La Russa e la stella a 5 punte, la vedova di Massimo D'antona: «Minacce molto gravi, così fu assassinato mio marito»

Olga Di Serio è la vedova del giuslavorista assassinato dalle Nuove Brigate Rosse nel1999: "Su questi fenomeni bisogna vigilare costantemente"

Lunedì 17 Ottobre 2022 di Andrea Bulleri
La Russa e la stella a 5 punte, la vedova di Massimo D'antona: «Minacce molto gravi, così fu assassinato mio marito»

«La lotta al terrorismo politico in Italia ha fatto passi in avanti. Ma non possiamo permetterci di sottovalutare alcuna minaccia: mio marito ha perso la vita a causa di una sottovalutazione». Olga Di Serio, sindacalista ed ex parlamentare, è la vedova di Massimo D'Antona, il giuslavorista assassinato con nove colpi di pistola dalle Nuove Brigate Rosse, a Roma, il 20 maggio 1999.

E seppur convinta che rispetto a due decenni fa molto sia stato fatto per combattere la violenza politica in Italia, ritiene che non si debba abbassare la guardia: «Su questi fenomeni bisogna vigilare costantemente. Purtroppo, perché si alzasse l'attenzione c'è voluta la morte di mio marito e quella di Marco Biagi».

La stella a 5 punte/ Nessuno sottovaluti quel tetro segnale disegnato sul muro


Che effetto le ha fatto vedere di nuovo quella stella a cinque punte, simbolo delle Br, indirizzata al presidente del Senato Ignazio La Russa su una saracinesca della Garbatella?
«Quel simbolo è una minaccia. E non posso che esprimere la mia solidarietà a chiunque riceva minacce di questo tipo. Mi auguro che in questo Paese si possa raggiungere un clima di pacificazione. Perché di opposti estremismi non se ne può più. Certo, bisogna rilevare che per le presidenze di Camera e Senato sono state scelte due figure fortemente identitarie, e questo preoccupa non solo le opposizioni, ma anche a livello europeo. Mi auguro che per età anagrafica e per la sua lunga esperienza parlamentare La Russa, abbia abbandonato lo spirito battagliero della gioventù. E che sappia mantenere la promessa fatta nel suo discorso inaugurale, quella di essere un presidente che possa garantire tutti».


Talvolta minacce come quelle ricevute due giorni fa da La Russa, come da altri in passato, vengono bollate come ragazzate, gesti da non caricare di significato nonostante gli episodi bui che evocano. Esiste un rischio sottovalutazione, secondo lei?
«Per mia esperienza personale, posso dire che la sottovalutazione di una serie di segnali ha significato la morte di mio marito. Io sono sempre molto attenta, quando si tratta di questo genere di minacce. Può darsi che si tratti di ragazzate, che si riduca tutto allo scimmiottare un passato che nessuno vorrebbe rivedere. Ma non possiamo esserne certi. Nessuno, se non gli organi di intelligence che a questo compito sono preposti, può saperlo. Per questo non si può prenderla alla leggera, ma anzi serve grande serietà».


Pensa che in Italia si sia fatto abbastanza per sconfiggere il terrorismo politico? O sarebbe necessario un impegno maggiore?
«Io credo che in questo senso siano stati fatti passi avanti. Purtroppo però per alzare il livello d'attenzione c'è voluta la morte di mio marito e quella di Marco Biagi».


Eppure simboli come la stella a cinque punte continuano a comparire. Scarsa conoscenza della storia, volontà di provocare?

«Non posso saperlo. Non sono in grado di dire se ci sia ancora una fiammella sotto le ceneri. Sono simboli che ci allarmano e ci addolorano. Un anno fa la stella a cinque punte comparve anche sulla targa che ricorda mio marito, insieme a una frase che non voglio ripetere. Quella scritta non rimase lì per più di mezz'ora. La risposta dei cittadini fu esemplare».


Le va di raccontare?
«Un passante chiamò immediatamente le forze dell'ordine, e in mezz'ora con alcol e ovatta fu ripulito tutto. Qualche giorno dopo la targa fu rimessa a posto».


Vede ancora una sensibilità forte del tessuto sociale su questo fronte?
«Sì. La guardia per fortuna è molto alta. I cattivi sono pochi, e fanno molto rumore. I buoni, per fortuna, sono molti di più. Ai funerali di Emanuele Petri mi colpì la massa di gente e di onesti lavoratori che certo non si riconoscevano nelle Br e nei loro farneticanti proclami. È quello il tessuto democratico che tiene insieme questo Paese».


Secondo lei c'è la possibilità che qualcuno voglia creare un clima di violenza, e magari sfruttarlo? C'è, insomma, chi soffia sul fuoco?

«Lo abbiamo visto spesso negli ultimi mesi. Dalle manifestazioni No vax all'assalto alla Cgil di un anno fa. Si manifestano ribellismi sotto diverse forme. E c'è chi cerca di convogliare il malcontento in un attacco alle istituzioni. È auspicabile invece l'impegno di tutti per creare un clima di pacificazione. Nel rispetto della Costituzione a cui in più occasioni i cittadini italiani hanno mostrato di essere affezionati».

Ultimo aggiornamento: 11:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA