Meloni-Berlusconi, gelo dopo le parole su Zelensky: il sospetto di una “strategia” e la fiducia in Tajani

Dopo l'ennesimo scivolone del leader forzista, c'è chi comincia a sospettare che si tratti di una vera e propria strategia

Lunedì 13 Febbraio 2023 di Andrea Bulleri
Meloni-Berlusconi, gelo dopo le parole su Zelensky: il sospetto di una strategia e la fiducia in Tajani

Il grande freddo. Servirà più di un comunicato ufficiale da parte di Forza Italia per far tornare il sereno tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni.

Perché per il premier quello di ieri è l'ennesimo scivolone del leader forzista, l'ultimo di una lunga serie. E c'è chi, tra gli uomini più vicini a Meloni, comincia a sospettare che, più che di una frase dal sen fuggita, si tratti di una vera e propria strategia, orchestrata per mettere il capo del governo in difficoltà. 

Perché l'affondo del Cavaliere arriva in un momento delicato, pochi giorni dopo l'incontro a Bruxelles con Zelensky, la polemica sul messaggio del leader ucraino a Sanremo, e soprattutto a ridosso dell'annunciato viaggio di Meloni a Kiev, nell'aria ormai da settimane. Non era proprio il momento, insomma, per mettere in dubbio la linea convintamente atlantista dell'esecutivo rivendicata da FdI fin dalla campagna elettorale.

 

Meloni-Berlusconi, è gelo

Ecco perché, per Meloni, non basta affermare - come fa in serata Forza Italia - che «il sostegno del presidente Berlusconi in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio», se poi le parole dell'ex presidente del Consiglio suonano come un attacco a Zelensky (quel «signore» che lui, Berlusconi, se fosse stato premier non avrebbe incontrato, ha dichiarato ieri il Cav). 

Anche per questo monta la convinzione, tra i meloniani, che all'alleato forzista vada chiesto un «chiarimento». «Non basta dirsi pro-Ucraina se poi a ogni occasione si mette in discussione il leader del Paese attaccato», il senso del ragionamento che fa montare l'irritazione dentro FdI. Per quanto - Meloni lo ha ribadito - per il governo contano i fatti, più delle parole. A cominciare dai voti in Parlamento, sempre compatti da parte della maggioranza quando si è trattato di schierarsi dalla parte di Kiev: «Il sostegno all’Ucraina da parte del governo italiano è saldo e convinto - recita la nota di Palazzo Chigi diffusa poco dopo l'uscita del Cav - come chiaramente previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza».

La fiducia in Tajani

Non solo. Meloni sa di poter contare sul proprio ministro degli Esteri e vicepremier, il forzista Antonio Tajani. L'uomo al quale anche il Ppe nei mesi scorsi ha più volte rinnovato la propria totale fiducia, dopo le precedenti uscite rumorose di Berlusconi. «Forza Italia - è intervenuto ieri sera Tajani a smorzare i toni - è da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della Nato e dell’Occidente». È con Tajani che Meloni ha un filo diretto, per ciò che riguarda Forza Italia. E il premier sa di poter contare anche sui gruppi forzisti in Parlamento, per quanto riguarda la piena adesione alla linea atlantista. Da Berlusconi, invece, il premier si aspetta una retromarcia, quantomeno nei toni. A quel punto, superata l'onda delle le polemiche, il rapporto tra i due si potrà ricucire. Almeno formalmente. 

 

Ultimo aggiornamento: 18:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA