La legge elettorale, rieccola.
Ma Zingaretti non entra esplicitamente in tutto ciò e rilancia con tutto il peso del personaggio ciò che anche da segretario dem sosteneva: «Quanto sta avvenendo conferma che la migliore legge elettorale per il Paese è un proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento». E ancora: «Ho sempre pensato questo e lo stesso Pd ha sempre lavorato in tal senso. Altrimenti il rischio è quello di un suicidio politico». Insomma senza proporzionale rischio per l'Italia, «perché la si condanna di nuovo alla instabilità. Serve andare alle elezioni con una credibile proposta di governo, altrimenti sarà un disastro come dimostrato dalle elezioni del 2018». E tutti nel Pd, dalla destra alla sinistra del partito, reagiscono così: bravo Nicola. Lo dice, in Base Riformista, il senatore Salvatore Margiotta che su questi temi lavora assai e da tempo. Spiega Margiotta: «C'è l'evidente necessità di una legge proporzionale. Avremo, sennò, coalizioni tenute insieme da necessità tecnico-numeriche e non da reali vincoli politici. E di conseguenza prossima legislatura sarà ancor più travagliata, più contraddittoria e meno efficace di questa».
Cespugli
Quando poi, ieri pomeriggio, anche Conte plaude alla svolta proporzionalista dei dem e la fa sua («La riforma della legge elettorale in senso proporzionale l'ha proposta per primo il MoVimento 5 stelle. Oggi è la soluzione migliore anche per affrontare la riforma determinata dal taglio dei parlamentari e rafforzare la rappresentatività del Parlamento») allora si capisce che il quadro della politica italiana è cambiato. Bye bye alleanza rosso-gialla e spartizione dei collegi uninominali tra Pd e M5S, troppe le divisioni, troppe le fragilità stellate, troppe gli interessi di Conte a recuperare consensi non facendo la figura dell'ascaro del Nazareno e troppo forte la tendenza dem a dialogare con il centro (Calenda, Renzi, pezzi di Forza Italia) e con la sinistra (la nascente alleanza Verdi-Sinistra Italiana) in un'ottica post-elettorale e di eventuale governo di larghe alleanze magari con Draghi (o un Draghi) dopo Draghi visto che Draghi al Colle non è stato mandato e potrebbe servire ancora a Palazzo Chigi. Il fatto nuovo è che la svolta proporzionalista vede Letta in prima linea. Non è sempre stato un convinto maggioritarista? A chi ieri lo ha sentito, il segretario ha detto: «Io sono laico in questa materia. Credo nella democrazia bipolare ma si può avere anche con un proporzionale alla spagnola o alla tedesca». Insomma, proporzionale ma con destra-sinistra come discrimine: Letta da una parte e la Meloni dall'altra (domani i due si confronteranno ancora una volta in un dibattito di reciproca legittimazione, alla fondazione FareFuturo). Ma per cambiare la legge elettorale serve che o la Lega (per non farsi cannibalizzare dalla Meloni) o Berlusconi (per non essere mangiato dal Carroccio) si convertano al proporzionale. Mentre la Meloni gioca tutte le sue chance sull'opzione opposta.