App Immuni Coronavirus, incentivi e agevolazioni per chi la scaricherà: il nodo è la raccolta dati

Mercoledì 22 Aprile 2020 di Cristiana Mangani
App Immuni Coronavirus, incentivi e agevolazioni per chi la scaricherà: il nodo è la raccolta dati

I test per la verifica di Immuni, l'app sul tracciamento dei positivi, sono già stati avviati su qualche centinaio di utenti. A fine settimana si saprà se ci sono eventuali bug nel funzionamento. Il passaggio successivo sarà la realizzazione finale del prototipo, e poi il sistema verrà discusso in Parlamento, dove è probabile che debba essere emesso un dpcm, se non addirittura una legge che ne disciplini uso e finalità.

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Già ieri, comunque, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e anche il commissario straordinario Domenico Arcuri, hanno voluto sottolineare in che modo Immuni funzionerà, specificando che sarà solo su base volontaria, i dati saranno anonimi, e l'infrastruttura che dovrà gestirla sarà pubblica e italiana.

L'esecutivo non nega che scaricare l'app vorrà dire per la popolazione una maggiore libertà di movimento e, quindi, meno rischi nella fase 2. Perché - come ha spiegato Arcuri - «l'alternativa alla mappatura tempestiva dei contatti è semplice: le misure di contenimento non potranno essere alleggerite e noi dovremmo continuare a sopportare i sacrifici che abbiamo sopportato in queste settimane». Per cui, il contact tracing non sarà obbligatorio, ma è assolutamente necessario che funzioni per poter agevolare il ritorno a una vita normale «fondamentale per la Fase 2».
 


ASSET INFORMATIVO
«Il coinvolgimento del Parlamento - è intervenuto il premier - sarà pieno, essendo coinvolti diritti costituzionali fondamentali, come il diritto alla riservatezza e all'identità personale, e, non ultima, l'esigenza di proteggere un asset informativo di primaria importanza nella logica degli interessi strategici nazionali».

Il codice sorgente di Immuni sarà rilasciato con licenza d'uso Open source Mpl 2.0, quindi come software libero e aperto. L'app non accederà alla rubrica della persona e non invierà sms per notificare chi è a rischio, e questo vorrà dire che le indicazioni non finiranno nei database dei gestori della telefonia mobile. Il server, poi, verrà custodito, quasi certamente, in una caserma, o comunque in una struttura del ministero della Difesa o dell'Interno. Riguardo alla gestione dei dati, la task force nominata dal governo sta cercando di trovare una soluzione: investendo società come Sogei, struttura pubblica in Italia che possiede i requisiti , oppure inviando tutte le informazioni su un cloud creato ad hoc, un po' come quelli dei sistemi Apple. E anche in questo secondo caso, la gestione della nuvola potrebbe essere affidata alla Difesa. Dal Viminale, però, arriva anche un avvertimento: lo strumento potrà essere utile, ma va garantita la sicurezza dei dati di 60 milioni di cittadini.

LA COMUNICAZIONE
Restano due ordini di problemi da risolvere: come far comunicare l'app con il sistema sanitario nazionale e come convincere gli italiani a scaricarla. Gli esperti hanno avviato un tavolo per gestire la comunicazione di Immuni. Diverse le opzioni: dai contributi economici per l'acquisto di uno smartphone che, generalmente, le persone molto anziane non possiedono, alla possibilità di avere un filo diretto con il medico di famiglia e anche di avere ricette e prescrizioni senza doversi recare al suo studio.

«Sarà necessario, in tempi ristretti - ha concluso Arcuri - che la app si possa connettere al sistema sanitario nazionale, in modo da intervenire tempestivamente in caso di nuovi focolai».

Ultimo aggiornamento: 16:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA