Una «pressione insostenibile». Figlia di una «congiuntura internazionale difficilissima». E dunque l’Italia «non può più aspettare». Giorgia Meloni chiama Bruxelles. La premier appare in video nel tardo pomeriggio e annuncia «misure straordinarie» nel Consiglio dei ministri di lunedì per fronteggiare l’emergenza degli sbarchi. È una stretta inedita. Concordata in mattinata in una riunione con i ministri che hanno in mano il dossier migranti: presenti Guido Crosetto, Matteo Piantedosi, con loro il sottosegretario Alfredo Mantovano.
Una richiesta e un monito. A Palazzo Chigi sono convinti che l’impennata improvvisa di partenze dalle coste tunisine non sia casuale. Kais Saied, il presidente del Paese magrebino, ha lanciato un guanto di sfida a Bruxelles. Perché? I fondi promessi dall’Ue, circa 250 milioni di euro, non sono mai arrivati a Tunisi. Riprende Meloni: «Il governo ha lavorato coinvolgendo l’Ue in un accordo di collaborazione con la Tunisia che prevede il contrasto ai flussi irregolari da una parte e il sostegno all’economia tunisina dall’altra. Purtroppo però mentre l’Italia e una parte dell’Europa lavoravano in questa direzione un’altra parte si muoveva nella direzione opposta». Sospetti che covano da giorni a Palazzo Chigi. E hanno nel mirino i Socialisti europei che chiedono a gran voce di troncare l’accordo con “l’autocrate” Saied. Sono loro le «forze politiche e influenti realtà» contro cui si scaglia Meloni. Irritata dal «quotidiano tentativo di sostenere che la Tunisia sarebbe un regime oppressivo con cui non si possono fare accordi di dichiarare che non sarebbe un porto sicuro». Uno stallo voluto, ne è convinto il cerchio vicino alla premier, che deve ora interrompersi con l’aiuto di “Ursula”, «la presidente è sempre stata collaborativa e io non dubito che lo sarà anche stavolta». L’irritazione con l’Ue è palpabile. Scorre a fiumi dalla lettera inviata da Meloni a Charles Michel, presidente del Consiglio europeo. «Avevamo concordato con gli altri Leader delle misure specifiche e concrete in materia di politica migratoria - incalza la premier - ad oggi i seguiti assicurati a quelle decisioni debbono ritenersi ampiamente insoddisfacenti». Ribadisce il messaggio in una telefonata con la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola.
LA STRETTA
Ci vorrà tempo, per risolvere il rebus tunisino. Troppo, «non possiamo più aspettare», avvisa Meloni. Di qui la stretta sull’accoglienza nel Cdm di lunedì, chiesta a gran voce dalla Lega e da Matteo Salvini. La timoniera di Fratelli d’Italia mette la firma politica sulla linea dura, a scanso di equivoci. Due le novità. La permanenza fino a un anno e mezzo dei migranti illegali nei Cpr, «non c’è altro modo di procedere». Anche se il giro di vite non riguarderà i richiedenti asilo, «per i quali oggi il termine massimo è già di 12 mesi e non sarà modificato». La seconda novità passa per il ministero della Difesa di Crosetto. Che avrà la missione di costruire centri per ospitare la marea umana di migranti approdati sulle coste italiane. Strutture agili, tende e tendoni già in costruzione a Lampedusa. «Daremo mandato di realizzare queste strutture in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili», spiega Meloni. La via diplomatica, il “Piano Mattei” per collaborare con i Paesi africani proseguiranno, mette a verbale la leader con un messaggio anche ad uso interno: «Ci vorrà tempo, lavoro, pazienza, ma non abbiamo cambiato idea».