Conte e l'ostacolo Mes: dalla Ue prima gli altri aiuti

Venerdì 19 Giugno 2020 di Alberto Gentili
Conte e l'ostacolo Mes: dalla Ue prima gli altri aiuti

ROMA L'utilizzo del Fondo salva Stati (Mes), con i suoi 36 miliardi per le spese sanitarie dirette e indirette, è sempre più un incubo per Giuseppe Conte. La prova: per tutta la giornata, dopo la riunione di fine mattina al Quirinale tra il premier e il presidente Sergio Mattarella e dopo che qualche agenzia ha attribuito al capo dello Stato l'invito a «dare risposte concrete e rapide per l'utilizzo dei fondi europei», sia il Colle che palazzo Chigi si sono spesi per far sapere che «non c'è stato alcun monito di Mattarella.

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Anzi, è stato Conte a dire, trovando ovviamente d'accordo il Presidente, che sarà impegno del governo spendere rapidamente i fondi europei» per la ricostruzione che arriveranno da Bruxelles. Questo perché sarebbe stato dirompente per il governo, messo in stallo del no dei 5Stelle, dover ingoiare anche l'invito del capo dello Stato a utilizzare il Mes.

Nella riunione, cui hanno partecipato i ministri Roberto Gualtieri (Economia), Luigi Di Maio (Esteri), Enzo Amendola (Affari europei), il sottosegretario Riccardo Fraccaro e il consigliere diplomatico Pietro Benassi, invece non è stato fatto alcun accenno al Fondo salva Stati. Su questo tutti concordano. «Anche perché se non chiudiamo prima l'accordo sul recovery fund e non vediamo com'è la curva degli investimenti, non si può prendere alcuna decisione», dice una fonte che lavora al dossier, «e poi l'incontro serviva per fare il punto del negoziato europeo in vista del Consiglio europeo di domani (oggi, ndr.) e in questo negoziato il Mes non c'entra nulla».

LE SPIEGAZIONI DEL PREMIER
La riunione si è aperta con Mattarella che ha chiesto a Conte informazioni sull'andamento della trattativa europea. E il premier ha spiegato che oggi - in attesa di definire i dettagli nel prossimo bilancio dell'Unione - il vertice in videoconferenza dei Ventisette sarà poco più di un giro di ricognizione delle varie posizioni già note. Dove il gruppo guidato da Francia e Italia e composto anche da Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Belgio, Slovenia, con l'appoggio della Germania, ribadirà che la proposta della Commissione europea sul recovery fund da 750 miliardi «è buona» e «va difesa».

E dove Conte sosterrà che non va toccato il cocktail proposto da Ursula von der Leyen: 500 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti. Ricordando ai Paesi frugali del Nord Europa che i sussidi non sono soldi gratis per chi li riceverà (all'Italia spetterebbero 172 miliardi, di cui 80 a fondo perduto), in quanto verranno dal bilancio europeo cui «ogni Stato membro partecipa pro-quota». Come dire: ci riprendiamo in parte i fondi che versiamo. E ribadirà che sostenere chi è stato più colpito dalla pandemia conviene a tutti, perché se qualche Paese dovesse soccombere, a pagare il prezzo «della caduta recessiva sarebbe il mercato unico». Dunque, l'intera Europa.

Il passaggio più importante del discorso di oggi del premier, forte della settimana trascorsa a scrivere a Villa Pamphili il master plan per la ricostruzione, sarà spiegare che «l'Italia intende fare le riforme per rendere più moderno e competitivo il Paese». E che vuole farlo «non perché ce lo chiede Bruxelles, ma perché ce lo chiedono i cittadini italiani. Per questo intendiamo spendere presto e bene i fondi europei e per la stessa ragione sto già consultando le parti sociali per un piano di rilancio importante».

Non mancherà un passaggio sul front loading, vale a dire l'anticipo a quest'anno di una parte degli aiuti comunitari previsti per il 2021.

La richiesta di Conte punterà a ottenere che almeno 12-13 miliardi vengano versati entro novembre-dicembre. E qui si torna al punto di partenza, ai 36 miliardi del Mes che sono già a disposizione e che comporterebbero un risparmio di 7 miliardi di spese per interessi. Ma sul quale c'è il veto M5S. Per la verità sempre più debole.

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