A tratti sembra imbalsamato. Silenzioso. A prima vista imperturbabile. Forse un po' mogio. Chissà se suda, chissà a cosa pensa. Le mani sui banchi, una sopra l'altra. Usate come tamburelli. Posa andreottiana, grande complimento. Ecco, Luigi Di Maio in Aula, a Montecitorio. Tavolo del governo: il titolare della Farnesina è stretto tra il premier Giuseppe Conte e Dario Franceschini. Strana la vita, eh. Fuori dal Palazzo c'è Matteo Salvini.
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Anche lui trasfigurato nel volto dopo questo mese pazzesco. Eppure, in un passato non tanto remoto i due, «Luigi e Matteo», erano un corpo solo (vi ricordate il murales del bacio?). Si capivano con un messaggino la mattina. Organizzavano consigli dei ministri o nomine con un'emoticon. Si favoleggiava - nei settimanali patinati - di uscite a quattro, con le rispettive fidanzate, Virginia e Francesca. Niente, tutto passato: la situazione è precipitata e siamo qui. Ma Virginia Saba, la fidanzata M5S, c'è, e se lo guarda dalla tribuna. Si scrivono. Il leader grillino passa la sua giornata da capo delegazione della maggioranza relativa inseguito dai video che la bestia salviniana rilancia come un disco rotto: «Mai con il partito di Bibbiano!».
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E va bene, cose che capitano. «Guardiamo avanti: adesso il problema è un altro. Questi del Pd ci stanno già mettendo sotto nelle trattative», dice un potente sottosegretario grillino che punta alla riconferma. Ma c'è tempo - poco - per pensare alle poltrone. In Aula il ministro degli Esteri si ritrova a fare i conti con i siluri della Lega e gli applausi del Pd. Allora Di Maio sembra un po' quei giocatori a cui capita di segnare un gol contro la loro ex squadra, ma che per pudore non esultano, niente curva. Sobrietà. Dirà durante la giornata ai suoi collaboratori: «Concentriamoci sui temi, andiamo avanti sui progetti. Oggi ho visto una nuova luce negli occhi dei nostri parlamentari».
CORRERE
Dopo dodici ore di dibattito in aula, con movimenti impercettibili e strette di mano ai colleghi del Pd, il leader del M5S commenta il primo voto. Ma si affida a Twitter: «Bene la fiducia alla Camera. Massimo sostegno alle parole del presidente Conte. M5S ha idee chiare: lavoro, imprese, ambiente, scuola, famiglia sono priorità. Ma anche taglio parlamentari e revoca concessioni autostradali. E' il momento di correre, è il momento del coraggio. Ci siamo!». Quasi per uno scherzo del destino, a momenti Di Maio non votava la fiducia: dopo due chiamate a vuoto ha fatto giusto in tempo per non bucare l'appuntamento. Sarebbe stata una notizia. C'è chi avrebbe messo in collegamento l'intoppo con un moto del subconscio di «Luigi».
Solo chi lo ha seguito in questi giorni sa quanto gli sia costato fare l'accordo con il Pd.