Meloni e l'abuso d'ufficio, assist del premier ai sindaci: «Si cambia, la paura della firma inchioda la nazione»

Sì alla riforma delle autonomie: «Ma senza disparità tra cittadini»

Venerdì 25 Novembre 2022 di Claudia Guasco, inviata a Bergamo
Meloni e l'abuso d'ufficio, assist del premier ai sindaci: «Si cambia, la paura della firma inchioda la nazione»

Gli errori, per chi fa il sindaco, sono sempre dietro l’angolo e la paura di sbagliare a volte paralizza. «Ricordo un episodio di don Camillo e Peppone. A un certo punto gli abitanti del paese dicono a Peppone: “Voi siete il sindaco e dovete andare a vedere cosa succede, però se avete paura è un altra cosa”. Ecco, se qualcuno ha paura di fare il sindaco è meglio che faccia un altro mestiere», sintetizza con una battuta il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ad ascoltarla, all’assemblea dell’Anci, ci sono i primi cittadini arrivati da ogni parte d’Italia, più di 8.000 nella tre giorni di Bergamo. Problemi diversi, ma oneri pesanti per tutti. «Penso che sia arrivato il momento di affrontare il tema della responsabilità degli amministratori locali. A cominciare dall’abuso d’ufficio», annuncia il premier.

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NORME ELASTICHE

Il governo sta lavorando a una modifica di alcuni reati contro la pubblica amministrazione, per «definire meglio norme il cui perimetro è oggi così elastico da prestarsi a interpretazioni che sono troppo discrezionali e arbitrarie».

In un sistema «intriso di vincoli burocratici, afflitto da ipertrofia amministrativa, i sindaci sono troppo spesso chiamati a interpretazioni che rendono rischiose le loro scelte». Risultato: «La paura della firma». Il timore di finire indagato può indurre il primo cittadino a rimettere la penna nel cassetto. Ed è così che il motore si inceppa. «Un amministratore oggi - sottolinea il premier - non sa se il suo comportamento verrà domani giudicato come criminoso». Eppure le statistiche dicono che il 93% delle contestazioni di abuso d’ufficio si risolve con assoluzioni o archiviazioni. «Nel frattempo, dall’avviso di garanzia all’archiviazione, passano anni, reputazioni e famiglie vengono distrutte, perché per una persona perbene ovviamente il processo è già una pena». Applausi dalla platea, parecchi probabilmente rivedono un pezzo della propria vita.

«Peggio ancora - insiste Giorgia Meloni - non possiamo arrenderci alla paura della firma, perché inchioda una nazione che invece ha un bisogno disperato di correre e di liberare le sue energie». E allora ecco che «bisogna mettere sindaci e amministratori locali in condizione di potere firmare serenamente, con questo non si pretendono immunità funzionali, non si reclama impunità ma si chiedono regole certe per sapere quale sia il perimetro della legalità entro cui muoversi». Ciò significa, avverte il premier, «non salvaguardare i furbi ma tutelare gli onesti che vogliono fare bene il loro dovere e dare risposte ai cittadini». La strada per la riforma è stata intrapresa, come ha confermato due giorni alla stessa assemblea il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «Abuso d’ufficio? Dobbiamo liberare gli amministratori pubblici da questo spauracchio. Bisogna intervenire sull’articolo 323, è un reato inutile, anzi dannoso. Non tutto deve essere sanzionato dal processo penale».

 

L’AUTONOMIA

Per il presidente del Consiglio tutelare i sindaci è un dovere, «sono un avamposto di umanità, hanno salvato la faccia delle istituzioni italiane nel rapporto con i cittadini e svolgono il lavoro più difficile nell’ambito istituzionale, senza pause e molto spesso con strumenti insufficienti per dare risposte efficaci». Hanno affrontato una pandemia, ora la crisi economica e la sfida del Pnrr. «Nel passaggio tra assegnazione e utilizzazione delle risorse ovviamente come era inevitabile emergono tutti i problemi di sistema di regole rigide, frammentate e complesse. I ritardi dei cantieri saranno inevitabili. Dobbiamo verificare con l’Ue le misure più idonee ad aggiornare il Pnrr». Altra questione, ineludibile a casa dei sindaci, è l’autonomia. «Sgombro il campo da equivoci: agiremo nel solco della Costituzione - detta la linea il premier - Vogliamo dare vita a una nuova stagione di riforme ma in un quadro di coesione nazionale. La maggiore autonomia che ciascuna Regione potrà chiedere avrà come unico obiettivo quello di non creare disparità fra cittadini e soprattutto consentire alle Regioni che già oggi sono indietro di realizzare le riforme, le infrastrutture necessarie per migliorare l’efficienza e la qualità dei loro servizi». Il tema però è divisivo. Per il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ci sono ambiti - come l’energia e l’istruzione - «sui quali è antistorico e irrealistico che ogni Regione agisca in maniera indipendente e addirittura la dimensione nazionale ormai è troppo piccola». Per il collega di Ferrara, Alan Fabbri, «serve maggiore equità: l’Emilia-Romagna è seconda, dopo la Lombardia, per residuo fiscale». Ogni anno «sono quasi 19 i miliardi di euro prelevati dai nostri territori e non restituiti alla nostra regione. Confido nella riforma».

Ultimo aggiornamento: 12:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA