Reddito di cittadinanza «non scadrà il 31 dicembre»: no all'abolizione subito, ma verrà rivisto al ribasso: ipotesi divisione platea beneficiari

Difficile intervenire radicalmente già dalla prossima finanziaria, ma non sarà più possibile rifiutare offerte di lavoro, pena la perdita del sussidio

Giovedì 3 Novembre 2022 di Fausto Caruso
Reddito di cittadinanza, cosa succederà? Non abolizione subito (ma verrà rivisto al ribasso). Gli scenari

Il reddito di cittadinanza non finirà il 31 dicembre. È questa la notizia che gli 1,6 milioni di beneficiari del sussidio volevano sentirsi dare dal governo. La rassicurazione arriva dal neo sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon, durante un’intervista a Radio24. «Ma qualcosa di può fare da subito», è la precisazione immediata.

La domanda che tutti si fanno è: con i costi delle bollette alle stelle e tempi strettissimi per varare la nuova finanziaria, cos’è questo “qualcosa” che si può fare in breve tempo?

Cosa non si può fare

In campagna elettorale tutta la coalizione di centrodestra aveva promesso sostanziali modifiche alla misura introdotta dal governo Conte I, con il programma di Fratelli d’Italia che parlava addirittura di abolizione. La premier è tornata sul tema in un’anticipazione del nuovo libro di Bruno Vespa: Giorgia Meloni ha dichiarato di volere garantire «un dignitoso sussidio a chi realmente non ha la possibilità  di lavorare e, in alcuni casi, migliorandolo (si pensi agli invalidi). Per gli altri intendiamo attingere al fondo sociale europeo per avviare al lavoro chi può attraverso corsi di formazione retribuita». Più facile a dirsi che a farsi. Secondo l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro , i beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916, dei quali appena 173mila, meno di un quinto, risultano occupati, mentre il 70% è tenuto a sottoscrivere il patto per il lavoro e solo i restanti 86mila risultano avere un qualche tipo di esenzione o rinvio ai servizi sociali. Togliere di colpo il sussidio a questa platea avrebbe conseguenze catastrofiche sul piano economico-sociale. Il piano di Meloni è quello di un percorso di inserimento al lavoro che preveda dei corsi di formazione per cittadini spesso avanti con gli anni e un basso titolo di studio e che quindi non risultano gran che attraenti per il mondo del lavoro. Durante la formazione una qualche forma di sussidio dovrebbe comunque continuare ad arrivare.

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In questo quadro non risulta praticabile l’opzione prospettata dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini il cui obiettivo è varare il prima possibile la nuova riforma delle pensioni che porti alla possibilità di lasciare il lavoro a partire da 61 anni con 41 di contributi. Misura che per il segretario della Lega andrebbe finanziata con un miliardo di euro, ricavato sospendendo per sei mesi l’erogazione del reddito di cittadinanza proprio a quei 900mila cittadini considerati abili al lavoro che l’hanno già percepito per diciotto mesi.

Quello che si può fare

Più probabile che almeno in un primo periodo il piano del nuovo esecutivo vada verso la divisione della platea dei beneficiari in due tronconi. Il primo includerebbe pensionati in difficoltà, invalidi, disoccupati con figli piccoli e le persone in affidamento ai servizi sociali a cui il sussidio verrebbe erogato, in accordo con quanto previsto dai programmi di Lega e Forza Italia che intendono mantenere e potenziare il sussidio per i fragili e includere il quoziente famigliare nel calcolo dell’assegno. Il secondo troncone sarebbe invece inserito nel programma “Gol” delle regioni, quello finanziato con i fondi europei (circa 4,5 miliardi) di cui parla Meloni nell’intervista a Vespa. A questo punto sarebbe fondamentale un punto toccato anche dal sottosegretario Durigon, ossia la stretta collaborazione tra agenzie interinali, Stato e aziende private per far sì che la domanda di lavoro si sposi con un’offerta che, come ricordato, non è sempre quella che i datori di lavoro richiedono.

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Passare dalla teoria alla pratica richiederà tempo e calcoli precisi e difficilmente si potrà realizzare una riforma organica già dalla prossima legge di bilancio, che avrà come obiettivo centrale quello di fronteggiare il caro energia. I tempi sono incerti, ma l'esecutivo non perderà occasione di rivedere in senso restrittivo una misura che la maggioranza ritiene un disincentivo al lavoro e una spinta al lavoro in nero. Ciò che verrà fatto immediatamente sarà stringere le maglie delle condizioni per mantenere il sussidio, che verrà tolto al primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua, mentre oggi ne occorrono due e originariamente ne servivano addirittura tre. Questo ammesso che un’offerta effettivamente arrivi. Ciò che è già stato fatto è il mancato rinnovo dei contratti dei navigator, coloro che dovevano aiutare i percettori del reddito a trovare impiego e che ci sono riusciti solo in minima parte.

Ultimo aggiornamento: 19:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA