«Non parlo di politica».
Salvini e Di Maio al Colle con Francesca Verdini e Virginia Saba: e tra le fidanzate scatta la presentazione ufficiale
IL FUTURO
Nel Grande Boh del 2 giugno, nessuno sa che cosa accadrà nelle prossime settimane, ma nessuno è pronto a scommettere sulla durata dell'esecutivo e della legislatura. Bonafede: «Combattiamo». La Bongiorno: «Ma abbiano fatto tante belle cose, perché non continuare?». Perché tutto sta precipitando, e mentre passa Roberto Fico nelle aiuole e qualcuno ironizza: «Starà preparando il curriculum con su scritto già presidente della Camera». Salvini ha l'aria di chi non s'appassiona al tema elezioni e guardando la sfilza di sottosegretari grillini sul prato ironizza: «Ma sono bravi ragazzi....». Uno di loro, il pasdaran grillino Manlio Di Stefano, rivolto a Fico mentre sono circondati da anziani dignitari della Repubblica, vecchi burocrati ed eterni notabili: «Qui ci sbranano, qui non ci amano». Ma figuriamoci, gente così paciosa sul Colle.
Salvini non si mischia tanto - ma nelle foto e nei selfie con i ragazzi del catering naturalmente non si risparmia - eppure si trova a suo agio. Confida: «Mi diverto a pensare che prima mi evitavano tutti e adesso vengono tutti da me a omaggiarmi. Ero un barbaro per loro e ora sono ben accetto nella buona società. Peccato però che io sono sempre lo stesso. Cerco di fare le cose, e le voglio fare ancora con questo governo». Ma strappando, esigendo, forzando. Quando reggerà questo filo sottile e continuamente stressato? Nei giardini si accettano scommesse e Zingaretti e Gentiloni parlano in coro: «Noi siamo pronti. Se non reggono, ce la combattiamo nelle urne». Intanto Salvini viene omaggiato dall'ambasciatore russo.
Il premier Conte mostra tutta la sua fragilità. E la esibisce perfino nel libro che si porta sotto al braccio per buona l'arte del ricevimento. Non è tanto importante il tema, la delinquenza, quanto il cognome dell'autore: Tregua (nome di battesimo Carlo Alberto). «Ecco, servirebbe darsi tutti una calmata e ricominciare», è il suo messaggio di (improbabile) tregua. Si vede a occhio nudo chi comanda traa lui e Salvini e naturalmente quest'ultimo nega: «Comando io? Macché, loro dicono che comandano loro!». Però la bella fidanzata Francesca porta delle scarpe dorate tacco 15 e gli amici ironizzano: «È la stessa percentuale dei voti grillini». E come tacco e alto ma come percentuale no. Ma ecco il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. Gli si rivolge chiamandolo «presidente», e Salvini: «Al massimo posso fare il presidente di condominio». Lui e gli altri leghisti (da Centinaio a Bussetti) fanno di tutto per rassicurare quelli che in fondo considerano «parrucconi»: «Mica mordiamo!». I grillini, presenti in forza, inseguono Mattarella, gli alti magistrati e tutte le autorità che capitano a tiro per mettersi al riparo con loro, come a dire: noi siamo responsabili, facciamo squadra contro i barbari leghisti. Mai visti così cerimoniosi, e tremebondi, i 5 stelle. Salvini invece è a suo agio: incontra Conte e lo abbraccia: «Ci vogliamo bene». E poi saluta Mattarella saltando la fila.