Reddito di cittadinanza, Giorgetti attacca: «Pensiamo al lavoro». Di Maio: «Non lo abolirete»

Confronto tra i due ministri sul palco di Atreju. Il 5S: il sussidio resta ma va corretto

Lunedì 6 Dicembre 2021 di Giusy Franzese
Reddito di cittadinanza, Giorgetti attacca: «Pensiamo al lavoro». Di Maio: «Non lo abolirete»

Giancarlo Giorgetti va subito al punto: «La cittadinanza ce l’hai se hai la possibilità di lavorare, non se ricevi un sussidio». Seduto accanto a lui, Luigi Di Maio senza scomporsi replica secco: «Nessuno sarà in grado di abolire il reddito di cittadinanza, al massimo gli cambieranno il nome». È subito scontro sul palco romano della kermesse Atreju organizzata da Fratelli d’Italia che torna quest’anno, dopo la pausa Covid, in versione natalizia.

La prima tavola rotonda, che dà il via alla settimana della manifestazione, ha come tema il lavoro. Ci sono le statistiche, che indicano un tasso di occupazione in crescita a seguito della ripresa (anche se in modo decisamente non uniforme tra generi, tipologia e territori), e ci sono le opportunità (e le sfide) del Pnnr.

Sul palco, il dibattito moderato dal direttore del Messaggero Massimo Martinelli, non può non concentrarsi sul futuro del reddito di cittadinanza. Una misura che anche Di Maio è costretto ad ammettere necessita di correttivi. Come il potenziamento dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Per l’ex capo politico dei Cinquestelle e attuale ministro degli Esteri del governo Draghi, si può spingere anche sugli incentivi alle imprese che assumono i beneficiari del sussidio, ma lo strumento deve rimanere e proprio la pandemia ha dimostrato quanto sia utile e necessario.

«In questa fase storica, bisogna fare attenzione alle tensioni sociali, questo è uno strumento che aiuta una fascia di popolazione che per due terzi non è abile al lavoro e non ci sono solo nel Sud ma in tutte le aree periferiche del nostro Paese. Credo che i correttivi arriveranno sempre di più».

Sul palco le critiche fioccano: «Il reddito di cittadinanza è un fallimento» dice Francesco Lollobrigida (Fdi). «Il lavoro lo creano le imprese e gli investimenti. Dobbiamo ricreare un ambiente che stimoli il clima imprenditoriale: è la sola ricetta che può garantirci lo sviluppo per il futuro» dice il ministro dello Sviluppo economico. Il quale comunque auspica quantomeno un «ruolo decisivo alle agenzia private» per far in modo che i beneficiari trovino davvero un’occupazione, visto anche «il letargo» dei centri per l’impiego e i navigator «che non hanno mai navigato».

Per Giorgetti le correzioni introdotte sulla “condizionalità” legata alle due offerte di lavoro «dovevano essere più incisive». Comunque - ammette - se sarà dato più spazio alle agenzie private «si potrà cambiare lo spartito del Reddito di cittadinanza». Non calca troppo la mano invece Antonio Tajani. D’altronde il leader del suo partito, Berlusconi, si è appena dichiarato tra i sostenitori della misura. «Una svolta che considero positiva» commenta Di Maio. Sullo sfondo, è chiaro, ci sono i posizionamenti in vista delle elezioni del Capo dello Stato. «Si può cambiare idea, anche io l’ho fatto tante volte, non c’è nessuna dietrologia...» minimizza il ministro pentastellato. 


IL QUIRINALE
Della partita per il Quirinale, di eventuali elezioni anticipate, si parla a lungo sul palco di Atreju. Il nome di Mario Draghi è evocato più volte. Per Antonio Tajani però l’attuale premier deve rimanere esattamente lì dove è ora: a Palazzo Chigi. «Dobbiamo uscire dall’emergenza Covid, dobbiamo realizzare il Pnnr. E sul palcoscenico politico non c’è nessuna persona in grado di sostituire Draghi e tenere insieme questa maggioranza».

Quindi, pur riconoscendogli il primato di «migliore candidato per il Quirinale», Tajani chiude le porte a una sua successione a Sergio Mattarella. Non la pensano così Di Maio, Giorgetti e la Meloni. Tra i tre alla festa di Atreju aleggia una sintonia per portare Draghi al Colle. Di Maio vede la prospettiva nel segno del prosieguo della legislatura, fino alla scadenza naturale del 2023. Deve però vedeRsela con Conte che, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali, vorrebbe il voto anticipato (così raccontano i suoi). Un percorso, quello delle urne, auspicato anche dalla Meloni. Nel frattempo Di Maio la butta lì: per gli accordi sulla partita Quirinale è «più affidabile» la leader di Fratelli d’Italia che Matteo Salvini. 
 

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Ultimo aggiornamento: 23:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA