Giustizia, asse Lega-FI per bloccare le modifiche. Conte: margini strettissimi

Mercoledì 28 Luglio 2021 di Marco Conti
Giustizia, asse Lega-FI per bloccare le modifiche. Conte: margini strettissimi

La riforma Cartabia della giustizia penale ricorderà pure «quella di Berlusconi», come sostengono autorevoli e intervistatissimi pm, ma il tentativo più insidioso per affossarla è arrivato proprio dal partito del Cavaliere con la complicità della Lega e dell'unico partito formalmente all'opposizione, FdI, che si è buttato come un pesce sulla preda. Il risultato della strategia, messa a punto ancora una volta dall'avvocato e senatore Niccolò Ghedini, è stato più o meno catastrofico per Forza Italia che, oltre ad essere stata sconfitta nel tentativo di allargare il perimetro della riforma anche all'abuso di ufficio, ha perso l'ennesimo deputato (Giusi Bartolozzi, passata al Misto) e consegnato al M5S la bandiera dei difensori della riforma.

 

L'EFFETTO

Infatti, se il tentativo fosse andato in porto i tempi si sarebbero allungati a dismisura e la già faticosa approvazione della riforma sarebbe finita ben oltre il cronoprogramma di Mario Draghi che punta ancora ad approvare il testo prima della pausa estiva almeno alla Camera.

E' bastato capire che nella riforma dell'abuso di ufficio vi sarebbe stata anche una riformulazione della definizione di pubblico ufficiale e che avrebbe avuto qualche effetto importante nei processi del Cavaliere, a scatenare il drappo rosso sotto il naso dei grillini che per qualche ora si sono dimenticati i 916 emendamenti e hanno votato in maniera compatta con Pd, Iv, Leu ai quali si è aggiunto Coraggio Italia con Martina Parisse - per volere del capogruppo Marco Marin - e Enrico Costa (Azione) mentre Maurizio Lupi si è astenuto.

Finisce 23 a 21 e nel centrodestra l'unico partito a fregarsi le mani è FdI mentre in FI il sottosegretario azzurro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto smette di sudare freddo e la Lega è costretta a mettere in campo il pompiere Edoardo Rixi per dire che «la riforma della giustizia è un banco di prova per il governo» e che «puntare i piedi per ripicca è controproducente».

 

Il fatto di essere stati determinanti nello scongiurare «il sabotaggio di FI e Lega», come lo definisce Stefano Ceccanti (Pd), ha convinto Giuseppe Conte di poter vantare un credito con l'inquilino di Palazzo Chigi. L'ex premier ieri mattina, dopo aver incontrato un gruppo di deputati M5S, è tornato ad esternare sostenendo che «i margini per un accordo sono strettissimi», che i reati di «mafia, corruzione e terrorismo» debbono restare sotto l'egida della riforma Bonafede e che per il Movimento «sarebbe difficile» votare la fiducia senza modifiche. In effetti la mediazione è in corso e nelle mani del presidente del Consiglio il quale ieri ha incontrto due volte a Palazzo Chigi la ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Le concessioni ai grillini sarebbero poca cosa - si sostiene - visto che i reati di mafia sono già imprescrittibili e gli imputati sono già detenuti. A via Arenula e a Palazzo Chigi si cerca di minimizzare le concessioni ai grillini per farle rientrare in quegli «aggiustamenti tecnici» promessi da Draghi qualche settimana fa. Ma vista l'estensione che spesso si dà al termine di mafia anche nelle inchieste e nei processi, FI punta i piedi e la Lega schiera la senatrice Giulia Bongiorno per sottolineare che la Lega «è fedele al testo approvato dal Consiglio dei Ministri e leale agli accordi presi». Come dire che il testo, sul quale il Consiglio dei ministri per due volte ha detto sì, non può essere modificato di una virgola. Anche perché, è il non detto, sul Green Pass il governo non ha concesso nulla alla Lega.

Analoga musica si coglie in Forza Italia che, dopo la sconfitta di ieri mattina, fa muro. Il rischio, per evitare slittamenti ulteriori è che venerdì si vada in aula senza accordo e che per evitare di dover mettere una serie di voti di fiducia - molto complicati, regolamento alla mano - si vada a votare su ogni emendamento riscrivendo passo-passo il testo. Se dovesse andare così è evidente che il testo licenziato dal consiglio dei ministri diventerà la bussola e salterebbero anche le ferie dei deputati.

«Se il governo e i gruppi intendono rispettare il calendario dei lavori spero che la mediazione arrivi entro il 29», dice il presidente della commissione Giustizia della Camera Mario Perantoni, secondo il quale «sarà difficile che si arrivi a una seduta prima di domani (oggi ndr) pomeriggio perché ci sono delle difficoltà tecniche». Di slittamento in slittamento si arriva a venerdì e in Aula Giuseppe Conte non potrà esserci a gestire l'articolato gruppo grillino.

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Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 10:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA