Rave, da Conte a Letta: rivolta contro il decreto anti-raduni. «Il governo ritiri la norma»

Il Viminale precisa: "Non si lede il diritto di espressione".

Mercoledì 2 Novembre 2022
Rave, da Conte a Letta: rivolta contro il decreto anti-raduni. «Il Governo ritiri la norma»
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La pubblicazione in Gazzetta del decreto fa cadere anche l'ultimo dubbio che aveva suggerito cautela nelle reazioni politiche, quasi tutte improntate ad un parallelismo dei due pesi e due misure tra Rave di Modena e corteo Predappio. Ma la bollinatura della G.U. - con la conferma della reclusione fino a sei anni per chi organizza e partecipa ai rave - fa insorgere il fronte delle opposizioni che lanciano un «allarme democrazia» per l'ambito di applicazione della stretta estesa a tutti gli assembramenti. Cortei sindacali e manifestazioni politiche comprese. «Il Governo ritiri» la norma. «È un gravissimo errore. I rave non c'entrano nulla: è la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione», scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta.

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Subito murato da Matteo Salvini («indietro non si torna, la leggi finalmente si rispettano») e rintuzzato da fonti del ministero dell'Interno con cui si accende uno scontro. «La norma - precisano infatti dal Viminale - interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l'incolumità pubbliche» e quindi «non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà». «Le precisazioni del Viminale - controreplica il segretario dem - non cambiano la questione giuridica che abbiamo posto.

Anzi, la precipitosa e inusuale precisazione conferma che hanno fatto un pasticcio. Che si risolve solo col ritiro della norma».

Anche il leader pentastellato, Giuseppe Conte, non usa mezzi termini osservando che «il modo con cui si è intervenuti è raccapricciante». Tanto per il numero (50 persone) che verrebbe considerato come sufficiente a far «derivare un pericolo per l'incolumità pubblica o la salute pubblica», quanto per l'arbitrarietà e la discrezionalità - è il suo ragionamento - che sarebbe nelle disponibilità delle autorità preposte a decidere sulla sicurezza e sull'ordine pubblico. Ad accendere ulteriormente gli animi delle opposizioni giunge anche la puntualizzazione del presidente della Camere Penali - Gian Domenico Caiazza - che spiega che essendo previste pene superiori ai cinque anni, con il nuovo reato, le intercettazioni sono assolutamente possibili. Si tratta «di una norma talmente generica e a maglie così larghe che potrà trovare applicazione nei casi più disparati e con grande discrezionalità. Una legge dal sapore putiniano», osserva però il presidente di Più Europa Riccardo Magi.

 

«Ha fatto benissimo il governo a intervenire sui rave party», controribatte il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, ricordando che erano anni che «si parlava della necessità di stroncare questi fenomeni». Appunto. Un'estensione della lettera di legge che accende ancor di più le preoccupazioni delle opposizioni. «Il decreto del governo ha tutta l'aria di essere una cosa ben più grave e seria di quanto sembrasse ieri», sottolinea il coordinatore della segreteria di Più Europa Giordano Masini che paventa «nella definizione di 'terreni o edifici altrui, pubblici o privatì ove diverrebbe vietato manifestare, che a rischiare la reclusione da tre a sei anni saranno le persone che organizzano e partecipano a qualsiasi manifestazione per la quale venga ipotizzato (dal Governo) un pericolo per l'ordine pubblico».

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In attesa di un coordinamento delle opposizioni, che ancora resta nell'alveo delle buone intenzioni, i partiti di minoranza sembrano però oggi marciare compatti: «È una disposizione che colpisce manifestazioni di protesta paragonandole a quelle sotto cui ricadono misure di prevenzione antimafia», osserva Angelo Bonelli (Avs). Un giro di vite che porta con sè una certezza, gli fa eco il collega Nicola Fratoianni che vede nell'intervento «un pretesto per inserire norme con pene pesantissime che potranno essere utilizzate in ben altri contesti: dai cortei sindacali, alle mobilitazioni studentesche o alle proteste dei comitati e dei movimenti come quelle che in questi mesi si sono sviluppate a Piombino». Attendista l'approccio del presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini che, comunque non risparmia critiche sulle intenzioni: «mi sembra che ci sia qualche forma di esagerazione». Il resto del Pd non fa invece sconti: Chiara Gribaudo parla di bavaglio al dissenso, Marco Meloni di «norma liberticida», Valente invece vi legge una chiara impronta identitaria di una destra illiberale. (

Ultimo aggiornamento: 17:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA