Conte: «Arriverò fino al 2023». E chiude al Pd: «No Mes»

Mercoledì 22 Luglio 2020 di Alberto Gentili
Aiuti Ue, Conte chiude al Pd: no Mes

«Beh, a questo punto c’è tanto di quel lavoro da fare per spendere i 209 miliardi ottenuti dall’Europa, che inevitabilmente il governo arriverà a fine legislatura. Siamo più forti». Giuseppe Conte, incassato quello che definisce «un successo storico», guarda al 2023. E per provare a blindarsi ulteriormente evitando l’implosione dei 5Stelle, chiude una volta per tutte la partita del Fondo salva Stati: «Il Mes non ci serve». L’esatto contrario di ciò che sostengono il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il responsabile della Salute Roberto Speranza e il leader di Italia viva Matteo Renzi.

Recovery fund, accordo storico per Ue: 1800 miliardi per ripartire
Recovery Fund: chi vince e chi perde con la nuova intesa Ue

Per Conte avere incassato il Recovery Fund, aumentando per di più di 36-37 miliardi il bottino di aiuti a fondo perduto e prestiti, è una sorta di assicurazione sulla vita. Perché, come osserva il centrista Bruno Tabacci che lavora al partito contiano, «questo risultato gli dà uno standing di leader europeo, forte dell’asse con Merkel e Macron». E dunque non c’è bisogno di ricorrere, come aveva cominciato a esplorare Luigi Di Maio, a tecnici del calibro di Mario Draghi. E soprattutto perché, come afferma lo stesso Conte, «ora bisogna far ripartire l’Italia e cambiare volto al Paese».
 



E l’avvocato naturalmente si candida all’impresa che, appunto, durerà almeno fino al 2023. Ne vuole essere l’artefice e il protagonista. Con il via libera di Zingaretti («il risultato europeo dà stabilità»), di Gualtieri («ne escono rafforzati governo e leadership di Conte») e perfino del nemico Alessandro Di Battista («è Conte che ha ottenuto le risorse europee ed è bene che sia lui ad avere la responsabilità di gestirle»).

Un bel salto per chi, fino a due anni fa, passava per il «prestanome» di Di Maio e Matteo Salvini. All’upgrading ha contribuito la blindatura preventiva offerta da Sergio Mattarella («dopo questo governo ci sono solo le elezioni») da cui, non a caso, Conte è corso a ricevere la benedizione appena rientrato da Bruxelles. «Stanco ma estremamente soddisfatto». Per il premier, il capo dello Stato è assieme una guida e un angelo custode. Ma anche un pungolo. Tant’è che al Quirinale l’(ex) avvocato del popolo si è sentito ripetere ciò che Mattarella gli chiede da tempo: «Rapidità, concretezza, efficacia». In particolar modo adesso che c’è da preparare il piano con cui incassare e poi spendere i 209 miliardi in arrivo da Bruxelles. 

«Un’occasione storica, irripetibile», ma anche la sfida più difficile che attende Conte. Per l’indole del premier, che a causa dei continui rinvii dei dossier più scottanti, si è guadagnato l’aggettivo di temporeggiatore. Per la litigiosità della maggioranza rossogialla, amplificata dall’ideologismo populista e dalla divisione per bande del Movimento 5Stelle. E per i pessimi risultati del passato: l’Italia non è mai riuscita a spendere i fondi europei, figurarsi ora che i sussidi per le riforme strutturali verranno concessi solo se saranno rispettate condizioni stringenti. Ma Conte ci proverà, perché come dice un ministro dem «tutto è più facile se si fa surf su una valanga di fondi». E perché l’opposizione ormai è divisa in tre. Spappolata dall’intesa di Bruxelles che lascia balbettanti Matteo Salvini e tutti i sovranisti.

«NO AD ALTRO DEBITO»
Capitolo chiuso, secondo Conte, invece sul Mes. Da palazzo Chigi e dal premier filtra una contrarietà di massima: «Non è il nostro obiettivo, spero che venga superata questa attenzione morbosa». Ma chi ha parlato con il presidente del Consiglio nelle ultime ore argomenta il “no” nei dettagli: «Adesso che abbiamo la possibilità di prendere 120 miliardi di prestiti, e non è detto che li prenderemo tutti, attingere ai 36 miliardi del Mes sarebbe assurdo perché indebiteremo il Paese oltremisura. In più, i fondi del Mes potrebbero arrivare solo un paio di mesi prima e non avrebbe senso terremotare la maggioranza per questo lieve anticipo. Senza contare che quando c’è un credito di 209 miliardi si può fare un altro scostamento di bilancio: ci possiamo indebitare di altri 30 miliardi in attesa dei fondi del Recovery Fund, un vero e proprio fiume di denaro».

Da capire se finirà davvero così. A sorpresa Davide Casaleggio apre al Fondo salva Stati: «Dobbiamo recuperare risorse da tutte le fonti disponibili, anche per la sanità». Che è il settore esclusivo di intervento del Mes. Una mossa, raccontano, che lascia Conte sorpreso. Di certo tutti i soci di maggioranza, esclusi i 5Stelle, sono per il sì rinviando però a settembre. E Silvio Berlusconi, desideroso di entrare in gioco, già offre i suoi voti al Senato per bypassare i ribelli grillini: «Il Mes è indispensabile, i fondi del Recovery Plan hanno tempi lunghi». Un po’ ciò che sostiene Confindustria che ritiene l’adesione al Mes «un interesse primario per l’Italia».
 

Ultimo aggiornamento: 13:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA