Alta tensione premier-Renzi. Ora però il Pd vuole trattare: «Rivediamo la prescrizione»

Martedì 18 Febbraio 2020 di Marco Conti
Giuseppe Conte

«La crisi? Dipende da Conte». A sostenerlo esplicitamente è la renzianissima ministra Teresa Bellanova, ma a pensarlo sono un po' tutti. Dentro e fuori la maggioranza. Anche perché la strategia dell'acquisto di una pattuglia di responsabili segna il passo.

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Resta in piedi, ma è zeppa di incognite e potrebbe rivelarsi un boomerang. Un'operazione in grado di scavallare qualche voto di fiducia, ma non in grado di offrire al Paese un governo pienamente operativo e capace di arrivare in fondo alla legislatura.

Se a mancare è la politica, e non solo i numeri, la faccenda rischia di farsi più complicata. Il governo e la sua maggioranza faticano ad offrire una visione strategica e a scrollarsi di dosso la logica del contratto. Renzi, che pur è stato il primo sponsor dell'attuale governo, ne è consapevole e picchia duro contro il premier e il suo ex partito, sperando di lucrare percentuali che però non schiodano. La replica è un gelido silenzio, stemperato dalle riunioni di ben tre tavoli di programma che a palazzo Chigi hanno riportato Iv al confronto con il resto della maggioranza.



La difficoltà di Conte a prendere le distanze dall'operato del precedente governo è evidente ed è emersa anche ieri al tavolo sicurezza. Quella discontinuità, di fatto promessa dal premier ad agosto in cambio della permanenza a palazzo Chigi, non viene fuori e comincia a preoccupare anche il Pd che infatti ieri, per bocca del sottosegretario Roberto Morassut, ha annunciato modifiche anche all'intesa raggiunta sulla riforma della prescrizione dalla quale si sono tirati fuori da subito i renziani.

Contro l'idea di modificare l'accordo, portando il blocco della prescrizione solo dopo una doppia condanna, il M5S si è subito mobilitato. Ma per i dem sarebbe il male minore perché spingerebbe Iv a non votare il disegno di legge presentato dall'azzurro Enrico Costa e ad accettare una mediazione sulla quale Maria Elena Boschi si era già espressa favorevolmente nel vertice di dieci giorni fa.

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Quanto possa reggere un governo che alla fine si rimette all'Aula e non riesce ad imporre una propria linea, è difficile dirlo. Lo stallo seguito all'approvazione della legge di bilancio è un po' la conferma della fatica che la maggioranza incontra a trovare sintesi e delle difficoltà che ha Conte nell'esercitare sino in fondo il suo ruolo. L'ufficiale archiviazione di ogni ipotesi di Conte-ter rendono l'inquilino di palazzo Chigi ancor più cauto di quanto già non fosse. Anche perché se con il passare del tempo la legislatura è sempre meno a rischio, altrettanto non può dirsi del governo.

Convinto che «l'attuale governo non cadrà» perché prima o poi verranno prese in considerazioni le richieste di Iv, Renzi impone la logica dei numeri anche sulle nomine del Garante per la privacy e dell'Agcom. In settimana si dovevano conoscere i nuovi commissari, ma l'accordo M5S-Pd - con il voto incrociato sui rispettivi candidati - non sembra reggere alla prova dei numeri in Parlamento. Si tratta solo di un antipasto rispetto all'infornata di primavera dove ci sono da rinnovare più di 400 poltrone, ma dopo la scissione in casa Pd il criterio del metà per uno concordato con i grillini non regge più e l'intesa si allontana. Iv punta i piedi e nel M5S i diversi appetiti spingono allo stallo. Tutto bloccato, quindi, anche su un argomento dove solitamente i partiti faticano poco.

 

Ultimo aggiornamento: 09:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA