Pnrr, l’Italia vuole altri fondi: servono per i progetti green

Roma prenota nuovi prestiti in caso di necessità. Andranno sul Repower Eu

Mercoledì 19 Aprile 2023 di Francesco Bechis
Pnrr, l’Italia vuole altri fondi: servono per i progetti green

Il governo prepara una scialuppa per il Pnrr italiano. A fine marzo da Roma come da altre capitali europee è partita una lettera per la Commissione Ue: l’Italia prenota una nuova porzione di fondi europei per la ripresa. Prestiti. In altre parole, debiti, anche se a tassi più vantaggiosi rispetto al debito pubblico. Palazzo Chigi, sotto la regia del ministro agli Affari Ue Raffaele Fitto, è a caccia di fondi per finanziare il Repower Eu, il capitolo aggiuntivo del Pnrr destinato a progetti contro il caro-energia e per la transizione ecologica. 

La Commissione chiede agli Stati di presentare modifiche al Pnrr


I RITOCCHI
Per gran parte, il nuovo piano “green” della Commissione Ue attingerà dalla quota a prestito del Pnrr che finora gli Stati membri non hanno chiesto per sé, preferendo incassare solo i finanziamenti a fondo perduto, a differenza dell’Italia che con il governo Conte-bis ha prenotato l’intera somma di prestiti a disposizione, circa 120 miliardi di euro.

Al momento, ha spiegato lunedì il Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, il tesoretto di prestiti inutilizzati ammonta a 77 miliardi. I Paesi Ue hanno tempo fino a fine agosto per decidere se richiedere le rispettive quote o lasciarle nella cassaforte comune. Solo a quel punto i fondi residui potranno essere utilizzati per finanziare i rispettivi Repower nazionali.

Ebbene, l’Italia è fra i Paesi che hanno scelto di attivare questa opzione. Anche se, ha garantito ieri Fitto dalla Camera, a differenza di altri Stati (la Grecia ha chiesto prestiti per 5 miliardi di euro), Roma non ha indicato cifre esatte. Prima bisogna infatti definire la quota del Repower italiano, il “Pnrr verde” per ridare ossigeno alle aziende colpite dai rincari energetici. Ed è questa la vera partita al centro dei riflettori della Commissione. Se infatti la strada per incassare la terza rata del Pnrr da 19 miliardi di euro sembra in discesa - da Palazzo Berlaymont dovrebbe arrivare un via libera ai target italiani, incluso il discusso finanziamento degli Stadi di Firenze e Venezia - rimodulare i fondi del Pnrr per finanziare il Repower non sarà una passeggiata. Ufficialmente la scadenza per i ritocchi è fissata al 30 aprile. Ma come ha ammesso Gentiloni, quasi nessuno Stato membro presenterà i piani per il Repower entro quella data, Italia inclusa. 


Dal governo dispensano serenità, «non è una scadenza rigida», ha ribadito ieri Fitto. La Commissione però è stata chiara: le lancette corrono. «Abbiamo chiesto di presentare i Pnrr modificati il prima possibile», è il monito consegnato a Roma dal vicepresidente Valdis Dombrovskis.  Si rischia infatti di innescare un effetto domino sulle prossime scadenze. A partire dai 27 obiettivi da centrare entro fine giugno per sbloccare la quarta rata del Pnrr italiano, 16 miliardi di euro. Di qui la corsa contro il tempo per ritoccare il piano. Sulla carta l’idea di Fitto è semplice. Rimuovere dal Pnrr i progetti impossibili da realizzare entro il 2026 e spostarli nella programmazione dei Fondi di Coesione, che hanno una scadenza più larga: la rendicontazione, l’insieme degli “scontrini”, deve essere inviata entro la fine del 2029. I fondi disimpegnati del Pnrr italiano servirebbero a quel punto a finanziare i progetti del Repower. Insieme ai ricavi dal mercato Ets - le aste per le emissioni di CO2 - una parte dei fondi di Coesione, fino al 7,5 per cento (circa 3,2 miliardi), e l’eventuale quota di prestiti extra che l’Italia ha prenotato per agosto, in caso di emergenza. La base del piano green italiano parte da circa 6 miliardi. Ma l’obiettivo di Fitto è alzare di parecchio l’asticella utilizzando i fondi non spesi del Pnrr. Alla fine la cifra potrebbe aggirarsi tra i 15 e i 20 miliardi di euro. 


IL PIANO
La mappatura dei progetti da finanziare è in corso. Il ministro di FdI ha incontrato le grandi aziende energetiche, a cominciare da Eni ed Enel. Il piano per restaurare il Pnrr è quindi partito. Ma dovrà fare i conti con due incognite.  La prima: nella maggioranza non tutti sono convinti, come invece si dice la premier Giorgia Meloni, che l’intera somma del Pnrr vada spesa. «Se ci dovessimo rendere conto che alcune spese sono superflue e aumentano il debito, sarebbe una cosa che nessuno riterrebbe utile», ha ammesso ieri il ministro all’Agricoltura di FdI Francesco Lollobrigida. Mentre il vicepremier e leader leghista Matteo Salvini ha avanzato dubbi sulla terza rata del Pnrr, «se uso i fondi per uno stadio non è un investimento particolarmente intelligente, sono soldi che i nostri figli devono restituire». La seconda incognita: il Pnrr non si tocca senza un semaforo verde da Bruxelles. E se il clima dei negoziati è stato finora disteso, il possibile scontro del governo sulla proroga delle concessioni balneari - domani è attesa la sentenza della Corte di Giustizia Ue sul caso - potrebbe irrigidire la Commissione di fronte alle richieste italiane. 
 

Ultimo aggiornamento: 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA