Giorgia Meloni, la prima donna premier (senza quote rosa): così ha infranto il «tetto di cristallo»

La sua stella polare è il merito, non il femminismo. Imponendosi su Salvini e Berlusconi ha compiuto una rivoluzione anti ideologica

Venerdì 21 Ottobre 2022 di Mario Ajello
Giorgia Meloni, prima premier donna storia italiana: dall'esordio in Provincia di Roma a Palazzo Chigi. Chi è

«Sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana». E adesso Meloni può aggiungere: «Sono una premier». Lei mai direbbe una presidentessa o peggio (orrore) una presidenta, o una capa del governo o altre definizioni femminilizzate come si usa nel politicamente corretto più andante e fintamente progressista. 
 

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Giorgia Meloni, il profilo

Lei che non occulta la propria femminilità e che porta per la prima volta il femminile ai vertici del potere repubblicano si sente leggera rispetto al bagaglio del femminismo e non ama la retorica delle quote rosa. 
«Sono per il merito - diceva ancora l’altro giorno agli amici - e non capisco le donne del Pd tutte contente perché il capo ha deciso che due di loro possono fare, anzi rifare, le capogruppo.

Tu non devi andare al potere perché lo ha stabilito un uomo, ma perché sei la migliore». In Fratelli d’Italia è andata così, e proprio in un partito che ha il maschile (fratelli appunto) nella sua dicitura, e così è andata anche nella coalizione di centrodestra in cui Berlusconi e Salvini si sono sempre sentiti maschi alfa ma lei, il cui primo capitolo dell’autobiografia «Io sono Giorgia» s’intitola «Piccole donne», tra il «decido io perché ho vinto», il «non sono ricattabile» e il «vado di fretta e non mi faccio distrarre» (dai tentativi degli altri di imbrigliarla o di minimizzarne la leadership) si è imposta sui due colleghi e l’immagine dei tre fuori dallo studio quirinalizio Alla Vetrata ha fatto davvero l’impressione di un cambio d’epoca. Di una rivoluzione non gridata e non ideologicamente condotta ma reale e che può valere non solo per la politica ma anche per tutto il resto della società: lei che si è rivelata più brava e gli altri due leader che appaiono spaesati intorno a Giorgia. 
 

 

Il bello dell’Italia è che accade l’avvento del potere femminile, e avviene a destra e non a sinistra dove gli slogan della parità e gli sbandieramenti dell’orgoglio di genere si sono sempre risolti nella cooptazione delle donne da parte degli uomini nei posti che contano. La mano che a un certo punto Berlusconi ieri ha messo sulla spalla di Giorgia e la tendenza del Cav a volerla abbracciare sono apparse a tutti i presenti sul Colle non il tocco dell’anziano patriarca sulla «ragazzina» per accompagnarne la premiership ma una sorta di resa imbarazzata, e apparentemente carezzevole, rispetto a un cambiamento storico. Che è quello dell’affermazione di una donna al massimo livello, conseguita con una tenacia e una forza non comuni e un coraggio molto femminile. Comprensivo della capacità di appartarsi - questo ha fatto Meloni negli ultimi giorni - nel silenzio della propria concentrazione, del non dare adito a gossip sulla lista dei ministri, del non farsi condizionare, dell’andare dritta al risultato. Da donna pratica. Da leader che ha la consapevolezza della forza delle donne per cambiare le gerarchie, nella politica e nella società, ma non ne fa un manifesto ideologico o una crociata (alle Crociate erano tutti uomini) e riesce, ecco la sensibilità femminile, a tenere separati ma non slegati il pubblico e il privato. 


E infatti Meloni ha formato il governo anche stando nella sua casa a Mostacciano con la figlia Ginevra, detta Gigì, e dopo la nottata della vittoria elettorale si è dedicata a se stessa facendo ginnastica e dicendo: «Sono ingrassata 4 chili e devo perderli». E che cosa dire della sensibilità, da mamma, per cui per la morte del giovane figlio di una persona a lei cara le ha scritto pubblicamente l’altroieri: «Cammineremo con te nell’inferno»?


LA CORAZZA
Ha fatto la donna corazza, anzi la donna coriacea, di fronte alle pretese di Salvini e Berlusconi sui posti al governo e ha vinto lei. Dice di non volersi ispirare a nessun modello di leadership femminile (né alla Le Pen che ha già scaricato da tempo, né alla Thatcher, né alla Marin che è socialista, né alla Truss perché non è durata niente e non parliamo di Evita perché non è certo il suo genere) ed è bene fare così. Non crede nella solidarietà femminile perché i migliori sono migliori a prescindere dal sesso («Però la solidarietà tra mamme deve esistere ed esiste, e le nostre politiche saranno assolutamente in favore delle famiglie», al punto di aver istituito il Ministero della natalità, ma che è anche quello delle Pari Opportunità) e non le piace neppure, però, il fatto che le donne «tendono a competere tra di loro, come se giocassero in un campionato di Serie B». Non è comunque un trofeo quello della prima donna italiana che diventa premier. Dovrebbe essere viceversa un ingrediente, pratico e non propagandistico, della nuova modernità italiana. Quella per cui una donna premier - che ha una madre molto presente e una sorella molto attiva la quale assicura: «Non è vero affatto che Giorgia è contro l’aborto» - farà salti mortali, come tante donne normali, per stare con la figlia e per conciliare il lavoro e l’impegno di madre. La prima donna a infrangere il cosiddetto «tetto di cristallo» dunque è Meloni. E non resta che chiedersi. La sua sarà una premiership che imita le modalità maschili? O piuttosto che ignora e che supera la categoria del maschile e del femminile? La seconda che hai detto, ma fino a un certo punto.

Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 00:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA