Due su tre non dovranno cercare lavoro. Tassa occulta sul fondo per il sostegno

Mercoledì 6 Marzo 2019 di Francesco Bisozzi
ROMA Solo un beneficiario su tre del reddito di cittadinanza dovrà siglare il patto per il lavoro. Dovrà cioè, attivarsi concretamente per trovare un'occupazione. Tutti gli altri aventi diritto, invece, riceveranno il sussidio senza la necessità di dover accettare una delle tre proposte di impiego che dovranno essere avanzate dai navigator. I conti li ha fatti l'Istat, e li ha presentati ieri in audizione in Parlamento. Circa un terzo dei beneficiari del reddito di cittadinanza avrà l'obbligo di sottoscrivere il Patto per il Lavoro. Secondo le simulazioni effettuate dall'Istituto di statistica, il reddito spetta ad una platea complessiva di 2,7 milioni di individui. Di questi dovranno siglare il patto per il lavoro in 897 mila, circa 600 mila dei quali possiede soltanto la licenza media o nessun titolo di studio. In prevalenza si tratta di disoccupati (492 mila) e casalinghe (373 mila). Chi firmerà il patto per il lavoro dovrà anche assicurare, fino alla proposta di impiego, il proprio impegno in lavori socialmente utili che dovranno essere organizzati dai Comuni. E qui sta una prima beffa. I futuri beneficiari del reddito di cittadinanza dovranno versare una tassa annuale di 86 euro per coprire il costo legato alle assicurazioni contro gli infortuni proprio per lo svolgimento di questi lavori socialmente utili. La spesa per assicurarli, infatti, anziché ricadere sulle casse degli enti committenti, verrà posta a carico del Fondo per il reddito di cittadinanza e quindi, in sostanza, a scapito della platea dei sussidiati. Che, vale la pena di ricordarlo, in caso di esaurimento delle risorse stanziate dal governo vedranno ridursi strada facendo le somme a loro assegnate come previsto dalle clausole di salvaguardia inserite all'interno del decretone.

I CALCOLI
Considerato che per i lavori di pubblica utilità l'Inail ha stabilito un prezzo annuale di 258 euro per assicurare un singolo soggetto, l'esborso per i premi sarà pari a 232 milioni di euro complessivi, che divisi per il numero degli aventi diritto al bonus corrispondono a un obolo di 86 euro a testa l'anno. Non si tratta però dell'unico costo posto a carico del fondo per il reddito di cittadinanza e che dunque sono chiamati a saldare i beneficiari del sussidio. A carico del fondone per il sussidio è stato posto anche il rafforzamento dei centri per l'impiego, in tutto un altro 1 miliardo di euro l'anno. Cifra che distribuita su 2,7 milioni di cittadini equivale a una quota annuale per ognuno dei beneficiari di 370 euro, poco più di 30 euro al mese. Questi ultimi pagheranno inoltre, sempre attraverso una riduzione dello stanziamento del fondo per il reddito, anche le assunzioni in Regione dei navigator, i tutor che dovrebbero aiutare i percettori del reddito a trovare un'occupazione. Si tratta di almeno 4 mila unità di personale da destinare sempre ai centri per l'impiego. Costo? Duecentottanta milioni in due anni, di cui i 160 milioni previsti per il 2020. Risultato: tirando le somme ciascun avente diritto sborserà il prossimo anno, attraverso una riduzione degli stanziamenti per il reddito, 51 euro per finanziare l'aumento della dotazione organica delle Regioni. Più altri 3,7 euro per il funzionamento dell'Anpal. Così alla fine le rate per coprire le spese legate al reddito porteranno via ogni anno circa 500 euro di risorse di sussidio per ogni beneficiario.

L'INTERVENTO
Sulla questione dei lavori di pubblica utilità da far fare ai beneficiari del reddito ieri è intervenuta anche l'Anci. L'associazione dei Comuni si è detta come sempre disponibile a collaborare a tutte le misure che puntano a contrastare la povertà e sostenere il lavoro come il reddito di cittadinanza. Ma i Comuni, ha spiegato Giuseppe Mattina, assessore alle politiche sociali del Comune di Palermo che ieri ha rappresentato l'Anci in audizione, «devono essere messi nelle condizioni di fare al meglio la propria parte verso i cittadini. Occorre quindi risolvere alcune criticità relative alla definizione dei progetti di pubblica utilità, alle verifiche anagrafiche e al potenziamento del personale destinato a questi servizi, primo tra tutti il servizio sociale».
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