Renzi: «Il Pd riformista è finito, in tanti ci stanno cercando. Ma il vero sconfitto è M5S»

Il leader di Italia Viva: «Schlein è incerta sull’Ucraina, contro nucleare e termovalorizzatori. Per noi si aprono spazi enormi»

Mercoledì 1 Marzo 2023 di Ernesto Menicucci
Renzi: «Il Pd riformista è finito, in tanti ci stanno cercando. Ma il vero sconfitto è M5S»

Presidente Renzi, cosa significa che “il 26 febbraio si è chiuso un percorso iniziato con la nascita di Italia Viva”?
«Significa che il Pd non è più la casa dei riformisti.

Nel settembre 2019 la scissione ha iniziato un percorso che la vittoria di Schlein ha chiuso. Oggi il Pd riformista non esiste più. Esiste un partito di sinistra sinistra che merita rispetto e che diventerà competitor diretto del Movimento cinque Stelle. Complimenti a Elly per la vittoria per noi adesso si apre una stagione entusiasmante». 

Quando nascerà il partito unico del Terzo polo e chi ne sarà in leader, lei o Calenda? 
«Io no: mi sono ritagliato un ruolo da padre nobile. E mi ci trovo benissimo. Do una mano, aiuto, cerco di fare buona politica intesa come costruzione di strategia e valorizzazione di ideali. Se qualcuno vorrà candidarsi è giusto che si senta libero di farlo, anche se per me Calenda sta lavorando con grande impegno e non vedo ragione di aprire questa discussione adesso». 

L’elezione di Schlein a segretario del Pd che spazi apre a voi riformisti, e su quali temi in particolare? 
«È contro il nucleare, contro il termovalorizzatore, contro il JobsAct, incerta su Ucraina, Mes, merito nella scuola. Francamente con Elly alla guida il Pd diventa un’altra cosa. Non dico che questo sia un bene o un male: più semplicemente è un dato di fatto. Gli elettori di questo Paese potranno pur scegliere di non dare il proprio voto ai sovranisti di destra o ai populisti di sinistra? Non ci sono solo le curve degli ultrà in Italia, ci sono anche gli spettatori della tribuna centrale: un’offerta calibrata su di loro non può che trovare spazio e interesse». 

Crede davvero, in un sistema sempre più bipolare, che ci sia spazio tra i due poli di centrodestra e centrosinistra? 
«Ne ero convinto sabato sera. Ne sono certo dopo il risultato di domenica. Un partito riformista era possibile fino al giorno prima delle primarie. Diventa necessario e urgente il giorno dopo la fine della stagione riformista nata al Lingotto». 

Perché a voi dovrebbe andare meglio di quanto non è andata in passato a Monti o ad altri che ci hanno provato? 
«Perché Monti era un leader tecnico stretto tra la leadership di Berlusconi e quella di un Pd ancora riformista. Noi ci mettiamo un alto tasso di politica e stiamo in uno spazio dove da un lato c’è la Meloni, dall’altro c’è la Schlein. Per i prossimi mesi non si muoverà una foglia. Ma con le europee lo spazio a nostra disposizione crescerà in misura esponenziale fino al voto per Strasburgo. Ci attende una fase realmente esaltante di semina oggi e di raccolta domani».

Con Schlein segretario, cosa resta del Pd renziano? 
«Assolutamente nulla. E tutto sommato meglio così per tutti. Per lei, che ha fatto dell’antirenzismo una bandiera, ma anche per noi. Il JobsAct non ha creato il precariato ma ha creato 1.2 milioni di posti di lavoro di cui la metà a tempo indeterminato. Ma se non leggi i numeri significa che hai un pregiudizio, non un giudizio. E allora bene così. Ha cancellato una stagione che ha portato a governare 17 regioni su 20, seimila comuni su ottomila, scrivere riforme come quella della scuola, di industria 4.0, delle unioni civili, del terzo settore. Di quella stagione non è rimasto nulla. E finalmente si capirà che l’espressione “renziani” associata al Pd è una contraddizione in termini.  I renziani nel Pd non è vero che non contano niente: semplicemente non esistono. Se sei renziano non sei nel Pd, facile no?». 

Che fine faranno i Cinquestelle? 
«Penso siano i veri sconfitti delle primarie.  Con la Schlein ci sarà una competizione interessante. Vedremo chi prevarrà. E il primo banco di prova sarà la posizione sull’Ucraina, poi sul reddito di cittadinanza e le sue truffe, poi sul termovalorizzatore di Roma. Elly ha vinto, brava. Ma il difficile per lei inizia ora. E forse anche per Conte». 

Ci sono temi o argomenti su cui potreste collaborare con Schlein? E con il governo? E’ sbagliato dire che su politica estera, giustizia, ricette economico-sociali siete più vicini a Meloni che al duo Schlein-Conte? 
«Noi possiamo collaborare con tutti, purché in posizione di chiarezza. Sulla giustizia stiamo con Nordio, ma le frasi di Valditara sui fatti di Firenze sono ridicole. E le parole di Piantedosi sui genitori che partono disperati fuggendo dalla guerra sono inaccettabili. Noi siamo al centro di questo dibattito, normale che ogni tanto si avvicini a noi la destra, ogni tanto la sinistra. Ma ci pensavano come un vaso di coccio e invece siamo una calamita». 

Che obiettivo si dà, in termine di risultato, per le Europee 2024, che cadono a dieci anni esatti dall’exploit che realizzò con il suo Pd al 40%?
«Il 41% lo abbiamo preso noi e non credo lo riprenderanno altri. Quello fu un gran risultato, tanto è vero che bisogna risalire al Fanfani degli anni Cinquanta per trovare un record simile.  Quanto al nostro obiettivo: penso che saremo a doppia cifra e vorrei che fossimo la seconda delegazione di Renew Europe dopo i francesi. Perché a quel punto al tavolo europeo ci faremmo sentire». 

Detto che non puntate al travaso di dirigenti verso di voi, ma c’è un nome - del Pd, ma anche di altri - che vorrebbe avere con lei?
«Sono tanti, ma non sono nomi famosi. Sono i nomi che ho conosciuto nei circoli e che da domenica sera mi scrivono che non possono stare in questo Pd. Si chiamano Lorenza, Massimo, Fabio, Giuseppe, Carla. Sono persone che lasceranno il Pd piano piano, una volta che sarà chiaro dove sta andando la segreteria Schlein. Ma noi non ci stiamo preparando alla campagna acquisti: ci stiamo preparando per la campagna elettorale. Alle europee faremo la differenza».

Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 16:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA