Codogno è nel Lodigiano, il primo paziente Covid venne individuato la sera del 20 febbraio del 2020. Fu evacuato il pronto soccorso e isolato l’ospedale. Il 23 febbraio scatta la zona rossa in città e in altri dieci comuni. Alzano Lombardo è a ottanta chilometri, in provincia di Bergamo.
Indagati Covid, i pm di Bergamo: «Speranza firmò il decreto sulla zona rossa, il premier Conte no»
RITARDI
Neppure di fronte alla posizione perentoria degli scienziati la Lombardia interviene. Business as usual, è il motto. Addirittura il ministro della Salute, Roberto Speranza, firma l’ordinanza sulla zona rossa, ma manca la sottoscrizione di Conte. Un tempo la Lombardia voleva l’indipendenza, la Regione nell’emergenza scarica tutte le responsabilità su Roma e anzi preme perché non ci sia zona rossa. La storia degli errori nella Valseriana - pur con tutte le attenuanti che vanno date a chi si trova a gestire un evento epocale senza precedenti - è solo il prologo di ciò che non funzionerà in Lombardia, la Regione modello per la sanità privata di eccellenza, ma drammaticamente disarmata nell’offerta di sanità di territorio, nella gestione dell’emergenza. Ieri la procura di Bergamo ha aperto un fascicolo per fuga di notizie sull’indagine, ma il problema resta. Faranno molto discutere le scelte nelle Rsa, a partire dal Pio Albergo Trivulzio, dove sono stati registrati 300 decessi. La procura di Milano, su richiesta dei familiari, sta indagando; il pm aveva chiesto l’archiviazione, ma il Gip ha respinto questa proposta e in questi giorni sarà assegnato l’incarico per una nuova perizia. Ma c’è un evento simbolo che più di tutti racconta come la Lombardia - forse un intero Paese - non abbia capito la portata dell’uragano che stava arrivando con il Covid. Il 19 febbraio allo stadio Meazza di Milano si gioca la partita di Champions League Atalanta-Valencia: l’impianto di Bergamo ha problemi di omologazione, per cui da tutta la provincia si spostano oltre 30mila tifosi, spesso accalcati nei pullman e nei treni, per andare ad assistere alla gara. Passerà alla storia come il grande focolaio, secondo una ricerca di Intwig un quinto degli spettatori ebbe i sintomi del Covid a due settimane dalla partita. Dopo quattro giorni ci sarebbe stata la prima zona rossa a Codogno. Eppure, nonostante i rumorosi campanelli d’allarme, per settimane si proseguì con gli aperitivi ai Navigli e si aspettò il provvedimento del Governo sulle chiusure, il 9 marzo, senza organizzare gli ospedali per l’emergenza in arrivo.
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