Referendum, l'imboscata M5S a Conte. E Zingaretti avvisa i suoi: «Il voto, test sul governo»

Mercoledì 2 Settembre 2020 di Marco Conti
Elezioni, l'imboscata M5S a Conte. E Zingaretti avvisa i suoi: «Il voto, test sul governo»

Scricchiola ancor prima del 21 settembre, e stavolta si odono gli ultimatum di Nicola Zingaretti ai suoi e i gemiti dei 5S che non volevano il voto di fiducia sul decreto Covid bensì affossare la norma - cara a Conte - che modifica tempi e modi del rinnovo dei servizi segreti. «Siamo stanchi di questi continui ricatti sulla tenuta del governo», scrive l'Adnkronos riportando lo sfogo di uno dei cinquanta. Eppure ora che l'emergenza Covid si affievolisce, il cemento in grado di tenere insieme la maggioranza sembra essere proprio questo: tenere in piedi l'attuale governo per evitare le urne e il ritorno della destra.

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LA LOTTA
E' un po' il ragionamento che ieri sulle colonne di Repubblica ha fatto il segretario del Pd Zingaretti quando scrive che il No al referendum diventa, a prescindere dal merito, la clava per colpire il Pd e il governo», e quando il governatore del Lazio si appella al «voto utile» per vincere le elezioni regionali. Una lettera che punta ad arginare le tensioni interne al partito, ma che segnala anche la forte preoccupazione dello stato maggiore dem per l'esito delle due consultazioni proprio nel giorno che un sondaggio del Sole24ore indica un testa a testa persino in Toscana, regione dove peraltro prevalgono i No al taglio dei parlamentari.

Lo spettro del cinque a uno - destinato a diventare un sei a uno con l'elezione indiretta in Valle d'Aosta di un governatore di centrodestra - se si concretizzasse assesterebbe un colpo mortale non solo alla leadership di Zingaretti, ma anche alla tenuta del governo. E così la vittoria al referendum diventa il cemento dell'alleanza M5S-Pd e la Toscana l'Ohio della competizione elettorale.

Ma anche se Matteo Salvini ripetesse l'errore compiuto in Emilia Romagna, una vittoria del dem Eugenio Giani non compenserebbe la perdita delle Marche e della Puglia o la vittoria in Campania di De Luca se la lista del Pd dovesse arrivare dietro a quella del governatore. Zingaretti ne è consapevole e chiama a raccolta il partito con la direzione convocata per lunedì prossimo nella quale verrà ufficializzato il Sì del Pd al referendum ma anche che un terzo del partito è contrario a sostenere una riforma costituzionale e un referendum che, sostengono - in caso di vittoria del Sì - «serve solo a Luigi Di Maio per tentare una nuova scalata del Movimento».

Il voto di martedì in commissione affari costituzionali di una legge elettorale di stampo proporzionale dovrebbe servire a riannodare «i fili delle riforme», come sostiene il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti, ma il voto in aula non è neppure calendarizzato e le chance che il testo messo a punto ieri possa arrivare alla fine del percorso sono precarie e legate ai dubbi di Iv e alle resistenze di Leu. Nel frattempo, mentre Berlusconi annuncia «libertà di coscienza» smarcandosi dagli alleati, il 12 settembre il No si ritroverà in piazza Santi Apostoli.

Ad annunciarlo Jacopo Ricci, esponente dei Giovani democratici per il No, Gianni Cuperlo, Emma Bonino, Riccardo Magi, Gregorio De Falco e Jasmine Cristallo delle Sardine. Un parterre di sinistra trasversale destinato a saldarsi con quello che a destra guidano gli azzurri Andrea Cangini e Simone Baldelli i quali sostengono che «il No è al 40%» e che sarebbe possibile affossare la riforma. L'obiettivo comune è archiviare la stagione populista sferrando un colpo alla Lega salviniana come al M5S che per lo stesso giorno organizzerà banchetti e gazebo. Una sconfitta del referendum avrebbe però conseguenze devastanti per il M5S, ma anche per Zingaretti che si è intestato la battaglia.

E' però vero che, a differenza del Pd, il M5S non ha un capo politico al quale attribuire la probabile sconfitta alle regionali dei candidati grillini o il calo dei consensi. Le resistenze di Di Maio a trasformare l'alleanza con i dem in una sorta di nuovo Ulivo si spiega con la consapevolezza che il M5S non ripeterà mai più l'exploit del 2018, ma è destinato a trasformarsi in una sorta di partito-cerniera grazie anche ad una legge elettorale proporzionale che dovrebbe consentirgli di presentarsi ogni volta con le mani libere di fronte all'elettore e poi decidere.
«Chi vuole andare a votare lo dica», ha scritto ieri Zingaretti. Conte sa però che le elezioni non sono possibili, ma cambi nella squadra di governo e persino a palazzo Chigi sono possibili e il blitz di ieri alla Camera sui Servizi è un campanello d'allarme anche per il premier.
 

Ultimo aggiornamento: 12:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA