Migranti, il nuovo piano Ue: respinto in Paesi terzi chi non ha diritto all’asilo. Sì dell'Italia: «Non saremo il centro europeo dei rifugiati»

Introdotto il principio di un’area Sar europea per i soccorsi effettuati in mare

Giovedì 8 Giugno 2023 di Cristiana Mangani
Patto Migranti, Piantedosi: «Progressi, ma non abbastanza». L'accordo resta difficile

Una trattativa difficile, durata l’intera giornata. E quando tutto sembrava perso, l’accordo si è trovato. Una soluzione in extremis che ha consentito di non arrivare con un nulla di fatto alla fine della legislatura Ue del 2024. Il Consiglio Affari interni che si è tenuto a Lussemburgo, ha approvato i due pacchetti legislativi sulle procedure di frontiera e sulla gestione dell’asilo. Le nuove norme sono destinate a riscrivere i rapporti tra Stati membri, ma anche extra-Ue. Per l’ok definitivo, ora bisognerà aspettare il via libera del Parlamento europeo. «L’Italia ha avuto una posizione di grande responsabilità - ha spiegato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, a conclusione della riunione -.

Riteniamo che sia un giorno in cui parte qualcosa e non solo un giorno di arrivo».

LE NORME 

Le norme vanno a formare il complesso mosaico di provvedimenti di cui si compone il nuovo Patto sulla migrazione. Il nodo finale era trovare un testo soddisfacente sulla definizione dei Paesi terzi sicuri dove sarà possibile inviare i migranti che non ricevono asilo, ed è stato approvato con i voti contrari di Polonia, Ungheria e l’astensione di Malta, Lituania, Slovacchia e Bulgaria. «Abbiamo ottenuto il consenso su tutte le proposte avanzate nel corso del Consiglio – ha chiarito ancora Piantedosi - In primis, abbiamo scongiurato l’ipotesi che l’Italia e tutti gli Stati membri di primo ingresso venissero pagati per mantenere i migranti irregolari nei propri territori. L’Italia non sarà il centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa». In ogni caso, è la considerazione fatta dal ministro: «Questo è un luogo di mediazione e siamo soddisfatti. Abbiamo ottenuto una concreta solidarietà dell’Unione Europea, con meccanismi di compensazione sui ritorni di Dublino, e soprattutto abbiamo rifiutato l’opzione di compensazioni in denaro perché incompatibili con la dignità del nostro Paese e, al contrario, gli impegni finanziari dei Paesi che non faranno solidarietà diretta confluiranno in un fondo, gestito dalla Commissione, per attuare progetti concreti per la cosiddetta dimensione esterna».

Tra i punti concordati: la creazione del nuovo fondo europeo per i Paesi terzi di origine e transito dei flussi, la misura di solidarietà obbligatoria complementare alla relocation, che prevede la compensazione dei “dublinanti”, ovvero di quei profughi che hanno attraversato l’Italia, o altri paesi, e che vengono rispediti indietro perché non hanno titolo per rimanere. In questi casi, ha sottolineato Piantedosi, «è stato definito un quadro giuridico di riferimento per possibili intese con Paesi terzi sicuri, evitando limitazioni che ne avrebbero escluso alcuni». Anche i termini di responsabilità per il primo ingresso nei casi Sar (l’area di soccorso) sono stati ridotti i Paesi. «Per la prima volta - è soddisfatto il ministro - sono considerati sotto la responsabilità dell’Unione europea. Infine, per quanto riguarda le procedure di frontiera, su cui l’Italia, a livello nazionale, ha precorso i tempi europei con le misure introdotte dal Decreto Cutro, siamo riusciti a ottenere la creazione di un sistema efficace di controllo Ue delle frontiere esterne. Oltre a una clausola di revisione del sistema dopo un primo test di sostenibilità e a misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa (anche mediante infrastrutture) delle procedure di frontiera».

Sull’accordo raggiunto si sono espresse positivamente le principali cariche europee. Il ruolo italiano, in quanto paese portante dei Med5, è stata giudicato da molti come l’ago della bilancia di questo Consiglio. Roma si era presentata senza una pregiudiziale «contrarietà», sottolineando, però, di avere la responsabilità di correggere una riforma che sarebbe stata «destinata a fallire nella realtà». E infatti, al momento chiave, a sostenere la posizione espressa da Piantedosi sono stati anche i colleghi di Grecia e Malta, oltre che Austria e Danimarca. Non dunque la classica frattura sud contro nord o nord-est. 

 

I PUNTI CHIAVE

Il punto che maggiormente interessava il nostro governo riguardava la possibilità di espellere in Paesi terzi i migranti che non hanno diritto al soggiorno, senza dover attendere un accordo con i Paesi di origine per rimpatriarli. L’idea è rimasta quella di creare un percorso rapido con regole condivise europee per trattare le domande di asilo che provengono da chi ha un basso grado di accettazione, sotto il 20%, e di istituire una certa quota secondo la quale ognuno dei 27 sarà obbligato ad applicare la procedura accelerata, con più controlli e responsabilità. Contemporaneamente, i Paesi dovranno impegnarsi a un certo numero di ricollocamenti obbligatori da effettuare ogni anno, o con trasferimenti veri e propri o con contributi finanziari (20mila euro a migrante). La cosiddetta «solidarietà flessibile», per andare incontro a chi, dal fronte sud, è in prima linea. 

 

Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 11:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA