Doveva essere un saluto, uno scambio di cortesia tra le pieghe di un’agenda tutta incentrata sulla partita per Expo 2030. È diventato un vertice.
Il piatto forte del tavolo Meloni-Macron, fanno sapere da Roma, sarà ancora la crisi migratoria e il nodo dei rimpatri decisi dal nuovo patto europeo. Il pomo della discordia che in questi otto mesi ha diviso i cugini d’Oltralpe. Fari accesi sulla Tunisia, il Paese nordafricano nell’occhio del ciclone tra traffici illegali di migranti e il rischio di un collasso finanziario che il governo italiano da mesi cerca di scongiurare chiedendo al Fondo monetario internazionale di sbloccare un prestito da 1,9 miliardi di euro. A Parigi il default tunisino ora fa paura. Non a caso, forse anche per frenare l’attivismo italiano, il governo francese si è mosso inviando dal presidente tunisino Kais Saied, alla vigilia del bilaterale con Meloni, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin accompagnato dall’omologa tedesca Nancy Faeser. Si allarga dunque il fronte europeo per salvare Tunisi dalla bancarotta e qui si registra una prima convergenza tra Italia e Francia, decise a chiedere al Consiglio europeo di mettere in campo i prestiti - 900 milioni di euro - promessi dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen nella sua recente visita da Saied insieme a Meloni e il premier olandese Mark Rutte. In queste settimane Macron è tornato particolarmente attivo sul fronte migratorio: giovedì e venerdì ospiterà a Parigi un summit per un nuovo patto finanziario finanziario internazionale dove sono attesi diversi capi di Stato e di governo africani, incluso Saied.
Il disgelo
Dal bilaterale all’Eliseo però Meloni si attende un segnale dal presidente francese anche su un’altra partita che vede Italia e Francia allineate e cioè la riforma del Patto di Stabilità europeo. Nella battaglia a Bruxelles per richiedere flessibilità nella definizione dei nuovi vincoli Ue al deficit e il debito degli Stati membri Macron e Meloni si trovano nella stessa trincea, entrambi a favore dello scorporo dal calcolo del debito degli investimenti nel digitale e nella transizione ecologica, due pilastri del Pnrr italiano. Le convergenze possibili insomma non mancano. Fra queste il sostegno militare alla resistenza ucraina - cementato dall’invio del sistema missilistico italo-francese Samp-T - anche se entrambi i Paesi restano scettici sul percorso di adesione di Kiev alla Nato.
Più difficile trovare spazio, nei trenta minuti all’Eliseo, per gli altri dossier bilaterali sospesi tra Roma e Parigi, dalle frizioni sulla Tav a partite industriali come Tim-Vivendi. Ma il vis-a-vis parigino serve intanto a lanciare un segnale. Dopo la photo-opportunity al G7 di Hiroshima e la visita di Sergio Mattarella a inizio giugno, Meloni e Macron danno ufficialmente il via al disgelo. O almeno ci provano.