M5S, l'accordo con il Pd scuote la base. Grillo a Di Maio: «Serve coraggio»

Domenica 13 Ottobre 2019 di Simone Canettieri
M5S, l'accordo con il Pd scuote la base. Grillo a Di Maio: «Serve coraggio»

dal nostro inviato

NAPOLI «Serve coraggio». Beppe Grillo è tornato, chissà con quanta voglia, ma c'è. E rivede a pranzo anche prima e dopo Luigi Di Maio. L'ultimo faccia a faccia tra i due (seppur allargato ad altri big) è storia della crisi estiva: 18 agosto, vertice nella villa del Garante a Marina di Bibbona. Da quel giorno si sono succedute le polemiche a distanza, violentissime, tra i due. Con il comico-politico pronto a togliere, con le cattive maniere, qualsiasi timidezza al vicepremier uscente. A forza di spinte, nel frattempo, è nato questo governo rossogiallo che adesso, qui alla mostra d'Oltremare, fa parlare di tutti di realpolitik.
Altro che raccolta di firme e battaglie identitarie. «In Calabria l'accordo con il Pd passa da una maxi lista-civetta, ma dietro ci sono i soliti potentati: ecco perché scendo in campo», dice la deputata Dalila Nesci, autocandidata e pronta forse allo strappo. Anche lei, in mattinata, riesce a farsi ricevere da Grillo. E gli parla del no dei parlamentari calabresi all'accordo con il Nazareno. Grillo con la testa altrove nell'ultimo periodo la vede e la rincuora. Facendole capire che ormai il «capo è Luigi». Ma insomma, hai fatto bene a dirmelo, cara.

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LA SFILATA
Tutti cercano Beppe. Che in serata scherzerà con il pubblico: «Basta piagnistei sull'alleanza col Pd, sfanculo voi stavolta!». All'hotel Esedra, quartiere generale del gotha pentastellato, sfilano i dissidenti per vari ed eventuali motivi. Carla Ruocco, da sempre molto dura contro la leadership di Di Maio, saluta e abbraccia Beppe. Che poi dietro il palco parlotta a lungo con Nicola Morra, presidente della commissione antimafia, grillino purissimo e criticissimo che dal palco spara cose del tipo: «I veri fetenti più che i Brusca sono i colletti bianchi, i commercialisti che si occupano di malaffare». Anche lui si sfogherà di tutte le cose che non vanno. Ufficio reclami? Tipo.
Poi c'è l'Umbria: Di Maio sa che il ko di Vincenzo Bianconi potrebbe fare più male a lui che a Nicola Zingaretti. «Noi e il Pd confida il ministro degli Esteri a chi lo intercetta dovremmo trasferirci in Umbria fino al 27: tutti i giorni a fare campagna elettorale». Ecco perché nell'aria c'è la richiesta a Beppe di dare una mano, anche a Perugia, magari di farsi vedere per una tappa, per un blitz.
Di Maio durante il pranzo con Davide Casaleggio, Grillo, il ministro Sergio Costa e l'economista Gunter Pauli concorda sulla necessità di spingere su una svolta verde. E anche in questo caso torna il monito del Garante sull'importanza del coraggio che declinata, da parte del capo politico che risiede alla Farnesina, significa anche cedere porzioni di potere, e infatti così sarà. Ci sono una serie di pratiche di piccola burocrazia interna che attendono Di Maio a Roma. Dall'elezione dei capigruppo di Camera e Senato, alla gestione dei focolai interni, tra chi è rimasto fuori dal nuovo governo (e tutti qui tirano le orecchie a Giulia Grillo e Barbara Lezzi) a chi vede nel premier Conte «il capitan futuro del M5S».
«Siete bellissimi», dirà in serata Di Maio completo blu e senza cravatta per rompere il ghiaccio con l'arena della mostra di Oltremare, prima di iniziare a duettare con il presidente del Consiglio. «Alzi la mano chi in questi 10 anni non ha mai discusso a cena con uno zio scettico sul Movimento». E la folla si muove, e sono urla da stadio. «Giggi', mangiatil». Ovvero: Luigi, azzannali.
Ma non si capisce chi dovrebbe finire tra le fauci del ministro degli Esteri: il Pd, Conte, i dissidenti? Nel dubbio funziona di più l'annuncio di una riforma costituzionale della pubblica amministrazione per «eliminare gli enti inutili».
Vasto programma, anche se l'attualità incombe. A partire dal voto del 27 ottobre in Umbria: «Anche Conte ci deve mettere la faccia», ragiona Di Maio da giorni, intimorito dai contraccolpi della sconfitto. Consapevole che se dovesse andar male non è detto che Grillo faccia ancora il pompiere come qui a Napoli. Nel frattempo si dedica alla lettura: L'atto della creazione di Arthur Koestler.

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