Meloni adesso ha fretta: «Stop al governo Draghi. Pronta ad andare a Palazzo Chigi, ma non a ogni costo»

La leader di FdI supera la Lega e si rivolge agli alleati: «Va ancora sostenuto l’esecutivo?»

Martedì 14 Giugno 2022 di Mario Ajello
Meloni adesso ha fretta: «Stop al governo Draghi. Pronta ad andare a Palazzo Chigi, ma non a ogni costo»

Raggiante. Ma cerca di non farsi trascinare dalla gioia. Ecco Giorgia la vincitrice. E appare in pubblico dopo quasi un’intera giornata in cui il bollettino del successo di FdI, primo partito italiano e di gran lunga più forte dell’alleato-rivale salviniano, comincia a scandirsi con queste cifre che cambiano e si modificano ma la realtà del sorpasso è clamorosa: 18,8 per cento all’Aquila, con la Lega al 12,5 e Forza Italia al 5,4; 11,3 a Verona (la Lega al 6,3 e FI al 4); 6,9 a Genova e Carroccio al 4,6 (FI 2,6); a Parma 6,9 e salvinisti al 4,6 e berlusconiani al 2); a Palermo il 9,3, con la Lega al 5, 1 (e FI all’11).

Per non dire del profondo Nord dove Fratelli d’Italia irrompe e sconquassa la terra leghista: a Monza il 14,9 contro l’8,5 del Carroccio; a Padova 11,6 contro 6,1; a Belluno 14,2 contro 9,5; e via così con Lodi, Alessandria e con tutto quel nord-est e nord-ovest che parla ormai la lingua di Giorgia. Ne è consapevolissima e perciò evita eccessi di gloria: «C’è chi dice che chi vince queste elezioni amministrative vince le prossime politiche. Io non so se è così...». Ma si sente mezzo biglietto d’ingresso a Palazzo Chigi nella tasca, pur capendo che nei pochi mesi che mancano al fatal appuntamento del voto politico può accadere di tutto. 

Meloni: «Fossi Salvini e Berlusconi lascerei governo, M5s non esiste più»

E comunque: «Grande affermazione del centrodestra in questa tornata amministrativa». Ma anche, o soprattutto, «molti sindaci di FdI rieletti al primo turno. Biondi all’Aquila, Tomasi a Pistoia, Sinibaldi, che era uscente come vicesindaco, a Rieti. Che cosa significano questi e tanti altri successi del nostro partito? Che non è vero il racconto che sento fare, secondo cui FdI non avrebbe classe dirigente. Ce l’ha eccome!». La vittoria all’Aquila è particolarmente inebriante per lei. E anche Crosetto, il gigante di Giorgia, ci mette del suo: «Vorremmo che l’energia di Fratelli d’Italia servisse all’Aquila per diventare di nuovo un punto di eccellenza e rivivere al 200 per cento quello che viveva prima del sisma». 

LE MOSSE
Proprio perché ha vinto, la Meloni si muove già da leader dell’intera coalizione: «Sono disposta ad andare al governo solo se ci sono le convinzioni, non a ogni costo. Siamo pronti a governare se gli italiani ci daranno questa occasione». E ancora: «Vedo che è iniziata la storia della scarsa affidabilità di FdI. Agitare l’uomo nero non funziona più». Si sente forte e legittimata ma sa che da sola non basta. L’importante, per la Meloni, è che il centrodestra sia unito. E questo è il problema. «Mi pare che con queste elezioni - incalza nella conferenza stampa a via della Scrofa, sede del partito - ci sia il ritorno a un sano bipolarismo dell’alternanza. Il centrodestra non deve essere ondivago, deve avere una posizione chiara. Quando accaduto dovrebbe far definitivamente dissuadere chi ancora nel centrodestra continua a ragionare di sistema proporzionale...». Ovvero: Salvini e Berlusconi non provate a fermarmi passando al proporzionale per inciuciare con il centrosinistra.

Non è affatto sicura Giorgia (convinta che «noi dobbiamo continuare a difendere maggioritario e sistema bipolare») che Silvio e Matteo vogliano continuare a stare con lei che ormai li sopravanza. Infatti FdI tornerà a chiedere nei prossimi giorni agli alleati la firma del cosiddetto patto anti-inciucio e loro continueranno a negarglielo. Non solo. «A Palermo si è vinto perché noi abbiamo ritirato la nostra candidata sindaco, sapendo che Lagalla era il più competitivo»: e in base a questo principio vuole che i partner del centrodestra il via libera a Musumeci come candidato presidente regionale in quanto il più attrezzato a vincere. Ma arrivano subito le docce fredde: Berlusconi non ci pensa proprio, Miccichè spara su Musumeci e Salvini sostiene, in maniera fredda se non liquidatoria, che «in Sicilia va trovato qualcuno che unisca». Ovvero non Musumeci, evidentemente. E la Meloni non ci sta, incalza, non arretra: «Noi non diamo aut aut, ma neanche gli altri devono darne». 
 

Dunque non si annunciano affatto tranquilli i prossimi passaggi nel centrodestra. Il modo di Giorgia di incassare la vittoria è mettere il dito nella piaga di Salvini (doppiato nei voti di lista) e anche di Berlusconi (quadruplicato e quintuplicato nei consensi di partito). E rivolge loro un discorso molto netto: «Questo voto ci interroga, lo dico agli alleati, se bisogna sostenere Draghi e questo Parlamento». Poi indurisce: «Se fossi in Salvini e Berlusconi lascerei l’esecutivo». Il primo dei due risponde piccato: «Lasciare il governo? Non confondiamo i problemi». 
Giorgia è convinta che a confondere gli italiani, spezzando in due il centrodestra tra governo e opposizione, siano i suoi partner. E fa della parola «chiarezza» - quella che lei pretende da loro, ossia nessun cedimento a schemi estranei al bipolarismo come quello in corso nell’attuale maggioranza - il suo leit-motive della giornata.

 

COME WINNIE
Ma intanto c’è ancora da godersi in pieno il successo. A L’Aquila FdI conferma il rapporto speciale con l’Abruzzo, sfiorando il 20 per cento, primo partito della città, e staccando di oltre sei punti gli uomini di Salvini. Stesso copione, più o meno, dappertutto. E sono lontani i tempi in cui FdI, a Verona, collezionava appena il 2,7 per cento, quattro volte meno della lista leghista. Ora è 11,3 a 6,3. E a Alessandria? 15 a 10. Con numeri che durante la notte cambiano un po’ ma dicono sempre la stessa cosa: il sorpassone. Ed è psicodramma da una parte (in via Bellerio) e festa dall’altra (in via della Scrofa). Con tanto di foto di Giorgia su Fb in posa da Churchill che sorridendo fa il segno di vittoria con le dita. Lo stesso Winnie diceva però che «i problemi della vittoria sono più dolci ma spesso non meno difficili di quelli della sconfitta». Giorgia se n’è accorta subito.

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