M5S tra la guerra fratricida Conte-Di Maio, lo statuto e le amministrative: tutti i nodi

Venerdì 18 Febbraio 2022 di Francesco Malfetano
Statuto, la guerra fratricida Conte-Di Maio e le amministrative: tutti i nodi del M5S

Non c'è pace per il Movimento 5 stelle. A più di una settimana dalla discesa di Beppe Grillo a Roma con cui si sperava di compattare le truppe e risolvere le questioni giudiziarie connesse allo statuto, la "pax grillina" è tutt'al più un miraggio. E i sondaggi in calo non mentono: secondo Bidimedia i pentastellati si attestano ora al 13,1% nelle intenzioni di voto degli italiani (meno di un mese fa erano al 14,2). Al netto dei tentativi di Giuseppe Conte di riportare l'azione politica al centro del dibattito quindi - specie a seguito delle polemiche sul Superbonus - il fronte interno ai 5S appare ancora distante dalla stabilizzazione.

Anzi, ogni giorno sembrano sovrapporsi nuovi piani d'azione. E così se dal vertice con i gruppi parlamentari di due giorni fa, emerge uno scollamento tra una fronda degli eletti e i ministri sulle decisioni da prendere rispetto al Green pass; dai territori arrivano invece le prime ripercussioni sulle elezioni amministrative della sentenza con cui il Tribunale civile di Napoli ha di fatti congelato i vertici grillini.

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Il simbolo e le Comunali

Martedì, in occasione di una riunione con la responsabile del comitato enti locali Roberta Lombardi, ai consiglieri pentastellati comunali e provinciali è stato comunicato che alle elezioni per il rinnovo del consiglio della città metropolitana (che si terranno il 13 marzo ma le liste vanno comunicate entro questo week end) viene sconsigliato l'uso del simbolo del Movimento. Non avendo ancora ottenuto notizie rispetto all'istanza di sospensione della sentenza avanzata al Tribunale partenopeo, utilizzare il simbolo (previsto nello statuto sospeso) vorrebbe dire esporsi ad un ricorso potenzialmente letale per le liste elettorali. Un nodo che, come spiegato nel corso della stessa riunione, rischia di inceppare anche la rincorsa alle amministrative di primavera, quando al voto andranno ben 972 comuni, tra cui 25 capoluoghi e diverse città importanti per la storia pentastellata, come Genova e Parma. Così, in attesa stabilire se l'alleanza strutturale con il Pd che tanto bene ha portato a Napoli e Bologna (soprattutto ai dem) a settembre scorso sarà o meno confermata, inizia già a materializzarsi lo spettro di un'altra tornata elettorale disastrosa per i 5S. Risultati per cui, questa volta, Conte non potrà sostenere di non aver avuto alcun ruolo. Un'ulteriore pesante incognita sulla sua leadership che si aggiunge alla guerra fratricida in corso con Luigi Di Maio.

I due mandati

Anche se i toni si sono notevolmente abbassati su questo fronte (con il ministro degli Esteri impegnato dalla crisi russo-ucraina e Conte alle prese con «la campagna elettorale» anti-Movimento che, secondo i 5S, gli altri partiti hanno già inaugurato), resta infatti da dirimere soprattutto la questione relativa al vincolo dei due mandati. Una delle regole fondative dei grillini che, proprio nei giorni scorsi, il comico genovese ha ribadito essere fondamentale anche per il nuovo corso contiano. L'unica deroga ammisibile, ha spiegato Grillo ai suoi, sarebbe quella di consentire a chi è stato eletto due volte in Parlamento (o anche a Bruxelles o nei consigli regionali/comunali) di candidarsi in un'altra sede: appunto a Bruxelles o alle amministrative. Un salvacondotto per i 66 eletti della prima ora che entrarono in Parlamento nel 2013, tra cui spiccano proprio Di Maio ma anche tanti altri della prima linea pentastellata: Taverna, Fico, Crimi e Fraccaro ad esempio. La faccenda è quindi dirimente per il futuro grillino e, non a caso, prima dell'intervento a gamba tesa del Tribunale di Napoli, la discussione interna si stava concentrando proprio su questa. Al netto dello stallo però, continuano a circolare nuove ipotesi in merito.

Tra queste l'uso dell'istituto del «recall», e cioè lo strumento che era proposto dal M5S già dal 2013 come mezzo per giudicare un politico, anche durante il mandato, ed eventualmente revocarlo dal suo incarico. Si tratterebbe per di un uso in senso «positivo» che prevederebbe quindi di  demandare agli elettori del collegio del parlamentare uscente la decisione se riconfermare o meno la candidatura di ogni eletto. Evitando a Conte sia la scelta di derogare al principio del tetto ai mandati (sarebbero gli iscritti a decidere), si la scelta dei candidati alla deroga (sarebbero i territori a scegliere a chi autorizzare la deroga). Una scappatoia che però ha bisogno di essere incardinata all'interno di uno statuto. E, al momento, quello nuovo è bloccato dai ricorsi e quello vecchio rientrato in vigore, non prevede alcuna carica (oltre Grillo) e, quindi, non può essere aggiornato. 

Un'impasse da cui, appunto, l'ex premier cerca di fuggire puntanto i riflettori sull'azione del Parlamento. Da qui le sempre più frequenti uscite sui social (e gli incontri con gli eletti) sui temi del momento: dagli studenti in piazza alda Green pass, dal Superbonus su cui lamenta la guerra degli altri partiti fino allo strappo di FI-Lega-FDI sul tetto al contante nel Milleproroghe, dalle alleanze per le amministrative al decreto balneari. 

 

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