Salvini e Di Maio, la lite si allarga: ma i due leader temono la crisi

Venerdì 11 Gennaio 2019 di Alberto Gentili
Salvini e Di Maio, la lite si allarga: ma i due leader temono la crisi

Il fumo delle artiglierie si è diradato dopo il vertice di fuoco di mercoledì notte, la parola «crisi» accantonata almeno per adesso. Eppure, la tensione tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio e Giuseppe Conte resta molto alta. Ora che è scattata la campagna elettorale, adesso che i due eserciti alleati di Lega e 5Stelle si preparano a diventare ogni giorno sempre più nemici in vista del voto europeo del 26 maggio, il governo e la maggioranza tremano.
Conte e Di Maio nelle ultime ore si sono dati di gomito di fronte alle dichiarazioni di Salvini che parlava di vittoria sul fronte-migranti. A palazzo Chigi dicono che a uscire con le ossa rotte dal vertice dell'altra notte è stato il capo leghista «perché è vero che il premier si è impegnato a trattare con Bruxelles per ricollocare i 200 immigranti sbarcati in estate in Sicilia, ma la sostanza è che Salvini ha dovuto ingoiare quei profughi che per giorni e giorni aveva detto che non avrebbe mai accolto in Italia». In estrema sintesi: «Abbiamo dimostrato che anche sui migranti non decide lui, ma il governo...».

Governo è stallo, slittano reddito e quota 100. Scoppia il caso trivelle

Insomma, Di Maio è convinto di aver inferto «un colpo durissimo» all'alleato, scavalcandolo proprio nella gestione del suo core businness, quello che gli ha dato finora una pioggia di consensi: lo stop agli sbarchi senza se e senza ma. Con un problema. E neppure piccolo: una parte della base grillina è in rivolta. Così Conte è dovuto correre a registrare un video su Fb, senza citare mai Salvini, per dire: «La linea del governo non è cambiata, non rinunciamo al rigore».
Da parte sua il vicepremier e ministro dell'Interno nega lo schiaffo. Ripete urbi et orbi che la partita l'ha vinta lui. Ma il nervosismo nella Lega è palpabile. Adesso non è solo Giancarlo Giorgetti, da sempre scettico sull'alleanza con i grillini, a dire che «così non si può andare avanti», che la crisi è possibile anche prima delle Europee. Forse dopo le elezioni in Abruzzo del 9 febbraio. Ora (nonostante le smentite) sono anche i fedelissimi Lorenzo Fontana, Maurizio Molinari, Nicola Molteni, Luca Zaia, etc a sostenere che gli alleati 5Stelle ormai «sono intrattabili, inaffidabili, insopportabili». Perché, in vista delle elezioni, Di Maio sta alzando le proprie bandiere e «rende tutto difficile e su tutto si mette di traverso, dalla Tav ai migranti, dalla Pedemontana alla legittima difesa». Esattamente come Conte che si è premurato di convocare per lunedì i sindaci contrari al decreto-sicurezza: altra questione nel cuore di Salvini.

Il leader leghista frena i suoi: «Mettevi l'anima in pace, non voglio la crisi e intendo andare avanti». C'è chi sostiene perché teme che il Quirinale poi non lo manderebbe al voto e potrebbe saltare fuori un governo polpettone con Berlusconi o addirittura un esecutivo 5Stelle-Pd. Quel che è certo è che Salvini risponde colpo su colpo ai grillini.
Tant'è, che la cronaca della giornata di ieri è cronaca di ritorsioni. Il vicepremier lumbard ha dato il via libera al viceministro Dario Galli per riaprire il dossier trivelle nello Ionio che i 5Stelle avevano annunciato di voler sbarrare, innescando l'ira di Di Maio. E ha attaccato duramente la sindaca grillina Virginia Raggi che aveva chiesto più poliziotti: «Faccia il suo mestiere, copra buche, pulisca le strade, utilizzi i vigili urbani».

Soprattutto, il capo leghista è tornato a cavalcare il sì alla Tav, dicendosi favorevole al referendum e mandando di nuovo in piazza i suoi domani a Torino. «Una vergogna», a sentire il senatore pentastellato Alberto Airola. Che, come Di Maio, sa bene che il Movimento collasserebbe se dovesse ingoiare l'Alta velocità dopo aver dovuto accettare la Tap, il Terzo Valico e l'indigesto decreto salva-Carige sponsorizzato in primis dalla Lega.
In questo clima di veleni, scontri, liti e sospetti, si arena perfino il decretone con il reddito di cittadinanza e quota 100. Doveva essere approvato ieri, poi oggi, invece slitta a mercoledì o giovedì prossimi. Ufficialmente perché si attende la bollinatura della Ragioneria e per impegni di agenda di Conte e del ministro dell'Economia Giovanni Tria, in realtà perché Salvini ha deciso di tenere il provvedimento in stand-by. Il capo leghista ne ha parlato con il premier e Di Maio l'altra notte senza trovare una soluzione: manca ancora la certezza che saltino fuori i 400 milioni per alzare le pensioni agli invalidi e il reddito alle famiglie numerose. E Salvini ha dato lo stop. Salvo promettere a Porta a Porta che «il governo andrà avanti 5 anni, nonostante tutti gli uccelli del malaugurio». Esattamente ciò che sostiene Di Maio. Da vedere se lo scontro sui singoli temi, l'incompatibilità montante, non anticipino il Big Bang giallo-verde dato per «quasi certo» dopo le elezioni europee.
 

Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 13:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA