Di Maio: Matteo, troppe bugie. I sospetti della Lega sugli Usa

Domenica 14 Luglio 2019 di Simone Canettieri
Di Maio: Matteo, troppe bugie. I sospetti della Lega sugli Usa

«Troppe bugie, troppe giravolte: questa storia mi ricorda quella di Arata. Anche in quel caso Salvini diceva di non conoscerlo, poi uscì che aveva collaborato alla stesura del programma della Lega e il figlio lavorava con Giorgetti». Luigi Di Maio da Lerici, dove va in scena la festa del M5S, si sfoga contro l'alleato. Le parole del grillino, consegnate al suo staff, sono una vera e propria sfida a Salvini: «Se Matteo facesse cadere il governo adesso, sarebbe un'ammissione di colpa sul caso Russia. Faccia pure».

Di Maio lancia così il guanto al Carroccio: «Urlano, urlano, ma tanto rimangono al governo». E aggiunge anche un particolare velenoso: «È Salvini a stare attento alle finestra del 20 luglio perché, una volta chiusa, potrà dire alla vecchia guardia che ormai non c'è più niente da fare e dunque si va avanti».

Il M5S ha capito che il capo della Lega questa volta è «sotto botta» e non ha intenzione di mollare la presa. «Non ingoieremo i rospi, come d'altronde non abbiamo fatto né con Siri né con Rixi». La strategia grillina è fatta anche di atti formali. Come risulta a Il Messaggero, domani Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato dei pentastellati, inizierà ad avviare l'iter per l'istituzione di una legge che porti alla commissione d'inchiesta sui finanziamenti ai partiti. Un'iniziativa che si somma, e forse potrebbe congiungersi, con quella del Pd che sempre dalla prossima settimana, con i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, porterà avanti un'altra commissione, ma molto più diretta sui rapporti economici tra la Lega e la Russia.

Anche Palazzo Chigi è in fibrillazione, lo conferma la presa di posizione espressa ieri a mezzanotte. Conte ha spiegato che il ruolo di Savoini nelle occasioni ufficiali, a Mosca e a Roma, era stato richiesto proprio dalla Lega. È stato anche contattato l'ambasciatore italiano in Russia, Pasquale Terracciano.
Ma se il premier è costretto a un difficile gioco d'equilibrio per non andare allo scontro frontale con Salvini - motivo di una crisi sicura - dal M5S in queste ore iniziano a insinuare dubbi anche su Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario alla presidenza, nonché numero due della Lega. Come nel caso del figlio di Paolo Arata, Federico, c'è un'altra assunzione in carico a Giorgetti finita nel mirino: si tratta di Michele Sciscioli, capo del dipartimento Sport a Palazzo Chigi, la delega ricoperta appunto dal big del Carroccio. Sciscioli, 40 anni e un master in Affari internazionali, per lungo tempo ha avuto rapporti economici e professionali con la Russia, lavorando per anni al palazzo della Sogin (la società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani) a Mosca. Prima di ritornare con Giorgetti, con il quale aveva collaborato ai tempi del governo Berlusconi. «Vedete? Si ripete lo stesso schema di Arata: rapporti poco specchiati, trame: bisogna indagare su certi profili».

«Accuse vigliacche», è la risposta che trapela da Salvini. Anche se nel cerchio stretto del ministro dell'Interno sono sicuri che «i grillini stiano solo cavalcando il fatto, ma dietro non ci sono loro». Tra i collaboratori del «Capitano» c'è chi crede che dietro agli audio di Buzzifeed ci sia la «manina» degli Usa. Irritati per i rapporti forti tra la Lega e il Cremlino. Un avvertimento? «Forse». Sempre nel Carroccio c'è chi ricorda anche un altro particolare: lo scorso 20 giugno, due giorni dopo il ritorno di Salvini dal viaggio a Washington, uscì un rapporto molto duro di Mike Pompeo, segretario di Stato americano, sulla lotta al traffico di immigrati. Un dossier che portò Roma a essere «declassata a livello 2». Una frustata che spiazzò Salvini in quel momento, proprio perché arrivata a ridosso dell'incontro con Mike Pence e Mike Pompeo. Un messaggio che ora nella Lega leggono «in tanti modi».
 

Ultimo aggiornamento: 13:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA