Riesplode la guerra tra le arcinemiche del Movimento 5 Stelle, l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi e, l’assessore alla Transizione Ecologica e Digitale della Regione Lazio Roberta Lombardi.
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Le ruggini
Parole che in casa pentastellata hanno avuto l’effetto del big bang, infatti i grillini non hanno votato la fiducia a presidente del Consiglio, innescando la fine dell’Esecutivo, proprio perché aveva messo nel decreto aiuti la norma per la costruzione del termovalorizzatore di Roma. Mentre nel Lazio dove Zingaretti e la Lombardi lavorano fianco a fianco al piano rifiuti, non è successo politicamente nulla. Troppo per l’assessore alla Transizione Ecologia di Zingaretti, che con la sua compagna di partito Raggi ha un conto in sospeso da anni, quando fu affiancata dal Movimento all’allora prima cittadina in una sorta di mini direttorio capitolino ma da cui si dimise in aperta polemica per la gestione di Roma. Una ruggine che era stata rinfocolata anche pochi mesi fa quando la ex sindaca aveva lanciato una raccolta di firme tra i 5 stelle per bloccare l’inceneritore del Lazio, scatenando le ire della Lombardi che aveva tuonato dicendo che si trattava di «un’iniziativa non concordata» e aggiungendo che «c’è chi vuole essere ricordato per il No e basta e c’è chi lavora per il Sì al futuro», con un chiaro riferimento alla Raggi.
"Siamo fuori di testa, ma diversi da loro. Parla, la gente purtroppo parla. Non sa di che cosa parla".
Lo scorso anno abbiamo annunciato insieme in Campidoglio il grande concerto dei Maneskin a Roma. Finalmente ci siamo.
PS : che bel testo. Vero? pic.twitter.com/vxpkwqh6BL— Virginia Raggi (@virginiaraggi) July 9, 2022
Ieri, la nuova stoccata della prima capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, alla ex sindaca alla quale ha prima ricordato che «rispettare il mandato elettorale significa anche saper creare le condizioni, quando non si hanno i numeri necessari, per poter realizzare il programma per il quale i cittadini ci hanno votato». Poi la Lombardi, su Raggi, ha sottolineando come «sono i risultati raggiunti che parlano del nostro operato e per i quali saremo giudicati alle urne. Perché in fin dei conti si può anche governare Roma per cinque anni e mezzo avendo la maggioranza ma se alla fine del mandato i cittadini ti mandano a casa, senza nemmeno farti arrivare al ballottaggio, allora è il caso di farsi una domanda». E già così ce ne sarebbe stato abbastanza per chiudere un confronto già ruvido. Ma l’assessore di Zingaretti ha continuato rispondendo indirettamente alla Raggi, la quale parlando delle modalità seguite da Conte per decidere le candidature alle prossime politiche aveva enfatizzato «le liste si fanno alla luce del sole e devono essere aperte a tutti». L’invito di Lombardi è a «non lanciare proclami dal pulpito, tra l’altro con una doppia morale sulle candidature e sul processo partecipativo dal basso dopo aver riempito in buona parte le liste dei municipi (di Roma n.d.r.) con dei propri nominati». Fin qui potrebbe essere una bega interna tra due big pentastellate che non si sono mai amate e che ora cercano di contendersi la claudicante leadership del partito guidato da Conte.
Le alleanze
Se non fosse che, sempre ieri, l’ex premier pentastellato in un’intervista ha detto «quello che si decide a Roma, vale per le altre città. Mi dispiace per Nicola Zingaretti, ma ultimamente l’ho visto infatuato da Calenda», come a dire che l’alleanza nel Lazio è a rischio. Per sapere come andrà a finire bisognerà aspettare il 26 settembre, quando si chiuderanno le urne delle elezioni politiche e si saprà se il governatore del Lazio che corre per un seggio in Parlamento sarà eletto. A quel punto Zingaretti dovrà decidere se dare le dimissioni da presidente della Giunta regionale aprendo la strada alle consultazioni regionali nel Lazio. In tale caso, se fosse per la Lombardi i 5 stelle dovrebbero correre nuovamente con il Pd, mentre se prevalesse la linea della Raggi si dovrebbe «andare da soli».