Le imprese all’attacco del governo: il Tesoro esclude una manovra bis

Domenica 7 Aprile 2019 di Jacopo Orsini e Umberto Mancini
Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis

Non ci sarà una manovra bis. La crescita sempre più fiacca consentirà all’Italia di mettersi al riparo da nuove richieste europee ed evitare un’altra stretta sui conti. Rimarranno però probabilmente congelati i due miliardi di maggiori spese inserite nell’ultima manovra ma che l’Unione europea aveva chiesto di poter bloccare in caso di peggioramento della situazione economica a garanzia della tenuta dei conti. Il deficit comunque tornerà a salire fino al 2,3% del Pil, appena sotto quota 2,4%, il valore simbolo sul quale solo qualche mese fa l’esecutivo Lega-M5s aveva fatto una vera e propria battaglia con Bruxelles. «Oggi non ci sono le condizioni per una manovra correttiva», conferma il viceministro dell’Economia, Massimo Garavaglia.

«Ho avuto una discussione con Tria sul Documento di economia e finanza, che include il programma nazionale di riforma e quello di stabilità. Ho ribadito che per la Commissione è importante che in quei documenti si preveda di essere ampiamente conformi con i requisiti del Patto di stabilità, e Tria ha assicurato l’intenzione del suo Governo» in questo senso, ha detto ieri il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, rispondendo a una domanda sull’Italia dopo la riunione dell’Ecofin a Bucarest. «Per quanto riguarda quest’anno, l’economia italiana ha rallentato», e la stima di una crescita dello 0,2% «potrebbe essere anche più bassa, e dobbiamo vedere che implicazioni avrà sul bilancio», è stato poi l’allarme lanciato da Dombrovskis, che ha dato per certa l’attivazione della clausola che congela due miliardi di spese inserita nella manovra approvata lo scorso dicembre.

«Nelle circostanze attuali dovrebbe essere attivata. Ma in ogni caso questo lavoro sul Def è in corso e lascerei al ministro i dati», ha sottolineato il vicepresidente della Commissione europea. Non è escluso tuttavia che, a più di un mese dal varo di Quota 100 e dall’avvio delle procedure per il reddito di cittadinanza, si possa fare una migliore pianificazione dei fondi stanziati per queste due misure bandiera del governo giallo-verde, ed evitare così di tenere ferme le risorse bloccate dalla clausola di salvaguardia.

LE CRITICHE
Pollice verso intanto degli imprenditori sul governo gialloverde. A Cernobbio, sulle rive del lago di Como, nella giornata conclusiva del seminario Ambrosetti bocciatura sonora per l’esecutivo. Oltre l’80% dei partecipanti, manager e imprenditori, al tele-voto che si svolge nelle sessioni del convegno ha giudicato insoddisfacente quanto fatto finora dalla squadra del premier Giuseppe Conte. Solo l’1%, in pratica due su duecento, ha definito «molto positivo» l’operato dell’esecutivo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Nel 2018 invece, con Paolo Gentiloni in scadenza, la stessa platea si era espressa per il 66,3% a favore del governo in carica.

Tornando al Def, che dovrebbe essere varato martedì, si parte dal quadro tendenziale, cioè dall’andamento dell’economia prima delle nuove misure varate, cioè il decreto crescita approvato giovedì scorso e lo sblocca cantieri in via di sdoganamento. La crescita stimata sarebbe un cauto 0,1%. Ma tenendo conto della spinta che potrebbe arrivare dai due provvedimenti del governo, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, punterebbe a indicare un incremento più alto, ma comunque non oltre lo 0,3-0,4%. In ogni caso una crescita che resta decisamente fiacca.
Il paradosso del Def è che converrà tenere basse le previsioni di crescita.

Questo consentirà di portare sopra il 2% la stima del deficit, senza incorrere nelle ire di Bruxelles. Poi c’è il debito, che con l’economia così anemica salirebbe ancora di qualche decimale rispetto al 132,1% segnato alla fine del 2018. Finora il governo ha sempre puntato a ridurlo, almeno nelle stime. Ma lo ha fatto promettendo privatizzazioni e dismissioni che al momento non sono all’orizzonte.
 

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