È uno degli argomenti che più sta scaldando la campagna elettorale: chi punta a cancellarlo, chi a riformarlo, chi lo difende a spada tratta e semmai vorrebbe potenziarlo. Il reddito di cittadinanza torna al centro del dibattito, o forse non se ne era mai andato. Perché il sussidio, introdotto nel 2019 dal governo giallo-verde di Giuseppe Conte (per una spesa di 9 miliardi di euro all'anno), non solo divide centrodestra e centrosinistra, ma spacca dall'interno anche gli stessi schieramenti, che sul sussidio hanno posizioni o sensibilità diverse.
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Reddito di cittadinanza, gli scenari
Così, mentre i Cinquestelle da sempre rivendicano la loro misura-bandiera (e nel loro programma puntano a un suo «rafforzamento», così come l'alleanza Sinistra-verdi), oggi anche il Pd si esprime a favore del sussidio.
Stesso copione da parte del responsabile enti locali dem Boccia: «Il Pd - afferma - difende con forza il reddito: una misura sacrosanta che in pandemia ha letteralmente salvato migliaia di famiglie». E che però, aggiunge, «come ogni cosa, va migliorata rafforzando il concetto di lavoro». Un'apertura più ampia di quella concessa finora dai dem, che nel loro programma parlano di riforma della necessità di «ricalibrare opportunamente» l'assegno, «secondo le indicazioni elaborate dalla Commissione Saraceno, a partire dall’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e/o con minori».
Insomma riforma sì, ma non cancellazione. Più incisivi appaiono invece i progetti di modifica del centrodestra. Non senza sfumature diverse. Perché se il programma della coalizione parla genericamente di «sostituzione» del Reddito con altre misure più efficaci di inclusione sociale e inserimento nel mondo del lavoro, il documento presentato nei giorni scorsi da FdI va oltre: il partito di Giorgia Meloni si propone infatti di «abolire il Rdc per introdurre un nuovo strumento che tuteli i soggetti privi di reddito, fragili e impossibilitati a lavorare o difficilmente occupabili: disabili, over 60, nuclei familiari con minori a carico».
Posizione che oggi è stata precisata da Maurizio Leo, responsabile economico dei meloniani: «Il reddito di cittadinanza - riassume Leo - è da rivedere. La parte relativa ai disabili e alle persone che non possono lavorare deve rimanere e va gestita con le strutture territoriali con controlli puntuali, penso a casi in cui ci sono pratiche in cui il disabile non è tale ma ottiene il beneficio». Mentre le risorse oggi destinate a chi può lavorare, circa 5 miliardi per FdI, andranno dirottate sulla riduzione delle tasse per le imprese che creano occupazione, secondo il principio "chi più assume meno paga".
Più sfumata la posizione di Silvio Berlusconi, che in tv ha chiarito come il sussidio «non si cancella, al massimo si modifica»: per il Cavaliere, il reddito andrà insomma «rimodulato», anche per evitare truffe. Rilancia il coordinatore azzurro Antonio Tajani, secondo cui bisogna «utilizzare una parte dei fondi» del sostegno per «aumentare le pensioni minime a disabili e anziani». Più netto si mostra Matteo Salvini: «Via a chi rifiuta la prima offerta di lavoro», traccia il confine il leader del Carroccio. Mentre il sussidio «deve rimanere per chi non può lavorare». Dunque, che ne sarà del Reddito? Per il momento, l'unica risposta possibile è che per saperlo bisognerà aver già archiviato il voto, quando chi avrà vinto le elezioni si metterà a ragionare sul dossier, numeri alla mano.