Intervista al presidente del Senato Casellati: «Il vero nodo è ridurre i tempi del giudizio»

Venerdì 9 Novembre 2018 di Barbara Jerkov
Intervista al presidente del Senato Casellati: «Il vero nodo è ridurre i tempi del giudizio»
Presidente Alberti Casellati, questa settimana il Senato è stato al centro di una battaglia parlamentare sul decreto sicurezza. Qual è il suo giudizio su queste misure?
«La richiesta di maggiore sicurezza viene dai cittadini, dalle famiglie e dalle imprese. Nelle aree metropolitane si sente insicuro un cittadino su due. E i colpiti sono i più deboli, i più indifesi, a partire dagli anziani. La dialettica parlamentare ha confermato che ci sono idee diverse sulle ricette da adottare ma anche convergenze su alcuni punti. L'auspicio è che su queste materie si possa sempre trovare un ampio consenso perché la lotta alla illegalità e alla criminalità richiede un impegno costante e permanente».

La maggioranza sembra aver trovato un'intesa su una riforma dell'istituto della prescrizione con uno stop dopo la sentenza di primo grado, seppur rinviato a una riforma complessiva del processo penale. Lo ritiene possibile?
«Il vero problema è ridurre i tempi del processo e non far ricadere sul cittadino le conseguenze della inefficienza dell'apparato giustizia. Comunque tutto si può riformare; basta però ricordare che la ragionevole durata del processo è un principio fondamentale richiamato sia dalla Convenzione Europea sui Diritti dell'uomo, sia dall'art. 111 della nostra Costituzione».

Sempre in Senato è in discussione il decreto Genova. Dopo gli ultimi drammatici eventi dovuti al maltempo - che l'hanno vista personalmente su alcuni dei luoghi più colpiti - ma soprattutto al dissesto idrogeologico qual è il suo giudizio su questa emergenza e sulle misure per farvi fronte?
«Ho detto più volte a Genova, in Calabria, in Umbria e lo ribadirò domani in Veneto - che quella del dissesto idrogeologico nel nostro Paese non è più un'emergenza. Siamo davanti a uno stato di pericolo permanente. I bilanci del maltempo ormai assomigliano a bollettini di guerra: morti, sfollati, centri distrutti, infrastrutture crollate. Da qui la mia proposta di istituire una Commissione d'Inchiesta sul dissesto idrogeologico: per mappare prima di tutto le aree a rischio e per dotare poi il tempo ed il lavoro della ricostruzione di una nuova normativa, semplificata e veloce, come quella che governa l'emergenza. Siamo fin qui campioni dell'emergenza e tartarughe della ricostruzione».

Lei è il primo presidente del Senato esponente di un partito di opposizione. Il ruolo delle minoranze è determinante ai fini di un corretto gioco democratico. Dal suo punto di vista privilegiato di presidente dell'assemblea come valuta le dinamiche in atto tra maggioranza e opposizioni?
«L'opposizione parlamentare interpreta una funzione ed un ruolo essenziali per il funzionamento di un ordinamento liberal-democratico. Troppo spesso dimentichiamo che la dialettica tra i partiti ed il principio dell'alternanza rappresentano una garanzia di vitalità della politica e di presidio del buon governo. E per quanto i temi e i problemi del presente richiedano risposte veloci ed efficaci guai a guardare con fastidio al tempo della democrazia ed alla voce dell'opposizione».

Eppure il tema delle riforme costituzionali, dopo anni di battaglie finite nel nulla, sembra non appassionare più le forze politiche. Lei ritiene che invece sarebbe un tema da riprendere?
«Gli ultimi due tentativi di riforma sono stati bocciati dagli elettori. L'attuale assetto istituzionale ha comunque dimostrato di saper garantire equilibrio e governabilità. Tutto è però migliorabile. Credo ad esempio che su una ragionevole riduzione del numero dei parlamentari, come su altre proposte, potrà esserci un'ampia condivisione e quindi un iter molto più semplice».

Venendo ai temi caldi dell'agenda politica, la questione immigrazione. Il governo accusa l'Europa di averci lasciati soli a contrastare gli sbarchi. Condivide questo giudizio?
«È un dato di fatto ed è innegabile che, sul fronte dei flussi migratori, l'Italia sia stata lasciata sola. Stiamo parlando di una crisi di proporzioni globali che, da parte dell'Europa, andava affrontata con una strategia univoca da imporre, magari, con lo stesso rigore col quale si richiede il rispetto dei parametri di bilancio. Invece la mutualità tra i Paesi membri è rimasta un valore teorico e hanno prevalso le divisioni e l'inerzia. E questo ha finito per ripercuotersi sulla credibilità di un'istituzione europea che, se non va messa in discussione, va certamente rigenerata».

Anche sul dossier dei conti pubblici e della legge di bilancio è in atto un serrato braccio di ferro tra governo e Unione europea. Qual è il limite tra difesa degli interessi nazionali e rispetto dei vincoli europei?
«Le politiche di austerità hanno fatto da noi cattiva prova. Serviva e serve un colpo di reni che riaccenda il motore dell'economia. Ricordo ad esempio la proposta di tener fuori dal rapporto deficit-Pil gli investimenti in ricerca e formazione, innovazione e infrastrutture. Il contenimento della spesa cui siamo richiamati deve secondo me conoscere un giusto equilibrio a vantaggio della ripresa. Insomma, certo i vincoli, ma dobbiamo prima di tutto far bere il cavallo dell'economia».

Nelle ultime settimane si sono levate critiche nei confronti dei media e si è parlato poi di una riduzione del numero delle agenzie di stampa. Si è creato in sostanza un clima di preoccupazione che certo risente anche di una polemica che percorre anche altre realtà nazionali.
«Ricordo che il principio della libertà di espressione e della libertà di stampa è all'origine della nostra democrazia liberale e che - come ci ha ricordato il Capo dello Stato - la libertà di stampa non può essere oggetto di insidie. Proprio in questi giorni poi il Senato ospita un interessante seminario organizzato dall'Associazione della Stampa Parlamentare nel segno di una tradizione che rinnova un legame indissolubile tra il pluralismo della politica e quello del mondo dei media. Un mondo che saluto come il cane da guardia del buon governo e soprattutto dei cittadini».

Un'ultima domanda presidente. Lei ha visitato Matera che sarà a gennaio la capitale europea della cultura. Un puro titolo onorifico o un'occasione concreta di sviluppo?
«Penso che il 2019 sia l'occasione per una crescita diffusa, non legata solo al turismo culturale. In questo senso è necessario rimuovere quegli ostacoli, come l'inadeguatezza infrastrutturale, che ancora impediscono a Matera di essere pienamente competitiva e rilanciare l'economia con misure straordinarie e sperimentali. Quali sarebbero, ad esempio, gli effetti di un abbattimento dell'Iva su quel territorio per un limitato periodo di tempo?».
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