Recovery fund, così gli Stati frugali controllerebbero il calendario di investimenti e riforme

Lunedì 13 Luglio 2020 di Antonio Pollio Salimbeni
Recovery fund, così gli Stati frugali controllerebbero il calendario di investimenti e riforme

BRUXELLES «Il Consiglio sarà più coinvolto anche nella fase di attuazione dei piani nazionali per la ripresa e le riforme». Con queste parole il presidente della Ue Charles Michel, presentando la nuova «negobox», la proposta negoziale per la riunione dei capi di stato e di governo, ha sintetizzato lo scenario sul quale tenterà di costruire un consenso sull'operazione ripresa con la più grande emissione di obbligazioni comunitarie della storia europea. È uno degli elementi chiave della maratona di discussioni che si annuncia per questo fine settimana: si sa quando comincia, venerdì, non si sa quando finisce, sabato, domenica, forse entro la settimana successiva. Gli umori pencolano fra ottimismo e scetticismo.

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Aveva aggiunto l'ex premier belga: «Su questo tema osserviamo posizioni totalmente differenti, è una delle aree in cui la discussione è difficile». Sul tavolo c'è il modo in cui saranno valutati gli impegni su investimenti e riforme. Un tassello decisivo per far digerire ai «frugali», Austria, Danimarca, Olanda, Svezia più la Finlandia, il piano di aiuti da 750 miliardi di cui due terzi sovvenzioni a fondo perduto e un terzo prestiti. È in gioco l'equilibrio tra stati e Commissione, tra una visione più spostata verso il livello intergovernativo e un'altra «comunitaria»: il primo riflette più direttamente i rapporti di forza, il secondo tiene conto di una visione in partenza più ampia. Temi sensibilissimi per l'Italia, che otterrà il maggior contributo europeo in termini di aiuti anticrisi (potenzialmente oltre 200 miliardi complessivamente) a patto di assumere impegni per riforme mai fatte o completate, in tempi più brevi rispetto ai tempi nazionali. Stessa cosa per gli investimenti.

FRONTI CALDI
È uno dei fronti caldi del negoziato, per l'Italia forse il fronte più caldo (a patto che i 750 miliardi siano davvero confermati). Non è un caso che, a quanto risulta, la posizione di Conte faccia perno sull'equilibrio proposto dalla Commissione. Posizione non facile dal momento che all'Italia viene facilmente rimproverata l'incapacità di rispettare tempi di realizzazione degli investimenti e condurre riforme che sblocchino l'economia e l'amministrazione pubblica. È un fronte utilizzato dai «frugali» (ma non sono insensibili al tema molti esponenti tedeschi) per forzare la mano sul percorso di riforme interne.

Il presidente Ue propone che gli Stati preparino piano di ripresa e agenda per gli investimenti 2021-2023 con controllo nel 2022 per verificare la destinazione finale delle «tranche» per il 2023 (la Commissione aveva proposto la scadenza del 2024). In coerenza con le raccomandazioni Ue. Sarebbe il Consiglio (cioè i governi ad approvarli a maggioranza qualificata (55% degli stati pari ad almeno il 65% della popolazione Ue). La proposta von der Leyen prevede decisione della Commissione attraverso un atto di esecuzione, che può essere respinto solo se i rappresentanti dei governi mettono insieme una maggioranza qualificata contraria (sarebbe più difficile respingere la proposta). È anche in tali dettagli che si dispiegherà il negoziato il cui esito è del tutto incerto dato che il premier olandese Rutte continua a insistere sul fatto che il semaforo verde ai piani dei governi richiede un voto all'unanimità.

Sia Michel che von der Leyen prevedono una supervisione sul rispetto di tempi di realizzazione di investimenti e riforme. Il primo conferma che nella fase di attuazione tutto il potere di valutazione non sarà della Commissione. Entrambi però prevedono che il via libera degli esborsi seguirà il rispetto di «obiettivi e pietre miliari rilevanti». Per la Commissione le «pietre miliari» vanno completate. Di pietre miliari (milestone in inglese) si parlava parecchio nei programmi di salvataggio della Grecia per riferirsi a misure normative o amministrative necessarie per raggiungere certi obiettivi economici, potenzialmente un campo molto esteso. Non è chiaro che cosa significhi effettivamente «completamento»: nel caso della Grecia è successo che per certi «milestone» doveva esserci stato un voto parlamentare. Anche sugli esborsi Michel sposta il pallino verso i governi: decide la Commissione però tenendo conto dell'opinione degli Stati. Solo che qui siamo nel quadro del bilancio Ue, cui il Recovery Fund è collegato, e ciò richiede un processo nettamente comunitario e non più intergovernativo.

 

Ultimo aggiornamento: 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA