Petrolio russo, Verhofstadt: «Europa bloccata dai veti, ora cambiamo le regole»

Europarlamentare liberale di lungo corso con un passato da premier belga, negli ultimi 12 mesi Verhofstadt è stato, in quota all'Eurocamera, co-presidente del board della Conferenza sul Futuro dell'Europa

Lunedì 9 Maggio 2022 di Gabriele Rosana
Petrolio russo, Verhofstadt: «Europa bloccata dai veti, ora cambiamo le regole»

«Lo stallo sulle sanzioni contro il petrolio russo ci dimostra alla perfezione perché dobbiamo rivedere le regole di funzionamento dell'Unione europea e farla finita con l'unanimità e il potere di veto di un solo Paese. Ce lo hanno chiesto i cittadini durante un anno di lavori della Conferenza sul Futuro dell'Europa. Noi come Parlamento Ue li abbiamo ascoltati e ci siamo impegnati per attivare il processo di riforma dei Trattati», dice al Messaggero Guy Verhofstadt. Europarlamentare liberale di lungo corso con un passato da premier belga, negli ultimi 12 mesi Verhofstadt è stato, in quota all'Eurocamera, co-presidente del board della Conferenza sul Futuro dell'Europa, l'esercizio partecipativo dal basso per ripensare l'Ue che ha riunito digitalmente e fisicamente i cittadini europei attorno a un'inedita piattaforma di democrazia deliberativa e in una plenaria composta anche da deputati Ue e nazionali e rappresentanti dei governi. Il percorso si conclude oggi, nel 9 maggio in cui si celebra la Festa dell'Europa (a 72 anni dal discorso post-bellico di Robert Schuman, il momento fondativo del progetto Ue): il report finale che contiene 325 raccomandazioni per raggiungere 49 obiettivi sarà consegnato, durante una cerimonia nell'emiciclo di Strasburgo, ai presidenti di Parlamento, Commissione e Consiglio Roberta Metsola, Ursula von der Leyen e Emmanuel Macron.

A loro il compito di dar seguito alle proposte della Conferenza.

Le istituzioni Ue arrivano all'appuntamento di oggi senza esser riuscite ad ottenere l'approvazione del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, che include lo stop al petrolio. Che segnale è?

«È un ottimo esempio del problema di un'Europa che fa troppo poco troppo tardi. Guardiamo all'America: il presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo, l'8 marzo scorso, per decidere l'embargo immediato di petrolio e gas russi; noi, invece, abbiamo avuto bisogno di due mesi in più prima che la Commissione potesse annunciare, martedì scorso, sanzioni simili nei confronti del greggio e dei raffinati, effettive tuttavia solo da fine anno e con importanti deroghe per tre, se non più, Stati membri. E questa non è una novità: a causa del diritto di veto abbiamo visto stalli simili pure nelle crisi degli anni precedenti, da quella finanziaria a quella dei migranti».

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A tal proposito, ieri sul Messaggero Romano Prodi ha scritto che il voto all'unanimità nel Consiglio contribuisce a rendere l'Ue irrilevante nel mondo. È d'accordo?

«La Conferenza è dello stesso avviso: la conclusione, presente anche nel documento finale, è che dobbiamo abolire la regola dell'unanimità nella gran parte degli ambiti decisionali dell'Ue. Il suggerimento che ci arriva dai cittadini è di mantenerla soltanto in caso di ingresso di nuovi membri nell'Unione e di modifiche ai valori fondamentali; mentre in tutti gli altri ambiti la richiesta è di liberarcene e di andare avanti a maggioranza. Penso sia la riforma più rappresentativa e più importante tra quelle elaborate dalla Conferenza».

In quali altri campi si deve intervenire per modernizzare l'Ue?

«Per cominciare, sicuramente dalla politica estera e di sicurezza: mancando una vera integrazione, ci troviamo a spendere per la difesa in un anno quattro volte più dei russi. Ma priorità hanno pure salute e energia, senza dimenticare dossier tenuti ostaggio dello scontro fra i Paesi come il completamento dell'unione bancaria e nuove politiche sull'immigrazione. Altre proposte puntano poi a estendere le competenze dell'Unione in nuovi settori, tra cui istruzione e cultura. L'obiettivo della Conferenza era, con il coinvolgimento e l'approvazione dei cittadini, mettere nero su bianco le riforme di cui ha bisogno l'Europa per sopravvivere e dire la sua nel mondo di domani. E questo ha fatto».

Il Parlamento è pronto ad aprire il cantiere dei Trattati. Cosa ci aspetta adesso?

«Oggi la presidente Metsola formalizzerà la volontà di attivare l'iter di revisione; poi, prima della fine di giugno, dovremmo riuscire a inoltrare le nostre proposte di modifica al Consiglio europeo (dove siedono i capi di Stato e di governo, ndr), che a maggioranza semplice dei suoi membri dovrà decidere se sostenere la richiesta del Parlamento e convocare una Convenzione».

È ottimista? Si riusciranno a vincere le varie opposizioni, visto che alla fine occorre la ratifica di tutti gli Stati Ue?

«Le condizioni ci sono, è un processo che serve a tutti i Ventisette e che ci è stato richiesto chiaramente e con forza dagli stessi cittadini europei, non solo dalla solita cerchia di Bruxelles. Dopo una ventina d'anni, oltretutto, molti Paesi sono tornati a parlare la stessa lingua. Francia e Germania sono impegnate per una seria revisione dei Trattati, e con Mario Draghi anche l'Italia è tornata dopo molto tempo protagonista del dibattito europeo».

L'esperienza passata mette tuttavia in guardia: per riformare i Trattati servono anni.

«È vero, in passato è stato così. Ma stavolta, grazie alla Conferenza sul Futuro dell'Europa, abbiamo già un importante lavoro preparatorio che potrà accelerare il processo».

Ultimo aggiornamento: 10:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA