Governo, Grillo si riprende M5S: ma c'è il no di 50 senatori. Cresce il rischio scissione

Sabato 6 Febbraio 2021 di Emilio Pucci
Governo, Grillo si riprende M5S: ma c'è il no di 50 senatori. Cresce il rischio scissione

In campo sia Beppe Grillo che Giuseppe Conte per provare a parare il rischio di una scissione mai così tangibile. Ieri sera il primo è arrivato a Roma, questa mattina entrambi saranno alla Camera per cercare di frenare il dissenso, ad un vertice affinché M5S si presenti dal premier incaricato Mario Draghi con la fotografia dei gruppi parlamentari uniti. Mentre non trovano conferma le voci secondo cui Conte avrebbe preso anche la tessera M5S.
In realtà uniti non sono, soprattutto a palazzo Madama.

Tanto che nel migliore degli auspici i dissensi all'ex numero uno della Bce potrebbero essere una quindicina e a Montecitorio una decina. Il duo Grillo-Conte, con l'apporto di Casaleggio negli inusuali panni del mediatore (ma il presidente dell'associazione Rousseau spinge affinché ci sia un voto degli iscritti sulla piattaforma per sancire o meno l'apporto del Movimento all'esecutivo istituzionale) si sta spendendo per evitare il liberi tutti. Grillo ha avuto una lunga telefonata con Draghi, gli ha garantito l'appoggio M5S, avrebbe chiesto, secondo boatos'di Montecitorio, un ruolo nel governo per il giurista pugliese. Ma l'impresa di convincere la fronda è ardua.

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Ci sono perlomeno 50 senatori pronti a sbarrare la strada alla nascita dell'esecutivo. Con strategie diverse. I più oltranzisti sono per il no, ma si tratta di una decina di ortodossi, la maggior parte fanno riferimento a Di Battista, soprattutto ora che Conte ha fatto l'endorsement per l'ex banchiere. «Ogni ora che passa, per quanto mi riguarda, si aggiungono ragioni su ragioni per dire no a Draghi», taglia corto Dibba, E la formula «governo politico» evocata da Conte e Di Maio «non ha alcun senso in questo scenario». Con lui la senatrice Lezzi: «Non posso credere scrive l'ex ministra - che ci sia tra noi la convinzione che sedere allo stesso tavolo dell'operazione Verdini da Rebibbia possa rappresentare il bene per il Paese ancor più in questo drammatico momento».


LE OPZIONI
L'ala meno «barricadera» è, invece, per l'astensione. Per far partire comunque il governo, senza metterci la propria firma. Giudicando poi di volta in volta i provvedimenti. «Per il via libera del Senato al governo Draghi dice un big M5S occorrerebbero quasi 40 voti dei nostri. E i numeri per ora non ci sono». C'è aria di tempesta, possibilità concreta che iM5S si spacchi. Per un motivo che un senatore riassume così: «Ci hanno fatto fare un governo con la Lega, poi uno con il Pd. Ora ci chiedono un esecutivo con Lega, Pd e pure Forza Italia. Quando è troppo è troppo».
Una posizione che in tanti condividono a palazzo Madama, meno alla Camera. «Voglio sapere come fanno quelli del Pd ad andare dall'Anpi a dire che governano con la Lega», lo sfogo di un deputato. Reazione di pancia? Non più, considerato che i vertici M5S sono percepiti come dei corpi estranei. Lo stesso Grillo non si affaccia al Senato da più di un anno, «da quando osserva un altro senatore ci fece digerire l'accordo con il Pd e con Renzi».


ULTIMO TENTATIVO
Il vertice di questa mattina è l'ultimo tentativo per non rompere. Perché la strada del voto su Rousseau è considerata impervia e anche la via stretta della libertà di coscienza porterebbe comunque a delle conseguenze, aprendo un precedente. In questo caos Grillo cerca di riportare ordine. Di fatto ha commissariato il capo politico Crimi, preso di mira dai media ma anche da diversi parlamentari per come ha gestito la partita. Del resto all'incontro con Draghi non ci saranno solo Crimi e i capigruppo di Camera e Senato, Crippa e Licheri, ma anche Grillo, il vicecapogruppo a Montecitorio Ricciardi, uomo vicino a Fico, e Taverna. Ma il dato più importante è che questa mattina scenderà in campo il premier uscente, per la prima volta nei panni pentastellati. E' una mossa, quella di Conte, che arriva dopo il predellino davanti a palazzo Chigi. Ed è una mossa gradita ai contiani che da lui aspettavano un segnale e in qualche modo si sentivano traditi. «Non ci aspettavamo che dicesse sì a Draghi», spiega un dirigente, mentre in M5S prevale una certa freddezza sull'ipotesi che possa essere lui il leader: «Potrà essere uno dei cinque al comando», taglia corto un altro big.

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Ultimo aggiornamento: 15:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA