 3 marzo l’approdo in aula del testo. In Commissione sono stati già presentati oltre 400 emendamenti. Il più attivo è stato l’ex ministro Enrico Costa, deputato di Azione, e bestia nera della ministra Cartabia. L’accordo tra le forze politiche è però ancora lontano e a pesare è anche il referendum fatto dall’Associazione Nazionale di magistrati.

Il sindacato delle toghe ha bocciato sia il sistema elettorale maggioritario che quello che prevede una sorta di sorteggio, temperato da un successivo voto per evitare l’accusa di incostituzionalità. Su questa linea sono la Lega, che con la senatrice Giulia Bongiorno ha avuto già più di un confronto con la ministra, Forza Italia con Pierantonio Zanettin, e FdI. Piace invece al Pd un sistema elettivo maggioritario con dei correttivi, i migliori terzi, che permettano la rappresentanza anche delle componenti più piccole. Il M5S, a suo tempo favorevole al sorteggio, non rifiuta a priori il meccanismo maggioritario, ma pone più di un problema - insieme al Pd - sul divieto di indossare nuovamente la toga ai magistrati che si candidano in politica. L’intesa è ancora lontana anche se il dem Walter Verini si dice «ottimista» e Luciano Nobili (Iv) invita a «fare in fretta» visto che «l’Italia paga 30 milioni l’anno di risarcimenti per ingiusta detenzione».

L’argomento giustizia è stato affrontato ieri da Draghi con Giuseppe Conte. Con Draghi «abbiamo parlato anche di giustizia - racconta il presidente del M5S uscendo da Palazzo Chigi - C’è una riforma sul Csm, è importante per noi come M5S che ci sia una chiara differenziazione di ruoli tra politica e magistratura, non porte comunicanti, non ce le possiamo permettere». Nelle bozze messe a punto dal ministero di via Arenula, dove operano come consiglieri numerosi magistrati, il meccanismo del divieto è però temperato tenendo in notevole considerazione i principi che impediscono di vietare l’elettorato passivo a qualunque cittadino e quello della conservazione del posto. Nell’ultima proposta elaborata dalla Cartabia si prevedeva di impedire al magistrato di candidarsi nel posto in cui ha lavorato negli ultimi tre anni e, in caso di elezione, l’obbligo dell’aspettativa non retribuita.

Draghi è però fermo su una linea di maggior rigore rispetto a quanto partorito da via Arenula. Per il presidente del Consiglio un magistrato che si candida non può tornare ad indossare nuovamente la toga dopo aver assunto la veste di politico e per lui è possibile solo un ruolo amministrativo. Il Parlamento e le Regioni sono piene di magistrati eletti che poi tornano ad indossare la toga. Ultimo Catello Maresca, magistrato candidato a sindaco di Napoli e che è poi tornato ad esercitare nella corte d’Appello di Campobasso pur restando consigliere comunale. Anche se la magistratura, dopo gli scandali che l’hanno vista protagonista negli ultimi mesi è meno granitica, continua ad esercitare un peso non indifferente sul Parlamento e sui partiti rendendo complicato l’accordo.
 

Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 14:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA