Regionali Lazio, salta il campo largo con Conte. D'Amato in pole per Pd e Terzo polo

Mercoledì 9 Novembre 2022 di Francesco Bechis
Regionali Lazio, salta il campo largo con Conte. D'Amato in pole per Pd e Terzo polo

La partita del centrosinistra per riconquistare la Pisana entra in stallo. E la strada che porta a un’alleanza tra Pd e Cinque Stelle per le regionali - il famoso campo largo - assomiglia ormai a un vicolo cieco

IL CAMPO (MINATO)

Prima l’ultimatum di Giuseppe Conte rivolto al Nazareno, martedì, con l’ennesimo aut-aut: o noi, o il termovalorizzatore a Roma. A cui ha risposto il governatore uscente Nicola Zingaretti, che domani si dimetterà avviando il countdown per il ritorno al voto in una domenica tra il 5 e il 12 febbraio. «Conte rompe l’alleanza che governa il Lazio senza motivo perché la Regione non ha mai autorizzato né autorizzerà l’inceneritore», ha tuonato oggi l’ex segretario dem durante la conferenza stampa di fine mandato al Tempio di Adriano (disertata dai grillini in giunta).

E ancora: «Io non ho il compito di costruire l’alleanza futura ma sono un costruttore di unità a differenza di coloro che la distruggono per vicende partitiche». 

D'AMATO IN CAMPO

Cala così il sipario sul patto Pd-M5S che per quattro anni ha retto in Consiglio regionale. E si spiana invece la strada per la candidatura dell’assessore alla Sanità uscente Alessio D’Amato, sostenuta dal Pd e il Terzo polo. Lui ha ormai rotto gli indugi e domani annuncerà la sua corsa con un evento al Teatro Brancaccio. C’è da tempo il sì convinto di Carlo Calenda, «altro che campo largo, siamo in due, noi e il Pd, sediamoci a un bar e decidiamo», ha chiosato il leader azionista. 

C’è infine la benedizione del segretario dimissionario del Pd Enrico Letta che vuole «chiudere in questi giorni», raccontano. Come? Prima ipotesi: ufficializzare l’accordo con Calenda su D’Amato e restituire così al leader dei Cinque Stelle il ceffone ricevuto. Seconda ipotesi, la più quotata: rimandare tutto alle primarie di coalizione. Dove in campo si presenterebbe la candidatura forte di D’Amato. Ma anche nomi apparentemente sfumati in queste settimane: il vice di Zingaretti Daniele Leodori, Enrico Gasbarra, Marta Bonafoni. Una via d’uscita prudente per non spaccare il partito.

LE RESISTENZE

Partita chiusa? Non così in fretta. È lunga nel Pd la fila dei nostalgici dell’alleanza con Conte, per nulla rassegnati a vedere il banco saltare. Ipotesi che a dire il vero non entusiasma neanche Zingaretti, il padre nobile del campo largo al tempo del governo Conte-bis. Dopotutto quel passaggio sull’inceneritore ieri pomeriggio - «la Regione non lo ha mai autorizzato e non lo autorizzerà», con un rimpallo diretto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri - è sembrato ai più un tentativo di sminare il campo, all’ultimo minuto. 

In tanti ci stanno provando. In queste ore i contatti tra l’avvocato e i colonnelli dem amici sono fittissimi. Ma forse inutili: venerdì l’ex premier intende chiudere definitivamente l’ultimo spiraglio. «Altro che Lazio, vuole lanciare un’opa sul Pd e puntare al sorpasso alle europee del 2024», mugugna un dirigente democrat a Roma. 

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