Governo, battaglia sui transfughi. Il premier prova a spaccare Iv. Renzi: «Se fallisce, salta lui»

Sabato 15 Febbraio 2020 di Alberto Gentili
Governo, battaglia sui transfughi. Il premier prova a spaccare Iv. Renzi: «Se fallisce, salta lui»

«Renzi è come Salvini, con lui non si può governare e con lui non si può andare avanti», ha confidato anche ieri Giuseppe Conte a Nicola Zingaretti e a Dario Franceschini, trovando porte spalancate. «Conte non va bene, è fiacco e non è in grado di portare il Paese oltre le secche. Serve un altro premier», ha ripetuto ai suoi Matteo Renzi.
Insomma, tra i due è guerra aperta nonostante una giornata di fragile tregua che ha visto Italia Viva tornare ai tavoli programmatici su fisco e famiglia per la fantomatica “Fase due”. Come convengono entrambi, «siamo al punto di non ritorno». O vince Conte, facendo fuori Renzi. Oppure vince Renzi sfrattando Conte da palazzo Chigi. Un vero e proprio duello all’ultimo sangue. Altre strade, per la barcollante maggioranza rosso-gialla, non ce ne sono. Almeno per ora.

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Giovedì notte il premier, sostenuto dal Pd, M5S e Leu, ha cercato di spingere Renzi con le spalle al muro, sperando di innescare una reazione furiosa che portasse «a un chiarimento definitivo». L’ha fatto, a dispetto delle minacce di Renzi, varando il nuovo lodo sulla prescrizione e inserendolo addirittura nella riforma del processo penale. «Uno vero e proprio schiaffone, un aperto atto di sfida. Ma Renzi ha fatto finta di nulla perché teme le elezioni e ha detto che di prescrizione non parlerà più», allarga le braccia un esponente grillino vicino al presidente del Consiglio.

Però il premier non si arrende. Punta a ottenere quanto prima una nuova investitura, con una fiducia in Senato, nonostante escluda di voler varare il “Conte-ter”. Di più. A dispetto di una prima lettura, il presidente del Consiglio non ha intenzione di cacciare tutta Italia Viva, ma solo Renzi e i suoi fedelissimi. Emblematico l’appello lanciato l’altra notte: «Con i parlamentari di Italia Viva c’è massima disponibilità al confronto». E altrettanto significativo è il tam tam, sempre più insistente, di “responsabili” pronti a soccorrere la maggioranza rosso-gialla in Senato.

I numeri non sono proibitivi: senza i renziani la maggioranza è a quota 158, tre in meno del necessario. A sentire l’ex forzista Paolo Romani, sarebbero però già 11-13 i senatori che fremono per salire sulla barca di Conte. E come dice la sottosegretaria dem, Alessia Morani, a lungo pasdaran renziana, «tra i colleghi di Italia Viva c’è disagio». Pista confermata da un capogruppo di palazzo Madama: «Sui 17 senatori renziani, pochi seguirebbero Matteo se andasse alla rottura. Avevano lasciato il Pd pensando di entrare in un partito in crescita, invece si ritrovano con un misero 3%. E visto che dai dem non possono tornare, farebbero di tutto pur di evitare le elezioni...».

Eppure, Renzi si dice «tranquillo»: «Se mi cacciano mi fanno un favore, andranno a sbattere da soli con l’economia ferma e un governo che non sa governare», ha confidato. Per poi aggiungere: «Conte crede di avere i numeri, grazie all’arrivo in Senato di qualche forzista, per fare un nuovo governo senza Italia Viva. In amicizia sono pronto ad aiutarlo, anche prestandogli qualcuno dei miei, per fare il “Conte-ter” come dice Casalino». Poi, facendosi serio e descrivendo una vera e propria lotta per la sopravvivenza: «Se il premier vincerà questa partita, si farà il Conte-ter, altrimenti nascerà un governo con Padoan, Gualtieri o qualcun altro».

GUERRA DI LOGORAMENTO
La guerra, è confermato, è tutt’altro che finita. «Se pensano avermi messo nell’angolo, si sbagliano di grosso», spiega Renzi, «ho la pistola sul tavolo che è la sfiducia a Bonafede e la tengo carica. Può scriverlo: il Guardasigilli non mangerà la colomba, al 12 aprile è domenica di Pasqua e Bonafede non ci arriverà se non rinuncerà al lodo Conte sulla prescrizione. Sono pronto a votare la fiducia su tutto, a cominciare dal Milleproroghe, ma se tra tre mesi mi ritroverò ancora il lodo nel testo del processo penale dirò “no” anche se porranno la questione di fiducia».

Insomma, la resa dei conti è solo rinviata. Tutto il cammino del nuovo processo penale e del lodo Conte-bis verrà scandita dalle incursioni di Renzi. Da qui la voglia, ribadita ieri, di Conte di «fare chiarezza»: la guerra di logoramento immaginata dall’ex premier spaventa il presidente del Consiglio. E pure il Pd. Tanto più che il possibile approdo del voto anticipato - Zingaretti è di nuovo tentato nonostante le resistenze di Franceschini e dell’ala governista dem - è lontano: difficilmente si potrebbe votare prima di settembre, a causa del referendum sul taglio dei parlamentari e il successivo ridisegno dei collegi elettorali.
 

 
 

 

Ultimo aggiornamento: 15:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA