La Russa, il figlio indagato per stupro: «Io credo a Leonardo. Dubbi sulla denuncia ma non accuso la ragazza»

«Sporta dopo 40 giorni, questo lascia interrogativi». Poi: «Sono stato frainteso»

Venerdì 7 Luglio 2023 di Francesco Bechis
La Russa, il figlio indagato per stupro: «Io credo a Leonardo. Dubbi sulla denuncia ma non accuso la ragazza»

Su un punto la voce di Ignazio La Russa al telefono inizia a scaldarsi. «Sono sicuro che mio figlio non abbia fatto uso di droghe.

E sono sicuro perché l’ho interrogato io, a lungo». Salta qui l’aplomb che invece a fatica, nella tarda sera di un pomeriggio d’inferno, il presidente del Senato si sforza di mantenere. Il terzogenito, Leonardo Apache, 21 anni, è stato denunciato per violenza sessuale da una ragazza di 22 anni, a Milano. Un’accusa che il padre rigetta con più forza, più sdegno del figlio accusato, in una girandola di note e dichiarazioni stampa che si rincorrono tutto il giorno. E ottengono l’effetto opposto a quello desiderato. 

La bufera

È la bufera perfetta, un caso giudiziario che diventa caso politico. «Lascia oggettivamente molti dubbi il racconto di una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio», recita in mattinata una prima nota del presidente meloniano di Palazzo Madama, veterano della destra tricolore. Il riferimento è alle tracce di cocaina riscontrate nel sangue della ragazza dalle prime analisi mediche dopo la denuncia. «Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua», sentenzia il padre. La Russa confessa i suoi sospetti, li mette in fila. «Di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni dall’avvocato estensore che - cito testualmente il giornale che ne dà notizia - occupa questo tempo per rimettere insieme i fatti». 
Benzina sul fuoco. Per le opposizioni in Parlamento la difesa d’ufficio dell’avvocato-papà suona semmai come un atto d’accusa verso la ragazza denunciante. Perfino un’intimidazione, azzarda qualcuno. Scoppia la bagarre e travolge il governo in giorni di tempesta che vedono proprio la giustizia sotto i riflettori, dall’imputazione coatta chiesta dal Gip per il sottosegretario di FdI Andrea Delmastro al caso di Daniela Santanché, la ministra del Turismo sotto inchiesta per la gestione finanziaria delle sue aziende. Inseguito dai cronisti a Milano, “Gnazio” non si nega ai microfoni, anzi. L’unico rimprovero a Leonardo Apache, mette a verbale il padre, è «per aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato». 
Nel pomeriggio, pizzicato fuori da un ristorante vicino al suo studio legale a Milano, rincara e si lancia in una ricostruzione al dettaglio della serata al centro della denuncia. «Mio figlio mi ha detto che non la vedeva da anni e che quella sera le ha raccontato tante cose della sua vita a dimostrazione che era lucida». Il racconto prosegue. La mattina dopo c’era in casa anche lui, insieme a sua moglie. Ha visto la ragazza, ma solo «sfuggevolmente». «Ho aperto la porta, l’ho vista, era tranquilla e poi se ne è andata». 
Più tardi, complice l’input arrivato da Palazzo Chigi, La Russa raddrizza il tiro. Al Messaggero l’ex ministro della Difesa scandisce un mantra ripetuto tutto il giorno, «io credo a mio figlio». E questo perché, riprende composto, «ho parlato da padre, non da avvocato». Tiene il punto, il veterano meloniano, chiarendo che «le critiche alla denuncia, a come è stata fatta, ci possono anche essere, ma spetterà all’avvocato difensore spiegarle e chiarire la posizione di Leonardo». 

Il passo indietro

«Mi dispiace se sono stato frainteso, di certo non era mia intenzione accusare la ragazza. La giustizia farà il suo corso», dice La Russa, «confermo il rispetto per gli inquirenti e il desiderio che facciano chiarezza il più celermente possibile». Promette anzi un passo indietro, il presidente del Senato di fronte al turbinio di polemiche sollevato dalle opposizioni, «non voglio in nessun modo mischiare questa vicenda con questioni politiche». Intanto però il caso politico monta e promette di disturbare il sonno già agitato della maggioranza mentre sale la tensione fra governo e magistratura. Santaché, Delmastro, ora l’ultima tegola, un’altra inchiesta rivelata a mezzo stampa. Se il frastuono del La Russa-gate e la difesa a spada tratta del figlio da parte della terza carica dello Stato hanno certamente raggiunto il presidente Sergio Mattarella in viaggio in Paraguay - dal Colle come da prassi in questi casi non arriva una sola parola - di sicuro rischia di trasformarsi in un nuovo fardello per Meloni e il governo a pochi giorni dal viaggio della premier a Vilnius per il vertice della Nato. Ai piani alti dell’esecutivo la tesi della “tenaglia” giudiziaria continua a prendere corpo, scalda l’ala di FdI che vorrebbe uno scontro a viso scoperto con le toghe . L’ordine di scuderia però, sul delicatissimo caso La Russa, è la massima prudenza. Lui, il presidente-avvocato, decide infine di adeguarsi: «Sulle mie parole c’è stato un lecito malinteso. D’ora in poi parlano gli avvocati». 

Ultimo aggiornamento: 8 Luglio, 22:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA