Italia contro l’asse franco-tedesco, la ricerca della sponda Usa puntando sul ruolo nel Mediterraneo

I contatti con Washington soprattutto sulla stabilizzazione di Iran e Libia

Giovedì 9 Febbraio 2023 di Francesco Malfetano, inviato a Bruxelles
No all’asse franco-tedesco, la ricerca della sponda Usa

«Vedremo alla fine chi sarà più isolato». La frattura allargatasi mercoledì sera tra palazzo Chigi e l’Eliseo non si annuncia facile da ricomporre. Per quanto la fuga in avanti di Emmanuel Macron abbia provocato qualche imbarazzo a Roma, garantiscono fonti vicine al presidente del Consiglio, «non preoccupa più del dovuto». Una reazione “a freddo” dopo gli affondi di Giorgia Meloni a favore di telecamera giustificata da almeno due motivazioni. Una è assolutamente europea mentre l’altra, in termini di triangolazioni diplomatiche e di rilevanza italiana nello scacchiere internazionale, è invece statunitense. Per Roma il primo fronte è tutto sommato palese. A considerare diplomaticamente azzardata la mossa di Parigi non sono solo Giorgia Meloni o i suoi ministri più fidati, ma anche gli altri Paesi dell’Unione europea. La cena a tre organizzata all’ultimo da Macron con Volodymyr Zelensky (e con un Olaf Scholz costretto a precipitarsi a Parigi all’ultimo minuto) è stata «poco apprezzata» dai restanti Ventisette, oltre che dalla Commissione Ue e dal Parlamento di Bruxelles.

Idem per quanto riguarda la visita a Washington “in autonomia” dei rispettivi ministri dell’economia Bruno Le Maire e Robert Habeck. Tant’è che, tra gli italiani presenti ieri, si sottolinea il «malessere» dell’intero Consiglio europeo. Poco importa che Meloni sia stata l’unica ad affrontare direttamente la questione davanti alle telecamere (senza che l’abbiano seguita neppure gli altri leader del “suo” partito Conservatore europeo, ieri incontrati a Bruxelles, come il polacco Mateuzs Morawiecki e il ceco Petr Fiala). 

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L’ATTIVISMO

Nei fatti sono stati tutti scavalcati dall’attivismo transalpino. «Il modello dell’unità che fino ad oggi ha funzionato è stato incrinato per quale fine?» ci si interroga. L’idea dei vertici dell’esecutivo nostrano è che Macron sia debole sul fronte interno, fiaccato dagli scioperi generali, e quindi alla ricerca di consensi. Oppure, a volerla declinare in termini più smaccatamente favorevoli al premier italiano, sul medio periodo l’Eliseo avrebbe finito con il temere la crescita di Meloni anche nella sua dimensione internazionale. Cioè, guardando alle europee del 2024, il presidente francese nutrirebbe il timore che un exploit del partito conservatore europeo possa finire con il rendere meno rilevante il suo gruppo centrista di Renew nella formazione della prima maggioranza senza socialisti a Bruxelles. 

Inoltre la convinzione è che per consolidare la posizione italiana a livello internazionale abbia poco senso ingaggiare un confronto continuo con la Francia o l’asse Parigi-Berlino. La compenetrazione tra i due sistemi è troppo consolidata per sperare di potersi ritagliare un ruolo. In altri termini, la presenza o meno del premier italiano alla tavola dell’Eliseo mercoledì, non può essere imputata ad una supposta scarsa autorevolezza italiana. E se anche così fosse, l’autorevolezza necessaria è possibile costruirla non guardando a Parigi ma solo al di là dell’Atlantico.

GLI STATI UNITI

E quindi i rapporti tra Meloni e Joe Biden sono solidi e i contatti continui. Al punto che a Washington non si esclude affatto una visita di Stato prima di giugno. L’Italia del resto, complice il lavoro svolto in questo senso dal consigliere diplomatico Francesco Talò e dal sottosegretario Alfredo Mantovano, si sta avvicinando sempre più alle istanze a stelle e strisce. Una vicinanza che oggi si traduce nel sostegno Usa alle iniziative italiane per la stabilizzazione della Libia e del Mediterraneo e alla contestuale richiesta americana di mantenere un ruolo in Iran per evitare escalation. L’exploit dell’asse tra Francia e Berlino quindi, ha come primo risultato quello di imporre uno sprint all’Italia in questa direzione. O anche a consolidare - quantomeno in termini strategici - la relazione con il Regno Unito. Non a caso ieri durante l’ormai summit tra i due Paese a Roma, cui hanno preso parte il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il segretario di Stato per la Difesa, Ben Wallace e il segretario di Stato per gli Affari Esteri, del Commonwealth e dello Sviluppo del Regno Unito, James Cleverly, si è concordato di intensificare le relazioni italo-britanniche sul fronte dell’aerospazio e della cybersecurity. «La partnership strategica tra Roma e Londra è la giusta strada da seguire per agire con efficacia nel complesso scenario internazionale determinato dal momento storico che stiamo vivendo» ha detto Crosetto al termine. In pratica, a voler riannodare i fili della diplomazia italiana, il dialogo con la Francia - al netto dell’ormai consolidato raffreddamento e della necessità di proseguirlo, in primis al fine di sostenere Kiev - proseguirà al ritmo del tira e molla. «Non è stato un attacco personale» sono convinti. Tuttavia, per palazzo Chigi, l’obiettivo è provare ad arginare l’importanza strategica di queste sortite. 

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 00:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA