Grillo-Moby, 12 messaggi «rilevanti». Nelle chat spunta anche Patuanelli

Giovedì 20 Gennaio 2022 di Claudia Guasco
Grillo-Moby, 12 messaggi «rilevanti». Nelle chat spunta anche Patuanelli

Sono oltre dodici le chat che la Procura di Milano ritiene «rilevanti»: richieste inoltrate da Vincenzo Onorato per interventi pubblici a favore di Moby, dalla proroga di convenzioni al contenzioso civile con Tirrenia in amministrazione controllata. Moby è travolta dai debiti, qualsiasi aiuto può rappresentare la salvezza. E così l’armatore si rivolge all’amico di sempre, Beppe Grillo, il quale a sua volta gira i messaggi ai politici M5s che, da prima del 2018 al 2020, occupavano ruoli chiave. Parlamentari, una decina, ma soprattutto ministri: l’ex titolare dei Trasporti e delle Infrastrutture Danilo Toninelli e l’allora ministro dello Sviluppo economico (oggi alle Politiche agricole) Stefano Patuanelli.

Nessuno di loro è indagato, lo sono invece per traffico di influenze illecite Onorato e Grillo, i cui primi messaggi con i desiderata dell’armatore sarebbero stati trasmessi ai politici del Movimento prima della firma dei contratti di pubblicità da 120 mila euro annui stipulati tra la compagnia e la società del fondatore del partito (validi per il 2018 e il 2019) e sarebbero proseguiti anche dopo.

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I messaggi

Per Toninelli e Patuanelli, considerati i dicasteri che dirigevano, Onorato era un cliente fisso. È il Mise, ad aprile 2020, ad autorizzare i commissari straordinari di Tirrenia a sottoscrivere l’accordo con la Cin del gruppo Moby. Tirrenia era stata ceduta a metà del 2012 alla newco Compagnia italiana di navigazione (Cin), oggi posseduta interamente da Moby, per complessivi 380 milioni di euro, di cui 200 pagati subito e 180 da saldare in tre rate. Le prime due però non sono state mai versate e dopo un lungo contenzioso il ministro ha dato il via libera alla transazione: il debito a carico di Cin si è ridotto a 180 milioni di euro e soprattutto le navi potevano tornare a circolare. Altrettanto cruciale per Onorato era la questione del rinnovo della convenzione fra lo Stato e Cin per la continuità territoriale marittima, tanto che l’armatore mette in campo Grillo per disinnescare Toninelli. I pm - con ricerca parola per parola nel materiale frutto di perquisizioni trasmesso dai colleghi fiorentini che indagano su Open - sono in possesso di messaggi con le richieste di Onorato a Grillo e le risposte inoltrate all’armatore, ricevute dal ministro Toninelli. Negli ultimi nove anni, da quando cioè la Moby ha rilevato l’ex compagnia di navigazione pubblica Tirrenia nell’estate del 2012, lo Stato ha versato nelle casse della società oltre mezzo miliardo di euro. Ogni anno, infatti, la convenzione prevedeva il versamento di 72 milioni di euro a fronte dell’impegno da parte di Cin di garantire una serie di rotte dal continente verso Sardegna, Sicilia e isole Tremiti anche in bassa stagione. Ma nel 2019 il ministro si è messo di traverso: «Porremo fine al monopolio di Tirrenia. Svolge un’utilità sociale fondamentale, utilizza soldi pubblici e non può far schizzare così i prezzi». Su sollecitazione di Onorato, Grillo gestisce l’emergenza e alla fine la proroga viene concessa. Gli altri dossier tema delle chat riguardano la limitazione dei benefici fiscali alle sole navi che imbarcano equipaggi italiani e comunitari, ma anche aspetti strettamente economici. E non lasciano margine di dubbio sulle richieste di Onorato, affermano gli investigatori. I pm milanesi, stando a ciò che filtra, hanno intenzione di interrogare sia l’armatore, sia Grillo.

I contratti

A innescare l’inchiesta sul traffico di influenze illecite è stata la consulenza contabile depositata nel procedimento civile sul concordato preventivo della società Cin dal pm Roberto Fontana, titolare di un’indagine per bancarotta del Gruppo Onorato. Sono emersi i versamenti dell’armatore a diversi partiti e anche le due consulenze a favore della Casaleggio Associati (600 mila euro annui per tre anni) e della Beppegrillo srl. La Procura sta analizzando nel dettaglio il contratto, che ha come oggetto un banner pubblicitario «che può essere modificato» non più di due volte al mese» e prevede l’inserimento di «contenuti redazionali», uno al mese, sul marchio Moby con un limite di estensione di «2000 vocaboli». Nulla di più sui contenuti o gli obiettivi da raggiungere per ritenere soddisfacente la collaborazione, una vaghezza che porta i magistrati a ipotizzare un tentativo di condizionamento delle politiche del governo a favore di Moby in cambio di contratti «generici e costosi» incassati dal fondatore del Movimento. E la concomitanza tra la durata del contratto e quella del governo Conte rafforza i sospetti.
 

 
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Ultimo aggiornamento: 00:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA