Centoventi capitoli di spesa. Quasi il 10% del totale del Pnrr.
Scuola, assunzioni da giugno: il ricorso a due graduatorie, di merito e ad esaurimento
L'aumento dei costi e la scarsità dei materiali stanno ad esempio impantanando la misura "M5C2 - Investimento 2.3: Programma innovativo della qualità dell’abitare - PINQuA". Si tratta di quasi 2,8 miliardi di euro investiti in 159 interventi relativi alla riqualificazione urbana. Tra questi la demolizione e la riqualificazione del patrimonio pubblico con l'intento di destinarlo all'edilizia sociale a Messina in Sicilia, Lamezia in Calabria, Ascoli nelle Marche e Campobasso in Molise. Regioni diverse, risutalti identici.
Non solo. Problematiche molto simili, aggiunte a difficoltà normative ed errori, paralizzano anche i 2,49 miliardi di euro stanziati "Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico" (M2C4 – Sub-investimento 2.1a) e i 600 milioni di euro disponibili per "Investimenti in fognatura e depurazione" (M2C4 – Investimento 4.4). Inceppata anche la macchina che avrebbe dovuto portare alla realizzazione dell'alta velocità tra Brescia, Verona, Vicenza e Padova (M3C1 – Investimento 1.2) circa 92 km di infrastruttura ferroviaria dal valore di 3,67 miliardi di euro per cui bisognerebbe assegnare gli appalti entro marzo 2024 ma è già unviersalmente noto che con ogni probabilità le gare andranno deserte a causa dell'aumento dei costi dell'opera. Situazione pressoché uguali per tutti i capitoli di spesa relativi alle ferrovie (spesso al Sud), al 5G o all'uso sperimentale dell'idrogeno nella mobilità. Idem, come ampiamente dimostrato negli ultimi mesi, per quanto riguarda la costruzione di nuovi edifici da dedicare all'istruzione, agli asili nido o alla sanità. Spesso l'investimento previsto non copre i costi della successiva gestione e quindi i Comuni preferiscono non dare il là all'opera. Situazioni spesso complicate come quella relativà agli studios di Cinecittà (M1C3 – Investimento 3.2: Sviluppo industria cinematografica). I ricorsi di alcuni comitati ambientalisti e la consueta burocrazia tutta italiana mettono infatti in pericolo il progetto da circa 300 milioni di euro previsto Pnrr, specie per la porzione del piano che prevede un “raddoppio” dell’area su cui sorge lo storico centro di produzione cinematografico sul cosiddetto “Pratone di Torrespaccata”. Progetti alla mano gli Studios dovrebbero allargarsi su un terreno di 31 ettari adiacente alla struttura attuale, con nuovi teatri di posa, spazi per le riprese esterne (backlot) e, in ogni caso, una riqualificazione dell’area. Il terreno però è oggetto di una contesa non solo tra gli ambientalisti e il comune di Roma, quanto tra Cdp e Tesoro che devono ancora formalizzarne la cessione. L'orologio verso il 2026 però, ticchetta veloce.
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