Meloni, vertice centrodestra: verso intesa su presidenti delle Camere

La priorità sarà l'accordo sulla presidenza delle Camere, ma il puzzle dei ministri resta complicato a una settimana dalle consultazioni

Mercoledì 12 Ottobre 2022 di Fausto Caruso
Meloni, oggi vertice del centrodestra. Giorgetti all'Economia e un ministero per Ronzulli: di cosa si parlerà

Sulle presidenze delle Camere «stiamo lavorando» ha dichiarato ieri sera la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, aggiungendo di «non vedere particolari tensioni» con gli alleati. Sarà, ma il fatto che a 36 ore dalla prima riunione del nuovo parlamento la premier in pectore abbia dovuto utilizzare una forma progressiva indica che nella coalizione di maggioranza le divergenze non mancano. Oggi ci sarà un nuovo vertice tra i tre leader, annunciato sempre ieri sera dalla stessa Meloni, l’ultima occasione per evitare di arrivare in aula senza sapere chi occuperà la seconda e la terza carica dello Stato. Capitolo a parte, ma connesso dal risiko di poltrone, quello che riguarda i ministri.

Dopo giorni di telefonate e comunicati indiretti un incontro di persona sembra l’unico modo per appianare le troppe divergenze che ancora ci sono.

Le Camere

La questione più urgente sul tavolo sarà blindare i nomi dei nuovi presidenti di Camera e Senato, che andranno votati tra giovedì e venerdì. Lo schema sembra definito. Meloni reclama per sé lo scranno più alto di Palazzo Madama, dove dovrebbe sedere il fedelissimo Ignazio la Russa. L’altra poltrona finirebbe nella quota degli alleati: il favorito per succedere a Roberto Fico come presidente della Camera è il leghista Riccardo Molinari. Tutto risolto? Non proprio, perché dal Carroccio non hanno ancora rinunciato alla candidatura di Roberto Calderoli per la presidenza del Senato. Il confronto si annuncia duro su questo punto e se alla fine la Lega instesse si scombinerebbe l’intero schema ipotizzato finora, perché a quel punto sarebbe Forza Italia a reclamare la presidenza di Montecitorio: il nome più indicato sarebbe quello di Antonio Tajani, che però sembra diretto verso la poltrona, a lui molto più gradita, di ministro degli Esteri. Il coordinatore nazionale di Forza Italia alla Farnesina rappresenta una delle poche (quasi) certezze della nuova squadra di governo che Meloni vorrebbe evitare di scombinare.

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I nodi Ronzulli e Giorgetti

Chiarire le presidenze della Camere sarà fondamentale proprio per cominciare a sistemare anche il puzzle dei ministeri. Nel confronto di oggi i toni più accessi riguarderanno i dicasteri di peso. Al di là dell’ottimismo di facciata, Giorgia è irritata per essersi trovata in mezzo ai diktat e ai veti alleati, quelli che secondo Silvio Berlusconi in una coalizione «non dovrebbero esistere». Eppure è proprio su una fedelissima del Cav che è nato una degli stalli che oggi andranno superati. Berlusconi,che ieri ha riunito i suoi a Villa Grande dove poi ha incontrato anche Salvini, spinge perché Licia Ronzulli abbia un ruolo nel nuovo esecutivo: per lei avrebbe chiesto addirittura il ministero della Salute, ricevendo un no secco della leader di FdI. Se proprio la volontà del presidente di Forza Italia sarà inamovibile un posto per Ronzulli nell’esecutivo si troverà, magari al Turismo, ma non il dicastero di peso a cui puntano gli azzurri. A questo si aggiungono le altre richieste fatte filtrare ieri dall’entourage di Berlusconi, che includerebbero il ministero dello Sviluppo Economico, che ha la delega alle tv, e quello della Giustizia per cambiare la legge Severino (quella che causò la decadenza di Berlusconi da senatore nel 2013). Pretese forse eccessive con cui Meloni dovrà cercare di mediare. 

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L’altra punto caldo andrà discusso con Matteo Salvini. Ieri è spuntata l’ipotesi di assegnare alla Lega il ministero dell’Economia. «Sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio» hanno risposto da via Bellerio. Avere presidenza della Camera e Mef sarebbe un bottino politico enorme per un partito al 9%, ma la questione è più complicata del previsto. Per il dicastero delle Finanze sarebbe stata la stessa Meloni a fare il nome di Giancarlo Giorgetti, il leghista più stimato da alleati e avversari, ma non dai leghisti stessi. Per Salvini avere una sorta di rivale interno come Giorgetti all’Economia sarebbe uno smacco duro da mandare giù. La risposta è stata che il ministro dello Sviluppo Economico uscente conterebbe come un tecnico in quota FdI, formula che permetterebbe al Carroccio di continuare a reclamare altri ministeri di peso come gli Interni, a cui però sembra ben diretto l’ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi, senza dimenticare Infrastrutture e Agricoltura.

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Una lunga sfilza di ma, forse e però che a 24 ore dalla prima seduta del parlamento comincia a pesare su una maggioranza che rischia di dimenticare fin troppo presto il trionfo delle urne. La quadra va trovata il prima possibile per non rischiare di allungare i tempi delle consultazioni il cui inizio è previsto per il 19-20 ottobre. Il confronto di oggi potrà essere aspro, ma per il destino del nuovo governo è vitale che sia decisivo.

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